Gianni Dominici intervista Emanuele Baldacci, Direttore della divisione Servizi digitali della Commissione Europea, che mostra le due facce del digitale durante l’emergenza pandemica: quella buona, segnata dalle tecnologie che hanno aiutato nella business continuity; quella cattiva che ha mostrato molte carenze in termini di accessibilità ad alcune procedure pubbliche, ribadendo la necessità di accelerare sull’interoperabilità dei servizi
26 Ottobre 2020
Redazione FPA
L’emergenza Coronavirus ha dato grande risalto al digitale, inteso come l’unico mezzo in grado di poter dare continuità alle attività costrette a fermarsi a causa dell’aumento dei contagi. Se molti, infatti, sono stati i lati positivi, ancora tanto c’è da fare per effettuare una trasformazione digitale che non solo sia efficiente ma che investa anche nella sicurezza digitale.
In questa puntata Gianni Dominici intervista Emanuele Baldacci, attuale direttore della Digital Service Unit presso la DG Digit della Commissione Europea, dove si provano ad elaborare i quadri normativi più adatti e le piattaforme digitali di interoperabilità tra Stati, come lo EU Interoperability Gateway pensato per gestire al meglio i dati utili a combattere il contagio pandemico.
L’intervista
Da ex direttore dell’ISTAT, Baldacci si sofferma sulla risposta italiana sul tema digitale, sottolineando la necessità di “considerare gli investimenti in dati e in data governance come i pilastri architetturali della trasformazione digitale” in quanto non si tratta di un processo rapido, bensì di un percorso che necessita innanzitutto un allineamento tra le varie parti in causa (Stati e Stati, Stati e regioni, regioni e regioni, ma anche i privati) nell’armonizzare dati che possano essere comparati mantenendo sempre il rispetto del diritto alla privacy, secondo le regole comuni dettateci dall’Unione europea in termini di accesso, utilizzo e distribuzione dei dati in questione. Proprio qui emerge il grande tema dell’interoperabilità, tema molto caro al nostro ospite, e senza la quale si rischia il caos digitale: lo abbiamo visto con le app di tracciamento, che necessitano che i server si parlino tra di loro per fornire un servizio efficiente.
Esiste poi in Italia un problema di natura culturale quando si parla di servizi digitali. Il DESI (Digital Economy and Society Index) piazza l’Italia nella media europea in termini di offerta di servizi digitali ma ci vede tra gli ultimi quando si parla di effettivo utilizzo di tali servizi. Sempre secondo Baldacci non si tratta però solo di un problema culturale ma anche di una mancata rimodulazione dei servizi sulle esigenze dei cittadini e sulla scarsa interoperabilità tra i vari enti del nostro paese.
Una cosa è certa, è ormai praticamente impossibile tornare indietro ora che queste modalità sono state acquisite, non resta che puntare sul digitale con fermezza, con la consapevolezza che in Europa la pensano allo stesso modo.