Eccoci nel Far Web dell’Albo on-line: andando in ordine sparso e senza regole gli effetti giuridici sono garantiti?

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo una "risposta" di Andrea Lisi e Gianni Penzo Doria all’editoriale di Carlo Mochi Sismondi della scorsa settimana: "Il coraggio dello switch-off". Il tema è quello dell’Albo on line, portato all’attenzione della cronaca qualche giorno fa dal Ministro Brunetta. Per Lisi e Penzo Doria è il Ministero della PA ad essere inadempiente rispetto agli obblighi della legge 69/2009.

8 Febbraio 2011

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Andrea Lisi e Gianni Penzo Doria*

Articolo FPA

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una "risposta" di Andrea Lisi e Gianni Penzo Doria all’editoriale di Carlo Mochi Sismondi della scorsa settimana: "Il coraggio dello switch-off". Il tema è quello dell’Albo on line, portato all’attenzione della cronaca qualche giorno fa dal Ministro Brunetta. Per Lisi e Penzo Doria è il Ministero della PA ad essere inadempiente rispetto agli obblighi della legge 69/2009.

Dal 1° gennaio 2011 la pubblicità legale produce effetti giuridicamente rilevanti solo se realizzata attraverso i siti informatici delle amministrazioni pubbliche. Lo impone, com’è noto, la legge 18 giugno 2009, n. 69, art. 32 e art. 67.
Si tratta di una misura dell’amministrazione digitale di rilevanza giuridica e dalle implicazioni organizzative non sottovalutabili. Di recente, dalla Funzione pubblica hanno fatto sapere che, riguardo al solo albo pretorio, il 67% dei comuni italiani è in regola. Nulla è stato riferito sulle altre amministrazioni pubbliche che, eccettuate le province, non hanno un albo “pretorio”, ma un albo ufficiale, come la galassia degli enti statali (ministero compre-so), le aziende sanitarie, gli enti camerali, le università e così via.

Su SaperiPA trovi il testo del CAD – Codice dell’Amministrazione Digitale già coordinato con le modifiche  pubblicate a gennaio.

Resta un dubbio: su che cosa si basa l’affermazione che i comuni sarebbero in regola? Più volte abbiamo segnalato il fatto che saremmo probabilmente arrivati alla scadenza in assenza di regole tecniche, come puntualmente è accaduto. Quindi, come si può “essere in regola” se le regole non ci sono? Infatti, il CAD (art. 40, comma 4) e la stessa legge 69/2009 (art. 32, comma 2), anche se in analogia, prevedono espressamente un DPCM.
Chi, semmai, non è in regola è il Ministero, per almeno due motivi.

In primo luogo, il Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione non ha l’albo on-line nel proprio sito informatico. In secondo luogo, il CNIPA (ora DigitPA) avrebbe dovuto realizzare un «portale di accesso ai siti delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati», proprio in adempimento all’art. 32 della legge 69/2009. Di quel portale, che potremmo definire “il portale dei portali”, però, non c’è alcuna traccia. La riforma, quindi, non può entrare in vigore a macchia di leopardo, soprattutto quando le macchie scure sono rappresentate da chi, invece, dovrebbe essere di esempio. E soprattutto, la rivoluzione digitale va interamente ripensata dalle fondamenta. Pensare di replicare in ambiente digitale quello che accade nel mondo cartaceo è un errore dozzinale.

La cosa non è di poco conto in uno stato di diritto, nel quale per una pubblicazione on-line deve essere rispettato il valore probatorio del documento informatico, la trasparenza e, soprattutto, la normativa in materia di protezione dei dati personali. Nell’esaminare alcune soluzioni informatiche presenti in rete, ben presto ci si accorge che viene vanificata l’essenza stessa della riforma. Non è nemmeno rispettata la recente riforma del Codice dell’amministrazione digitale, come introdotta dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, con particolare riguardo alle copie informatiche e al loro valore probatorio, nonché ai formati dei file che dovrebbero ora essere oggetto di un intervento urgente previsto dall’art. 68 e dall’art. 71 del CAD.

L’introduzione del digitale è, dunque, sicuramente imprescindibile, ma va governata da strategie e da soluzioni applicative adeguate a non banalizzare la pubblicità legale on-line. Chi ha previsto di rendere disponibile sul sito informatico un semplice .pdf, in spregio alle più elementari regole di rispetto della privacy, della referta di pubblicazione, del controllo sull’inalterabilità della registrazione, sicuramente non si è preoccupato di conservare nel tempo anche le prove dell’autenticità del file pubblicato. Chi assicura ai cittadini che il file pubblicato corrisponde al documento conservato, che non venga sostituito o modificato, anche in minima parte, assieme alle relative evidenze tanto amministrative quanto informatiche?

Il primo passo è dunque approvare velocemente un DPCM contenente le regole tecniche. Anorc ne ha proposto uno. Non dovesse andare bene, lo si cambi senza problemi. In assenza di regole tecniche, continueremo ad avere una babele di comportamenti, non tutti legittimi. Su questo il Ministero deve intervenire in maniera tempestiva e autorevole, perché in assenza di previsioni normative ognuno realizza la propria autoreferenzialità, cosa di cui l’amministrazione digitale italiana non ha alcun bisogno.
E soprattutto, in assenza di regole, possiamo riferire tranquillamente che ogni comportamento diventa legittimo e garantisce un effetto giuridicamente rilevante?

Sono domande delicatissime se si riflette sugli effetti che la disciplina sulla pubblicità legale mira ad ottenere per i documenti sottoposti alle sue regole: “pubblicità-notizia”, ma anche “dichiarativa” e soprattutto “costitutiva”. Può un sistema senza regole, che può dimostrare solo la sua esistenza in un’area dedicata di un sito web di una pubblica amministrazione, che si dichiara astrattamente adempiente, garantire gli effetti della pubblicità legale? E può resistere ad un giudizio di impugnazione avanti ad un giudice amministrativo in caso di probabile contestazione? Un bravo avvocato amministrativista avrebbe gioco facile e brinderebbe nel far web dell’albo “fai da te”!

L’innovazione digitale ci deve essere e nessuno può dichiararsi contrario ad essa, ma per funzionare ha estremo bisogno di regole precise in uno Stato di diritto. E se le regole sono generiche o addirittura non ci sono, allora si deve, in una situazione di emergenza (che si poteva evitare con una proroga), tentare di applicare rigidamente quelle che oggi comunque esistono: i principi generali e le altre regole tecniche in vigore adattandole alle nuove esigenze. Ma non si può certo fare finta che i principi generali non ci siano e che le regole tecniche non esistano e fare come meglio si crede, con un po’ di sano ottimismo e con la fede cieca verso una soluzione informatica, perché è graficamente molto bella e gira così bene!

E allora per concludere ci chiediamo: se ci sono oggi regole sulle copie informatiche di documento analogico e di documento informatico nel CAD appena modificato, se ci sono regole precise per la conservazione dei documenti (informatici) da affidare a figure responsabili e necessarie, se ci sono precise regole per la protezione dei dati personali contenuti in questi documenti, se i documenti informatici vanno inseriti in un corretto sistema di gestione elettronica, in assenza assoluta di norme disponibili sull’albo on-line che comunque è obbligatorio… Ci servono delle slide esplicative sul sito di un Ministero che ci rassicurino che va tutto bene oppure ci vogliono comportamenti rigorosi e interpretativi di regole che già ci sono in attesa di un necessario DPCM che ci aiuti a ad avere conferme puntuali su ciò che cer-chiamo faticosamente di sviluppare in linea con il diritto, a garanzia di tutti?


* Andrea Lisi è Coordinatore Digital&Law Department (www.studiolegalelisi.it) e Presidente Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Conservazione digitale dei documenti (www.anorc.it).
Gianni Penzo Doria, Università degli Studi di Padova – Archivio Generale di Ateneo (www.unipd.it/archivio).

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