eProcurement, gli intoppi del sistema secondo CantieriPA
I lavori del Cantiere “Procurement dell’innovazione”, proseguiti con un nuovo incontro il 20 ottobre, si sono focalizzati sulle principali leve su cui agire per liberare definitivamente le potenzialità del procurement pubblico quale fondamentale driver di innovazione. Da qui un excursus sulle principali criticità su cui è necessario lavorare
17 Novembre 2016
Eleonora Bove
Abbiamo più volte ricordato (e scritto) su queste pagine che le nuove direttive UE sull’innovation public procurement (2014/24/EU – 2014/25/EU – 2014/23/EU) mirano a rendere le centrali di acquisto dei veri e propri “smart buyer” in grado di rappresentare elementi di sostegno e di indirizzo delle politiche di sviluppo al fine di ottenere un miglior uso delle risorse pubbliche, un livello aggiornato e avanzato di innovazione (tecnologica ed organizzativa) all’interno degli uffici pubblici, ed un innalzamento della qualità dei servizi offerti a cittadini ed aziende.
I lavori del Cantiere “Procurement dell’innovazione”, proseguiti con un nuovo incontro il 20 ottobre, si sono focalizzati sulle principali leve su cui agire per liberare definitivamente le potenzialità del procurement pubblico quale fondamentale driver di innovazione:
- la maggiore capacità delle amministrazioni appaltanti di descrivere in maniera puntuale i propri bisogni;
- la progressiva digitalizzazione degli appalti pubblici attraverso lo sviluppo di piattaforme di e-procurement;
- l’utilizzo sempre maggiore di strumenti innovativi per l’acquisto di beni e servizi tecnologici da parte del settore pubblico, a partire dal precommercial Public Procurement (PCP) e dal Public Procurement of Innovative Solutions (PPI), nonché dalle diverse forme di partenariato pubblico-privato (PPP) e da tutti quei momenti in cui l’amministrazione si fa co-innovatrice, a fianco di partner “inconsueti”: imprese, ricercatori, cittadini e organizzazioni del terzo settore per co-disegnare e co-creare servizi, prodotti o modelli di business.
Dal ragionamento comune, due gli aspetti emersi che come facce speculari della stessa medaglia hanno trovato spazio e uguale importanza: l’innovazione del processo di acquisto (e-procurement) e l’innovazione come contenuto del processo di acquisto (procurement di innovazione). L’assunzione di entrambi in uno stessa cornice concettuale ha implicato che, in conclusione, si rendessero necessarie sia la determinazione degli incentivi sostenibili e mutuamente vantaggiosi per aumentare le prestazioni dei servizi e dei processi, sia l’esigenza di stabilire il principio della qualità della spesa in luogo di quello della quantità della spesa.
Assunti che si stagliano in un quadro complesso, da cui emergono diverse difficoltà per gli operatori del settore, su cui il gruppo di lavoro di FPA sta lavorando formulare delle proposte concrete di miglioramento. Queste difficoltà possono essere così velocemente riassunte:
1- Mancanza di coordinamento tra gli attori istituzionali
Il processo di innovazione del procurement sconta il ritardo di anni di immobilismo, dovuto alla mancanza di coordinamento tra i vari soggetti istituzionali che ha prodotto una non corretta condivisione della conoscenza tra i diversi attori. Per la prima volta il nuovo Codice appalti definisce una governance nazionale per l’e-procurement, già peraltro introdotta nel documento “Strategia per la crescita digitale 2014-2020”. A questa si affiancano la stretta collaborazione con la Commissione europea e la partecipazione degli stakeholders istituzionali, individuati dal Codice appalti.
2- Deficit di domanda innovativa
Manca la domanda innovativa da parte delle PA, ma manca soprattutto la condivisione di best practices. Sarebbe inoltre utile l’adozione di tecnologie per l’aggregazione e la standardizzazione della spesa.
3- Scarsa attenzione della PA all’offerta di innovazione
Esigenza insoddisfatta di change management: il problema delle competenze Il cambiamento organizzativo si pone come leva del cambiamento innovativo. Sia nell’una che nell’altra accezione, infatti, si avverte l’esigenza di precedere/accompagnare l’innovazione tanto con un cambiamento dei processi quanto con un cambiamento nelle ricorse umane (formazione).
4- Difficoltà nell’ingaggiare le start-up
Una difficoltà riscontrata da più soggetti partecipanti al Tavolo riguarda il coinvolgimento delle start-up all’atto di domandare innovazione. Si rilevano difficoltà normative, in quanto queste realtà spesso non sono ancora azienda e, in quanto tali, non possono essere coinvolte direttamente nelle procedure di appalto.
5- I rischi legati all’accentramento degli acquisti
Il quadro delineato dalle nuove norme sugli appalti, innalzando il tasso tecnico delle forniture e scremando il numero dei procedimenti di acquisizione, sminuiscono il principio della concorrenza. In generale il rischio concreto dell’accentramento è quello di favorire l’accesso al mercato delle grandi imprese marginalizzando, invece, quelle piccole e medie, costituendo il presupposto di fatto per la creazione di situazioni di oligopolio o monopolio.
6- Esclusione delle PMI
E’ un problema di importi. Le gare nell’IT che partono da basi d’asta di 400-500 milioni di euro escludono il 99% delle realtà italiane. Rischio lock-in: ci sono 8 aziende che in Italia si aggiudicano gli appalti nell’IT e sono poi queste a definire la politica di settore. Le PMI, per poter operare, sono costrette a cedere un obolo di un 20-30%. Le PMI europee contribuiscono al 78% del Pil europeo, mentre partecipano agli appalti pubblici per il 28%.
7- Mancanza di progettualità negli acquisti
Prima di procedere con una procedura di acquisto bisogna capire cosa si ha in mente, quale sia il progetto e calibrare il contratto con la fase di esecuzione. Per fare questo occorre assecondare la governance del progetto e coinvolgere competenze multidisciplinari, sia nella fase di scelta che in quella della vigilanza.
Negli acquisti che sono parte di progetti complessi, le amministrazioni non hanno chiarezza dei processi di progettazione che ne rappresentano i presupposti. L’aspetto progettuale dell’acquisto è limitato al momento della definizione del capitolato, ma il capitolato coincide con il progetto oppure esiste (dovrebbe esistere) un progetto dal quale derivi il capitolato stesso? Questa carenza deriva anche da un’incertezza normativa.
8- Interoperabilità dei sistemi e data management
Sulla gestione della fornitura in un meccanismo di aggregazione della spesa: chi esprime l’esigenza spesso non ha il controllo della gara, per cui si trova una fornitura predisposta da altri. Questo determina uno scollamento che si può sanare con l’interoperabilità delle piattaforme. Sarebbe auspicabile un “mercato dei soggetti aggregatori” per cui la stazione appaltante può decidere se un soggetto aggregatore è più efficiente di un altro e avere la possibilità di scegliere in base ai servizi. In ogni caso l’interoperabilità non è un tentativo di rendere tutte le soluzioni identiche, ma di definire standard comuni che consentano il colloquio tra le piattaforme e tra queste ed i sistemi degli operatori economici.
L’interoperabilità non è più un’esigenza negli altri Paesi, dove è stata abbandonata perché superata da soluzioni alternative, che si servono della tassonomia e della semantica. Nel Regno Unito, ad esempio, si fanno analisi di spesa pubblica con refresh periodici, mensili per la PA centrale, semestrali per le PA locali. Ci sono più di 1000 sistemi operativi che trasmettono dati, senza interoperabilità. Esistono dei layers, con regole semantiche tassonomiche, che prendono le informazioni decentrate e le portano a sintesi a favore di cabine di regia, deputate ad analizzare i dati e a decidere.
Nel sistema italiano degli approvvigionamenti pubblici esistono sistemi istituzionali centralizzati – come la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, gestita da ANAC – che richiedono l’alimentazione delle informazioni da parte delle stazioni appaltanti. Il problema è che quanto più ci si allontana dalla procedura, tanto più si perde la qualità del dato. Esistono soluzioni diverse in cui c’è la possibilità di svincolare l’origine del dato dall’uso del dato, saltando la sua standardizzazione per andare direttamente all’interpretazione, attraverso una procedura automatizzata, anche se gli acquisti transitano su una pluralità di piattaforme. Al momento questo avviene solo per alcune piattaforme, occorrerebbe che il sistema fosse messo a sistema ed esteso.