Il manuale della conservazione: da adempimento burocratico a strumento di lavoro

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Le Linee Guida AgID del 2022 introducono l’obbligo per gli enti di redigere e pubblicare un manuale di conservazione, uno strumento fondamentale per garantire l’integrità e l’accessibilità dei documenti nel tempo. Tuttavia, l’implementazione delle Linee Guida si è rivelata più complessa del previsto. Molti enti non hanno ancora redatto e pubblicato il proprio manuale di conservazione. Il Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione ha fissato l’obiettivo di raggiungere la completa adozione entro il 2026, ma persistono alcune criticità. Una riflessione a firma di Dgroove

28 Novembre 2024

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Dgroove .

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La pubblicazione delle Linee Guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici da parte di AgID nel maggio del 2021 e la loro entrata in vigore il 01 gennaio 2022 è stato un passaggio a dir poco decisivo nella storia della conservazione digitale italiana. Le Linee Guida rappresentano chiaramente il tentativo più importante che il legislatore ha messo in campo, almeno dai tempi dell’emanazione del CAD, per normare una disciplina alquanto complessa e perennemente a rischio di interpretazioni grossolane.

Le Linee Guida infatti conciliano da una parte un linguaggio chiaro, esaustivo, anche comprensibile a chi non è un addetto ai lavori e dall’altra la natura vincolante delle stesse Linee Guida e dei relativi allegati, come precisato dal parere del Consiglio di Stato n. 2122 del 10 ottobre 2017 e richiamato dalle stesse Linee Guida al paragrafo 1.10.

In poche parole: le Linee Guida sono legge e in quanto tali vanno rispettate, in ogni loro parte. Tuttavia, è possibile constatare come alcuni aspetti delle Linee Guida trovano difficoltà ad essere implementati. Uno di questi è, per esempio, il ruolo adottato dal manuale della conservazione e dal Responsabile della Conservazione.

Il manuale della conservazione: cosa prevede la norma

Le Linee Guida descrivono il manuale di conservazione come quel «documento informatico che deve illustrare dettagliatamente l’organizzazione, i soggetti coinvolti e i ruoli svolti dagli stessi, il modello di funzionamento, la descrizione del processo, la descrizione delle architetture e delle infrastrutture utilizzate, le misure di sicurezza adottate e ogni altra informazione utile alla gestione e alla verifica del funzionamento, nel tempo, del sistema di conservazione» (paragrafo 4.6).

Un documento strategico quindi, sia dal punto di vista giuridico sia organizzativo. Un documento che deve essere redatto dall’Ente, senza eccezioni. Le stesse Linee Guida si prodigano in ben due paragrafi diversi a sottolinearne l’obbligatorietà:

  • Paragrafo 1.11: «L’adozione del manuale di gestione documentale e del manuale di conservazione non risponde solo ad esigenze pratico-operative, ma rappresenta un preciso obbligo […] al quale per la PA fa seguito l’ulteriore obbligo della loro pubblicazione sul sito istituzionale dell’ente.».
  • Paragrafo 4.6: «Le Pubbliche Amministrazioni sono tenute a redigere, adottare con provvedimento formale e pubblicare sul proprio sito istituzionale il Manuale di conservazione.»

A ormai quasi tre anni dall’entrata in vigore delle Linee Guida, tuttavia, pochi sono gli Enti che nella sezione “Amministrazione Trasparente” hanno pubblicato, previo provvedimento formale, i propri manuali di conservazione.

Nel nuovo Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2024-2026, è dedicato un intero obiettivo del piano (il 3.3) al consolidamento dell’applicazione delle Linee Guida. In particolare, il Piano prevede che entro il 2026 «il 100% delle amministrazioni devono avere adottato e pubblicato il manuale di conservazione e la nomina del Responsabile della conservazione in “Amministrazione trasparente”». È interessante evidenziare non solo che il Piano rimarchi qualcosa che doveva essere già conosciuto e applicato da anni ma anche che dia altri due anni “supplementari” agli Enti per conformarsi alla norma. A dimostrazione, probabilmente, che di lavoro ce n’è ancora da fare.

Il manuale della conservazione come strumento di lavoro

In questo contesto è interessante ragionare su un aspetto di natura culturale e meno giuridico: come può un manuale di conservazione essere uno strumento di lavoro per l’Ente? Come i processi di conservazione digitale possono essere conosciuti all’interno della Pubblica Amministrazione al di fuori delle strette cerchie degli addetti ai lavori? Queste domande dovrebbero essere alla base di un’ampia riflessione che tutta la comunità informatica, archivistica e manageriale dovrebbe in qualche modo stimolare, anche con una certa analisi autocritica di quanto fatto negli ultimi anni.

In questo contesto, si potrebbe ritenere prioritario organizzare campagne di sensibilizzazione e formazione degli stessi Responsabili della Conservazione, il cui aggiornamento è spesso dato troppo per scontato. Una disciplina così dinamica come la conservazione digitale, che interseca settori disparati e in continua evoluzione tecnologica e normativa, necessita infatti di uno sforzo importante in ambito di formazione permanente dei Responsabili della Conservazione e, in senso più lato, del Titolare dell’Oggetto della Conservazione.

Soprattutto presso Enti di dimensione medio-piccola, continuamente a corto di mezzi e risorse umane, i Responsabili della Conservazione, se nominati, si trovano a gestire numerose incombenze senza la piena consapevolezza del loro ruolo e della loro responsabilità. È necessario quindi che tali responsabili siano forniti di adeguati strumenti e conoscenze applicabili nell’esercizio delle loro attività.

Tale situazione ha favorito nel corso del tempo la delega di molti compiti del Responsabile della Conservazione verso l’esterno, attraverso l’affidamento dei Servizi di Conservazione come previsto dalla stessa norma, in particolare dal paragrafo 4.5 delle Linee Guida. L’esternalizzazione, se ben governata, può quindi essere una pratica lodevole; tuttavia, in alcuni casi potrebbe nascondere il rischio di deresponsabilizzazione dell’Ente. Le Linee Guida sono chiare sotto questo aspetto: sempre al paragrafo 4.5 si sottolinea che «la responsabilità giuridica generale sui processi di conservazione, non essendo delegabile, rimane in capo al responsabile della conservazione, chiamato altresì a svolgere le necessarie attività di verifica e controllo in ossequio alle norme vigenti sul servizi affidati in outsourcing dalle PA». In particolare, la norma sottolinea che il Responsabile della Conservazione non può delegare all’esterno l’attività di predisposizione e di aggiornamento del manuale di conservazione.

Per concludere, potremmo affermare che ci troviamo dinanzi a una sfida: da una parte garantire che la nostra Pubblica Amministrazione possa godere di servizi di conservazione di qualità, sicurezza, efficienza elevata e sostenibile; dall’altra assicurarci che la governance dell’Ente possieda tutti quegli strumenti necessari per amministrare il processo di conservazione.

La redazione del manuale della conservazione, anche attraverso il supporto di professionisti del settore, potrebbe essere l’occasione in cui il Responsabile della Conservazione possa acquisire maggior consapevolezza del proprio ruolo così strategico in una Pubblica Amministrazione sempre più digitale e aperta verso l’esterno.

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