Archivi digitali, il paradosso dell’era moderna: efficienza e amnesia. Deda Next lancia Refer
Le tendenze più recenti, emerse di pari passo con la migrazione dei servizi e delle procedure su portali e applicativi informatici sempre più avanzati, sono da un lato la progressiva identificazione del documento con il concetto di dato, dall’altra la conseguente difficoltà o persino la dispersione dell’archiviazione. Le implicazioni che ne discendono investono la cittadinanza sia in termini di perdita di memoria storico-giuridica, ma anche culturale e valoriale nel senso più ampio e democratico del termine. Consapevole del rischio, Deda Next lancia sul mercato Refer la soluzione che propone di essere un archivio unico dei record dell’Ente e che con il payoff “records for the future”, sottolinea un concetto fondamentale: un archivio deve essere pensato per resistere al tempo e poter consentire l’accessibilità dei contenuti, anche in un futuro molto distante, indipendentemente dai sistemi che li hanno prodotti
3 Aprile 2025
Manlio Serreti
Giornalista

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La gestione documentale nella Pubblica Amministrazione è in una fase di profondo cambiamento. L’evoluzione dei tradizionali archivi cartacei verso sistemi digitali avanzati ha portato alla progressiva identificazione del documento con il concetto di dato. Questa trasformazione, pur offrendo vantaggi in termini di efficienza e accessibilità, introduce rischi significativi legati alla potenziale dispersione del dato stesso e alla difficoltà della sua interpretazione nel tempo, di correlazione con altri dati generati da sistemi diversi, di garanzia di autenticità e di integrità.
La migrazione verso piattaforme digitali e applicativi informatici complessi richiede quindi una rigorosa implementazione di protocolli per mitigare questi rischi e garantire la veridicità e la fruibilità delle informazioni nel tempo. L’adozione di standard di metadati e di formati di file interoperabili diventa così cruciale per assicurare la ricercabilità e la leggibilità dei documenti. Inoltre, è fondamentale considerare le implicazioni legali e di conformità in merito alla conservazione digitale, dettate dalle normative vigenti in materia di archiviazione elettronica.
Una metamorfosi profonda che attraversa trasversalmente le Amministrazioni pubbliche italiane, spesso in maniera asincrona e anche geograficamente a macchia di leopardo. Lo stato di avanzamento della digitalizzazione attuale è importante, ma altrettanto importanti sono lo studio delle variabili critiche da analizzare e i punti aperti da risolvere.
La memoria documentale come valore democratico
Il nesso tra la gestione documentale nella Pubblica Amministrazione e i principi della cittadinanza democratica non è così immediato da cogliere per chi, da generazioni, ha ben consolidato nel proprio immaginario il documento cartaceo che lo riguarda: un fascicolo di carta con una copertina scritta a mano e sempre più ingiallita nel tempo, conservato in grossi faldoni etichettati all’interno di enormi locali deputati proprio alla conservazione dell’archivio. Dietro questa apparentemente scontata azione di stoccaggio si cela invece un valore fondante per un regime democratico e per lo stesso status di cittadino, espresso da uno dei principi cardine del Diritto Amministrativo: il cosiddetto “Accesso agli atti”, principio che va a braccetto con quello della “trasparenza dell’azione amministrativa” a cui ha diritto ogni cittadino della nostra Repubblica. Un tassello chiave dello Stato di Diritto, esplicitato dal Legislatore nella Legge 241/1990, poi modificata e integrata dalla Legge 15/2005, che permette a ogni cittadino italiano “di richiedere documenti, dati e informazioni detenuti da una Pubblica Amministrazione riguardanti attività di pubblico interesse, purché il soggetto richiedente abbia un interesse diretto, concreto e attuale rispetto al documento stesso”.
La rivoluzione digitale, archiviazione in crisi
Il processo di digitalizzazione della gestione documentale nella PA, ineluttabile in termini di modernizzazione dei servizi pubblici e di efficientamento delle sue funzioni operative, ha richiesto uno sforzo imponente sia in termini di investimenti che di regolamentazione. In questo senso, nel 2021 l’AgID ha pubblicato le “Linee guida per la formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici”, tracciando la via maestra per attuare la transizione dal documento analogico a quello digitale, indicando tutte le procedure e gli step necessari da compiere. Una trasformazione profonda e complessa, che ha impattato migliaia di istituzioni della galassia PA italiana e che ha dovuto affrontare varie criticità, velocità diverse e non pochi ostacoli. La necessità operativa che ne è seguita è stata quella di dotarsi di piattaforme di migrazione, di gestione documentale e altre soluzioni digitali integrate. Di questo vero e proprio cambio di paradigma abbiamo parlato con Antonio Massari, Direttore Digital Transformation Services di Deda Next.
“Quando la digitalizzazione non esisteva, la soluzione era molto semplice, perché l’archivio era un archivio fisico. Qualunque documento che veniva prodotto era comunque cartaceo e quindi avevamo degli strumenti e delle metodologie che si erano sedimentate nel corso dei secoli – ricorda Massari –. Con l’avvento dell’Information Technology c’è stata una grande rivoluzione che ha portato tantissimi benefici in termini di efficienza, trasparenza, velocità. Però c’è un effetto collaterale, effetto per cui la comunità di esperti archivisti digitali ha già lanciato l’allarme, ed è che l’archivio digitale non si sta formando. La digitalizzazione sta portando efficienza e semplicità di processo ma manca ancora la piena consapevolezza che alcuni dati devono essere consolidati nella forma di record documentali, intendendo con questo termine un documento d’archivio ben formato, soprattutto là dove i dati rappresentano un momento decisionale oppure la volontà del cittadino o, ancora, siano informazioni chiave sulla base delle quali vengono prese decisioni.
I record devono quindi poter derivare dai sistemi applicativi verticali e essere trasferiti in un unico archivio dove possono essere correlati con altri record, raggruppati, sia strutturalmente sia logicamente, e mantenuti per essere sempre richiamabili e interpretabili, anche là dove il sistema che li ha prodotti non dovesse essere più disponibile”. In generale si può affermare che l’assenza di un Archivio unico rende più opaco e di difficile ricostruzione l’iter che in un procedimento ha portato a una determinata decisione.
Benefici e opportunità dell’archiviazione digitale
L’anello debole della digitalizzazione degli ultimi decenni è stata la mancanza di consapevolezza dei rischi nel non formare in modo corretto un archivio. Così facendo molti documenti sono rimasti segregati all’interno degli applicativi “verticali”, ovvero software progettati per operare solo in un settore specifico o in un singolo segmento di azienda o Ente. La conseguenza di questo tipo di approccio a compartimenti stagni, è la mancanza della visione d’insieme che rende difficile, se non impossibile, tenere traccia delle relazioni tra i documenti. Il risultato è quello di minare la funzione stessa di un archivio che è quella di testimoniare efficacemente lo svolgimento delle attività nel tempo di una Pubblica Amministrazione. La sedimentazione della documentazione in una struttura unica rimane dunque quanto mai una necessità fondamentale e continua ad essere proprio l’archivio, oggi luogo virtuale, la sede di garanzia dell’integrità, dell’affidabilità e dell’accessibilità alle informazioni.
Un’archiviazione che si è dovuta evolvere in qualcosa di nuovo, grazie alla nascita di realtà informatiche ad alta specializzazione che stanno permettendo di sciogliere tutti i nodi, dando nuova linfa alla dimensione archivistica e restituendo piena dignità al record documentale. Una delle strategie vincenti all’interno di questa iper-specializzazione sta nel principio dell’Archiving by Design, termine coniato dall’ European Archives Group, ovvero in una progettazione evoluta, olistica ed integrata dell’ecosistema digitale. “Con questo termine indichiamo che l’accessibilità di lungo periodo alle informazioni ufficiali gestite dall’Ente nell’archivio unico, deve essere presa in considerazione già nella fase di progettazione del sistema informativo generale o dello specifico applicativo – spiega Massari –.
L’archivio digitale unico permette di aggregare informazioni provenienti dai diversi sistemi verticali, creando un fascicolo virtuale. Questo consente di avere una visione completa delle informazioni anche se esse nascono in fasi diverse del procedimento amministrativo”. Imprescindibile per una gestione documentale corretta anche un altro principio: la separazione delle competenze (Separation of Concerns), per cui gli ambiti verticali si concentrano sul proprio core business, mentre l’archivio si occupa della conservazione e della gestione dello scarto delle informazioni. “Un archivio ben formato contiene strumenti archivistici, come il Piano di classificazione e il Piano di conservazione, che permettono di operare politiche di selezione e scarto delle informazioni molto precise – prosegue Massari –. Il singolo operatore che lavora con l’applicazione verticale di ambito e quotidianamente deve rispondere alle esigenze dei cittadini, non può avere come focus la gestione e la conservazione documentale. E’ chi sviluppa il sistema che deve fare in modo che tutto funzioni correttamente (e per farlo deve conoscerne approfonditamente le logiche), a vantaggio di tutti gli stakeholder, siano questi interni o esterni all’Amministrazione.”
Refer, la soluzione di archivio evoluto
Il prodotto di questo sforzo di ricerca e sviluppo, unito alla solida esperienza sul campo maturata negli anni da Deda Next è la nuova soluzione Refer. Si tratta di un “record system” integrato, luogo virtuale e unico all’interno dell’ecosistema dell’Ente, dove i record una volta dichiarati dai verticali o catturati tramite middlware, vengono creati, gestiti, aggiornati, mantenuti con tutti i metadati e le relazioni e, infine, inviati in conservazione o eliminati logicamente in modo controllato e tracciato. Refer dispone di un modello archivistico molto evoluto, ispirato a quello concettuale di Record-In-Context, dove oltre alle tradizionali relazioni di tipo strutturale tra Entità Archivistiche (es. documenti in fascicoli) è possibile tracciare relazioni di tipo semantico tra Entità e Agenti, Soggetti e Luoghi, elementi concettuali che fanno dunque riferimento al contesto operativo specifico nel quale i dati vengono generati e gestiti (es. cittadini, pazienti, beni mobili o immobili, persone giuridiche…).
Refer ha dunque la caratteristica forte di rimettere al centro l’archivio come funzione e valore non derogabile. Grazie al principio dell’Archiving by Design su cui la soluzione si fonda, con Refer è possibile integrare tutti gli applicativi con l’archivio digitale, mettendo nella pratica in comunicazione ambienti nati e cresciuti autonomi e separati. “Per fare un esempio, le Amministrazioni hanno un verticale che si occupa di fare le gare e poi un verticale che si occupa delle fatturazioni che normalmente non si parlano mai. Sono proprio due silos completamente isolati – spiega il Direttore Digital Transformation Services di Deda Next –. Con l’utilizzo di questa soluzione invece, l’archivio crea un fascicolo virtuale con un’aggregazione dinamica che, anche grazie alle relazioni dei Record con le Entità di Contesto, è in grado di rimettere insieme tutte le informazioni. Refer sfrutta quindi, non solo strumenti per la gestione del flusso di protocollazione, ma anche metodologie e API per integrare i verticali con l’archivio, garantendo la tracciabilità e la registrazione delle informazioni”. Altro punto di forza della soluzione progettata dalla società con sede a Trento, è quello di favorire l’innovazione e l’evoluzione dei sistemi informativi. Le Amministrazioni, infatti, evitano spesso di fare aggiornamenti agli applicativi verticali per paura di perdere informazioni, bloccando così di fatto l’innovazione.
Un archivio sicuro invece permette di innovare e aggiornare i sistemi senza rischi, poiché tutte le informazioni fondamentali sono sempre intellegibili indipendentemente dal verticale che le ha prodotte. Nonostante la regola forte che vede l’archivio il centro nevralgico della certezza informativa del sistema, Refer consente anche, in una logica di interoperabilità aperta e bidirezionale, l’ingestione diretta di riferimenti provenienti da applicativi verticali purché questi abbiano le stesse caratteristiche di sicurezza e affidabilità dello stesso, nativamente sviluppato già in piena compliance con le disposizioni ACN QC2.
Il futuro della gestione documentale
La gestione archivistica documentale è entrata a tutti gli effetti in una nuova era e Deda Next ne è protagonista a pieno titolo. La piattaforma Refer ha già implementato le potenzialità dell’IA, in particolare nelle funzioni di classificazione assistita, nella ricerca semantica e nella categorizzazione di e-mail ma molti altri sviluppi sono in lavorazione come, ad esempio, funzionalità di “chat with your data” e supporto alla contestualizzazione e alla relazione tra le informazioni per la costruzione di grafi di conoscenza.
Nel futuro sempre più virtuale in cui stiamo andando, con le enormi opportunità ma anche con i rischi che l’IA generativa comporta (tra cui la capacità di creare falsi perfetti), la priorità è avere soluzioni e partner di business non solo specializzati, ma anche autorevoli, certificati e trasparenti, tali da diventare presidi di affidabilità e certezza. I documenti che riguardano i cittadini sono una componente decisiva della vita quotidiana di ognuno, dal punto di vista giuridico in primis ma non solo. Refer nasce proprio con questo obiettivo: realizzare il cosiddetto archivio unico, completo e sicuro.
“Noi offriamo i nostri strumenti, certo, ma anche un approccio ed API per poter integrare gli ecosistemi. Quindi quello che Deda Next propone è sì una soluzione, ma soprattutto una metodologia che, verticale per verticale, consente di entrare dentro le logiche per chiedersi cosa quel verticale stesso può dare all’archivio e in quale momento. Non è detto che questo debba essere alimentato ad ogni clic dell’utente. Può anche essere fatto alla fine, quando il procedimento è concluso, ma ormai è chiaro che quel verticale non può tenersi in pancia informazioni che sono fondamentali e strategiche per la certezza del diritto. E quindi – conclude Massari – non possiamo immaginare che l’archivio non si formi o che sia frammentato in settori che non comunicano tra loro. L’unica risposta possibile è: l’archivio unico dei record”.