Ecco perché il caos degli strumenti digitali indebolisce la Giustizia
Il diritto deve essere capace di regolare in modo unitario il nuovo volto digitale della società e gli strumenti giuridici che la caratterizzano, in modo omogeneo, senza frammentarsi e perdersi in norme distanti foriere di principi e regole diverse e quindi di difficile interpretazione, oltre che possibile causa di contenziosi
26 Aprile 2016
Fernanda Faini, presidente Circolo dei Giuristi Telematici
Ubi societas, ibi ius, dicevano i latini: dove c’è una società, là c’è il diritto; ogni società non può che fondarsi sulla regolamentazione offerta dall’ordinamento giuridico. Oggi il brocardo latino può essere attualizzato così: laddove va la società, là deve andare il diritto. Ed ecco che nella società contemporanea, la società dell’informazione e della conoscenza caratterizzata dal ruolo centrale svolto dalle tecnologie, il diritto si trova a regolare l’innovazione. Si trova a dover regolamentare tecnologie semplici, immediate, pervasive, si trova a regolare il nuovo, l’inedito, la complessità.
Nella società contemporanea, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, infatti, incidono profondamente sulla vita degli individui, portati ad avvalersi con sempre maggiore frequenza dei nuovi strumenti digitali, che permettono di superare gli ostacoli costituiti dalle barriere del tempo e dello spazio, dal momento che rendono i rapporti semplici, prescindendo dalle distanze geografiche e garantendo immediatezza alle comunicazioni. Questi vantaggi, uniti all’economicità e all’efficacia degli strumenti digitali e potenziati dalla possibilità di accesso tramite diversi device, anche mobili, hanno portato alla “digitalizzazione” di attività giuridiche private e pubbliche, le cui rappresentazioni informatiche producono effetti nell’ordinamento giuridico. Ma, accanto agli elementi di forza dell’era digitale, si configurano anche nuove problematiche giuridiche e inedite esigenze di sicurezza relative ai sistemi informatici, ai documenti, ai dati e ai soggetti, che devono trovare adeguata protezione.
Ubi societas, ibi ius. I tempi sono maturi perché il diritto evolva davvero dove sta correndo la società, che ha bisogno di una regolazione organica e unitaria, semplice e idonea a svolgere la sua funzione. Il diritto deve porsi come vero regolatore delle tecnologie , garante di certezza e non di oscurità. Perché laddove il diritto perda questa capacità, resta privo della sua vis regolatrice e della sua capacità di incidere nella società di riferimento: in tal modo il diritto arretra rispetto al suo ruolo e lascia che sia “il possibile tecnologicamente” o la prassi agita a dettare le regole. Pertanto, se le tecnologie incidono sul diritto, il diritto deve essere in grado di incidere regolando le tecnologie: diritto e tecnologie devono essere capaci di mutare entrambi in modo biunivoco in conseguenza dell’evoluzione derivata dallo sviluppo odierno.
Il diritto, pertanto, deve essere capace di regolare in modo unitario il nuovo volto digitale della società e gli strumenti giuridici che la caratterizzano, in modo omogeneo, senza frammentarsi e perdersi in norme distanti foriere di principi e regole diverse e quindi di difficile interpretazione, oltre che possibile causa di contenziosi. E in questa operazione il diritto deve essere capace sempre più di internazionalizzarsi e globalizzarsi, perché le attività giuridiche grazie agli strumenti digitali facilmente escono e rientrano nei confini geografici, con flessibilità e velocità, per abbracciare ordinamenti giuridici diversi e distanti. Basta pensare alle esigenze di protezione dei dati personali, che esigono quell’omogeneità che ha indotto opportunamente alla recente approvazione di un regolamento europeo in materia di privacy, ossia una fonte normativa, che, a differenza delle direttive, si applica direttamente negli Stati membri senza bisogno di atti di recepimento o di attuazione da parte degli stessi. E’ il caso anche del regolamento europeo eIDAS (n. 910/2014) in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno.
Il diritto deve garantire omogeneità e può farlo se assicura la parità di trattamento fra gli strumenti a seconda dell’ambito di regolazione: ad esempio firme elettroniche, documenti informatici e sistemi di comunicazione telematica devono essere regolati in modo uniforme nell’ordinamento giuridico di riferimento, dal momento che nascono per recuperare gli elementi del “chi”, del “cosa” e del “quando” necessari a conferire validità giuridica e certezza del diritto. Allo stesso modo il processo telematico dovrebbe avere una regolamentazione quanto più possibile omogenea e non trovare regole diverse a seconda del ramo civile, penale, tributario e amministrativo, laddove oggetto di disciplina siano i medesimi strumenti giuridici. Gli strumenti devono, infatti, trovare una regolazione univoca: questo spezza gli steccati fra ambiti distinti del diritto, anche fra ramo pubblico e privato. Non è un caso, infatti, che le disposizioni in materia di documenti, firme e comunicazioni telematiche siano contenute in un atto normativo, il Codice dell’amministrazione digitale, il d.lgs. 82/2005, che si applica per quegli aspetti non solo all’ambito pubblico latamente inteso, ma anche ai privati. Questo è quanto mai opportuno, poiché il vulnus creato dalla diversità di norme produce i suoi effetti su tutto il sistema indebolendolo , favorendo la nascita di norme ad hoc in contesti specifici e in discipline speciali, anche in nome di ragioni di prassi e provocando difficoltà nel suo rispetto.
I tempi sono maturi per auspicare riforme nel senso dell’organicità, sistematicità e unitarietà del diritto, che consentano agevoli interpretazioni e pacifiche applicazioni. Questo è lo spirito che sta guidando la riforma del Codice dell’Amministrazione Digitale (d.lgs. 82/2005), attualmente in atto a seguito della delega contenuta nell’art. 1 della legge 124/2015 (cosiddetta Riforma Madia), tesa a dare forza e cogenza alle disposizioni. Una riforma che per raggiungere i suoi obiettivi dovrà riportare uniformità non solo nel Codice e nella sua regolazione, ma ambire a stabilire una correlazione stretta e una profonda omogeneità fra le norme che trattano la digitalizzazione per mezzo di principi e regole tecniche attuative comuni in tutti gli ambiti della gestione documentale, senza pericolose eccezioni, idonee a generare difficoltà interpretative e applicative. Si pone, altresì, la necessità di prevedere i principi della disciplina nelle norme primarie e affidare alle regole tecniche gli strumenti idonei a conferire sostanza a quei principi e a quelle regole: norme e regole tecniche si correlano strettamente, in quanto le norme forniscono i criteri per l’innovazione, mentre le regole tecniche la disciplinano e la realizzano, avendo quella maggiore flessibilità che consente anche gli adeguamenti all’evoluzione tecnologica.
Ubi societas, ibi ius. Il diritto deve essere capace di regolare la società con coerenza giuridica, logica e sistematica. E’ complesso e affascinante il rapporto che lega innovazione e diritto: è il diritto che regola il futuro mentre va a formarsi. In gioco è la stessa tenuta della certezza del diritto, in gioco è la capacità del diritto di regolare con efficacia la società di riferimento, senza oscure frammentazioni.