Ecommerce, ecco come funziona l’Alternative Dispute Resolution
Attiva da febbraio 2016, la piattaforma europea per la risoluzione on line delle controversie di consumo è lo strumento a supporto del consumatore qualora l’acquisto effettuato online non risponda alle aspettative. L’intento è anche quello di spingere i players del commercio elettronico ad assumere comportamenti concreti e fattivi. Vediamola nel dettaglio
1 Settembre 2016
Roberta Regazzoni, RisolviOnline.com Camera Arbitrale di Milano, azienda speciale della Camera di commercio di Milano
La UE aggiunge un ulteriore tassello alla strategia per la creazione della fiducia nell’e-commerce e nei servizi online: la piattaforma per la risoluzione online delle controversie di consumo[1] attivata il 15 febbraio 2016. E’ l’ultima azione della UE volta a fare chiarezza sui “rimedi” che il consumatore ha a disposizione qualora l’acquisto effettuato online di beni/servizi non risponda alle proprie aspettative e a spingere i players del commercio elettronico ad assumere comportamenti concreti e fattivi.
Negli ultimi anni molto ha fatto la Commissione nel tentativo di armonizzare le normative e fornire linee guida omogenee al settore. Uno sforzo immane – almeno per quanto riguarda lo specifico campo di competenza di chi scrive, cioè le cd. Alternative Dispute Resolution – non sempre adeguatamente recepito e valorizzato a livello nazionale.
Quali possibilità abbiamo di fare valere le nostre pretese presso un rivenditore che ha sede in un altro stato dell’unione (in un contesto giuridico diverso, quindi)?
Diamo per scontato che si tratti di un “trader” in regola con la normativa che prevede determinati obblighi di informativa e correttezza commerciale. In prima battuta cerchiamo di risolvere direttamente la questione contattando il servizio clienti del sito web.
Se poi ciò non dovesse sortire l’effetto auspicato, il primo passo per il consumatore consapevole è quello di informarsi ulteriormente presso una delle tante associazioni di tutela del consumatore oppure presso un “Centro Europeo Consumatori” (CEC o ECC – European Consumer Centre -) presente nel proprio paese. In Italia sono due, ed hanno sede a Bolzano e a Roma. I CEC, organizzati in una rete che copre tutti i paesi membri, offrono ormai da anni molteplici servizi ai consumatori in un ambito di competenza esclusivamente transfrontaliero.
Se neppure l’intervento del CEC – che contatta il trader presentando il reclamo e informandolo circa la normativa in vigore – risolve la questione, si aprono varie strade:
- invio del reclamo tramite piattaforma ODR e conseguente procedura ADR/ODR (cioè procedura di risoluzione delle controversie gestita tradizionalmente, offline, oppure gestita integralmente utilizzando le nuove tecnologie)
- Procedimento per le controversie di modesta entità
- Procedimento giudiziario
- Ingiunzione di pagamento europea
I singoli strumenti sono chiaramente esplicitati sul sito web della piattaforma, che costituisce inoltre un logo di raccolta dei vari interventi informativi sparsi nei vari siti della UE e alla quale rimando.
In questo contributo ci concentreremo sull’invio del reclamo tramite la piattaforma EU e in particolare sul trattamento della controversia con l’Online Dispute Resolution (ODR), che non è affatto una novità ma di cui oggi si parla sempre di più e in ambiti sempre più ampi. La storia dell’online dispute resolution (ODR) in Italia inizia alla fine del 2001. In quel periodo l’entusiasmo per il mondo internet, la c.d. “new economy” era all’apice, non c’era contesto più o meno accademico e/o istituzionale dal quale il dibattito sulle infinite possibilità offerte dalla rete fosse escluso.
La Camera di commercio di Milano in particolare – ovviamente coinvolta nel cambiamento – inevitabilmente portò all’interno dei propri tavoli di lavoro, laboratori e seminari, la declinazione dell’argomento principe: le nuove tecnologie ed internet come supporto all’impresa.
Uno dei risultati raggiunti nei tavoli di lavoro istituiti presso la Camera di commercio di Milano fu la pubblicazione di una ricerca, prodotta dall’allora settore regolazione del mercato, sulle clausole abusive nei contratti online. Le condizioni di vendita di centinaia di siti web vennero vagliate al fine di accertarne la legittimità e correttezza nei confronti dell’utente finale.
La ricerca era chiaramente volta a seguire da vicino un cambiamento epocale nel modo di fare commercio e nelle abitudini di acquisto del consumatore, cambiamento veloce e inevitabilmente caotico. La Camera di Milano si pose tempestivamente la questione della legalità e della protezione del consumatore e in mancanza di normative aggiornate e chiare puntò sulla “soft law”, ossia sui codici di condotta, cui le aziende che iniziavano a proporre i propri prodotti online, nella vetrina globale del web, decidevano volontariamente di fare riferimento per promuovere se stesse e un modo di fare commercio corretto e trasparente. Parallelamente tramite la sua azienda speciale Camera Arbitrale, forniva al mercato uno strumento snello per risolvere le controversie nate in Rete: RisolviOnline.com.
RisolviOnline.com era ed è una piattaforma web attraverso cui è possibile inoltrare e gestire una controversia commerciale utilizzando esclusivamente le nuove tecnologie e con pochissimi passaggi “offline”. Le parti della controversia e il terzo neutrale incaricato della facilitazione interagivano tramite chat o forum e non era richiesta la presenza fisica di tali soggetti nello stesso luogo. Rari gli esempi simili in Europa ( Le Médiateur du net in Francia e Internet Ombdusman in Austria) mentre negli Stati Uniti, dove venne creato il primo sistema ODR nel 1996 – Virtual Magistrate – vi fu una vera e propria fioritura di sistemi online di risoluzione delle liti extragiudiziali – cioè non statuali, che non coinvolgevano i tribunali.
Dopo un paio di anni in cui l’ODR riscosse interesse e un certo successo, la cosiddetta “bolla” della new economy scoppiò. Il fenomeno assunse via via contorni sempre più chiari e netti, il legislatore si mise al passo con il cambiamento e la situazione si normalizzò.
L’ignoranza
diffusa dei sistemi di risoluzione extragiudiziale delle controversie da un
lato e la mancanza di risorse per un’adeguata promozione dello strumento
dall’altro, resero sempre meno frequente il ricorso a questi servizi
pionieristici. Ma i semi sono stati gettati:
in attuazione della direttiva[2]
su “determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale”, esce
il decreto legislativo 28/2010 che espressamente prevede che la mediazione
possa essere svolta “secondo modalità telematiche” (art. 3 n. 4). Un piccolo riconoscimento,
una minima apertura alla modernità.
Un altro esempio circa la sopravvivenza dei sistemi di risoluzione delle controversie “Internet based”, è costituito poi dall’esperienza dell’Autorità del Gas ed Energia che offre all’utente privato e piccola impresa l’utilizzo di un servizio online per il trattamento delle contestazioni riguardanti le fatture delle forniture . Lo schema ADR utilizzato per la gestione della controversia è quello della mediazione. E’ prevista infatti l’opera del terzo indipendente e neutrale che facilita la comunicazione e gestisce il conflitto tra le parti.
Nel 2013 la Commissione Europea pubblica la direttiva n. 11 sull’ADR per i consumatori e il regolamento 524 del Parlamento Europeo e del Consiglio (“regolamento sull’ODR per i consumatori”).
La lettura combinata della direttiva e del regolamento prevede la creazione di una piattaforma creata e mantenuta sui server della Commissione nelle 23 lingue dell’Unione che ha la funzione di catalizzare reclami da parte di consumatori nei confronti di imprese e professionisti basati in EU per la risoluzione tramite schemi extragiudiziali di controversie “da e-commerce”.
Vengono naturalmente imposti obblighi di informazione ai consumatori per coloro che offrono online beni e servizi, tra i quali c’è quello di menzionare la piattaforma oppure individuare un “fornitore” di dispute resolution, a cui il consumatore insoddisfatto potrà rivolgersi per tentare di risolvere il problema senza adire il tribunale.
Sul sito EU vengono indicati paese per paese i providers di servizi di alternative dispute resolution, alcuni specifici per settore (ad es. la Commission Conciliation Automoto del Belgio, che gestisce controversie relative ad autoveicoli nuovi/usati in lingua francese e olandese), per lingua, per competenza territoriale il cui elenco ad oggi raggiunge le 354 pagine!
La direttiva viene attuata in Italia nel 2015 con decreto legislativo 6 agosto, n. 130 che modifica di conseguenza alcuni articoli del Codice del Consumo riguardanti la risoluzione delle controversie dei consumatori.
A loro volta i providers di servizi ADR devono rispettare alcuni standard individuati nella direttiva (e nei decreti di attuazione) ed essere accreditati dalle authorities nazionali a questo preposte (in Italia, il ministero dello sviluppo economico, il ministero della giustizia, l’autorità per l’energia elettrica, il gas e l’approvvigionamento idrico, la CONSOB, l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la Banca d’Italia e così via a seconda dell’ambito di competenza).
Il consumatore UE potrà quindi inviare il reclamo ed individuare – in accordo con il trader – un centro ADR cui sottoporre la questione nel tentativo di arrivare a una soluzione extragiudiziale. I Centri Europei Consumatori potranno essere contattati dal consumatore per avere assistenza visto che il ricorso a un legale non è obbligatorio (ma naturalmente consentito). Una volta che i due soggetti si saranno accordati sull’ente cui affidare la gestione del caso, la piattaforma invierà i dati del reclamo in automatico all’ente prescelto che dovrà definire la controversia entro 90 giorni.
Gli schemi di risoluzione proposti nella lista dei providers spaziano da approcci di tipo aggiudicativo (es. arbitrato, ombudsman), in cui il terzo indipendente e neutrale rende una decisione, fino ai classici modelli facilitativi come la mediazione dove la soluzione viene creata cooperativamente dalle parti assistite dal terzo neutrale.
In ogni caso, il ricorso agli ADR, costituisce un primo passo per il “trattamento” di controversie che ben possono essere risolte in fase precontenziosa in autonomia dai soggetti direttamente coinvolti e a costi molto contenuti senza andare a intasare inutilmente i sistemi giudiziari nazionali.
Auspicabilmente quindi, la piattaforma EU sarà in grado di catalizzare le controversie di consumo a beneficio dei sistemi giudiziari nazionali oltre che a beneficio del consumatore, sempre che provochi un cambiamento nell’approccio alla gestione delle controversie da parte dei trader aumentando il loro livello di consapevolezza e conoscenza degli strumenti proposti.
[1] Direttiva UE 11/2013 (attuata a livello nazionale con Decreto legislativo 150/2015) e Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio 524/2013
[2] Direttiva 2008/52/CE