Riuso software, perché le linee guida non bastano
La qualità, l’efficienza e l’economicità non sono risultati raggiungibili se il modello di riferimento riguarda esclusivamente la condivisione di codice. Il riuso richiede strumenti di supporto adeguati alla condivisione di soluzioni e modelli e questi strumenti vanno costruiti insieme alle amministrazioni
28 Maggio 2019
Cantieri PA
Gli articoli a firma della community di FPA impegnata nei processi di innovazione digitale della PA
Mariella Guercio
Anai - Associazione nazionale archivistica italiana
Dopo anni di stallo e di ambiguità, sulla pratica del riuso a partire dalla primavera del 2018 sembra avviarsi una nuova interessante stagione grazie alla riscrittura degli articoli specifici del CAD in materia (articoli 68 e 69), alla formulazione di regole ben costruite e dedicate e ad alcune iniziative formative, nonché alla creazione della nuova piattaforma per il catalogo.
Non è chiaro ancora se siamo in presenza di una stagione nuova, con potenzialità reali o se si tratta di una proposta tra le tante elencate nel piano triennale, marginale rispetto ad altri investimenti ritenuti strategici.
Per chi crede nel valore del lavoro condiviso e nella necessità di affrontare in modo collaborativo i passaggi più critici della trasformazione digitale, non si può non osservare con favore la ripresa di interesse per questo ambito di attività.
Per molte ragioni, la principale delle quali rinvia al fatto che le politiche del riuso (nel campo specifico della gestione documentale) implicano amministrazioni attive e consapevoli, capaci non solo di adempiere agli obblighi di legge, ma anche di sviluppare e condividere modelli, contribuendo a migliorare i prodotti e le soluzioni per una trasformazione digitale concretamente al servizio dei cittadini.
Le regole nuove e il catalogo (in fase ancora iniziale) costituiscono, tuttavia, un requisito necessario ma non sufficiente per trasformare la promessa di un riuso possibile in una pratica di efficienza, di economicità e di qualità.
Economicità, efficienza e qualità
Economicità, efficienza e qualità sono requisiti indispensabili da rispettare quando si affronta il nodo della gestione documentale, in particolare allorché si acquisisce una nuova piattaforma, tanto più se la decisione non comporta solo il rapporto con il fornitore di mercato ma anche il confronto con altri soggetti pubblici, che su quel prodotto hanno investito.
Sono nodi e temi complessi quelli della digitalizzazione, soprattutto se non si tratta di rispettare un adempimento formale, ma di trasformare i processi del lavoro amministrazione e della comunicazione con i cittadini.
Non ci sono dubbi sul fatto che le principali criticità che riguardano la gestione documentale e la conservazione siano ancora tali: basta guardare al baratro di confusione e frammentazione in cui sono precipitati gli archivi digitali di amministrazioni grandi e piccole, soprattutto quelle prive di personale tecnico perché – come ci ricorda Karl Popper, grande filosofo ed epistemologo del Novecento «le istituzioni sono come le fortezze, resistono se è buona la guarnigione».
Quando non sono raggiungibili
La qualità, l’efficienza e l’economicità non sono risultati raggiungibili se il modello di riferimento a cui pensiamo per la trasformazione digitale riguarda esclusivamente la condivisione di codice, programmi e schemi di metadati e si limita ad adempimenti formali.
Nessuno dei tre requisiti presi isolatamente è in grado di essere soddisfatto (e ancor più questo è vero se l’obiettivo è assicurare che tutti e tre siano rispettati). Per i servizi complessi e critici (come quelli della gestione documentale e della conservazione digitale) il riuso richiede strumenti di supporto adeguati alla condivisione di soluzioni e modelli e questi strumenti vanno costruiti insieme alle amministrazioni che in questi anni al riuso hanno creduto.
È necessario che si preveda la possibilità di integrare il sistema del riuso con servizi e aree delle piattaforme in cui si possa includere documentazione di supporto e condividere esperienze e commenti, nonché servizi dedicati all’auto-apprendimento e alla didattica.
Le condizioni del riuso
In sostanza, ci sono alcune condizioni da rispettare perché si riapra seriamente una prospettiva per il riuso: una piattaforma/catalogo con funzioni orientate a sviluppare forme concrete di collaborazione e costantemente aggiornata; ma anche – se non soprattutto – il riconoscimento da parte delle istituzioni tecniche (Agid, Team) e degli interlocutori politici del valore strategico di questo processo.
Se così fosse, ritengo che la scelta di rilanciare il riuso, nonostante le difficoltà, la complessità e i ritardi che lo caratterizzano, possa fornire una risposta seria e costruttiva per lo sviluppo di una PA collaborativa e per la concreta gestione di una progettazione partecipata che non può produrre frutti maturi se non facendo tesoro delle migliori pratiche di gestione documentale. Certo i ritardi non vanno sottovalutati: non ha aiutato il lungo periodo di attesa e di assenza di iniziativa – quasi un anno è passato prima di formalizzare l’ultima release delle Linee guida su acquisizione e il riuso di software per le pubbliche amministrazioni .
L’impossibilità stessa di rendere pubblico a lungo il catalogo o repertorio delle piattaforme destinate al riuso con i suoi contenuti, in assenza di disposizioni definitive e a seguito dell’abrogazione del vecchio catalogo, ha di fatto bloccato l’intero processo (demotivando in parte le poche amministrazioni che hanno investito in questo campo), soprattutto per quanto riguarda uno degli aspetti che, nel campo della gestione documentale, appare di maggiore interesse, la creazione di comunità in grado di fornire informazioni e supporto operativo come accompagnamento virtuoso alla decisione di adottare soluzioni di cui altre amministrazioni siano titolari, tanto più se sono soluzioni complesse.
Le criticità del settore
Non si devono quindi sottovalutare le difficoltà che oggi ancora caratterizzano il settore:
- l’assenza di un quadro chiaro di governance nei processi di riuso del software;
- l’insufficiente numero di processi consolidati ed esperienze condivise mature e di successo (anche se non mancano proposte interessanti e di rilievo, almeno nel campo della gestione documentale: si pensi alle robuste esperienze della Regione Piemonte, della Regione Toscana, dell’Amministrazione provinciale di Trento che recentemente ha visto coinvolti due grandi ministeri, il Mibac e il Ministero degli esteri, oltre al Dipartimento della protezione civile);
- l’assenza, nei processi di riuso ‘ricchi’ di qualità e di funzioni, di automatismi di facile applicazione;
- la complessità dei modelli e la varietà dei contesti, dei metodi e delle metriche di valutazione (su cui si è poco o nulla insistito) e, infine,
- la mancanza di solide figure tecniche interne alle PA, in particolare per la transizione digitale e la gestione documentale, che costituisce – più di qualunque altro fattore critico – un freno all’assunzione di responsabilità interne e un invito alla disintermediazione e all’affidamento a terzi di soluzioni che, coinvolgendo sempre meno i servizi interni agli enti, rischiano di costare di più e non garantire qualità.
Il riuso dei sistemi di gestione e conservazione digitale
Le linee guida sul riuso – documento di indubbia qualità e organicità – forniscono oggi una base di partenza onesta, riconoscendo, sia pure non in modo esplicito, il principio che in molti casi non si tratta semplicemente di dotarsi di un applicativo, ma di adottare un modello e di partecipare alla sua integrazione e al suo sviluppo.
Considerano le amministrazioni pubbliche come attori in grado di intervenire e di collaborare reciprocamente e con le imprese. Si riferiscono a una PA ancora fiduciosa della propria capacità di salvaguardare investimenti di qualità già realizzati e del valore della cooperazione (e non solo dell’interoperabilità informatica e della delega che l’adozione passiva di alcune tecnologie sembrano implicare in questa fase).
Una PA decisa a non disperdere le esperienze maturate nei progetti di digitalizzazione, convinta che sia corretto e possibile prendere a riferimento i casi di successo e promuovere l’interazione tra le diverse competenze interne ed esterne (organizzative, tecnologiche, giuridiche, archivistiche).
Una PA pronta a “superare in un’ottica operativa nuova la visione ‘campanilistica’ che ha contraddistinto fino ad ora l’azione degli enti e che ha portato alla personalizzazione spinta dei prodotti applicativi, pensati non per soddisfare esigenze generali, ma per venire incontro alle peculiarità organizzative e operative dei singoli” (Cantiere Documenti digitali di ForumPA, Il riuso software: dal riutilizzo all’evoluzione evolutiva, a cura di Loredana Bozzi,Giancarlo Di Capua, Silvia Ghiani, Ilaria Pescini, Armando Tomasi, 2017.
Requisiti
Nel caso specifico della gestione documentale tener conto di questi requisiti è fondamentale non solo per il successo della proposta di norme tecniche in settori vitali della trasformazione digitale ma per un futuro convincente del processo complessivo di trasformazione. In particolare si tratta di:
- riconoscere le diverse dimensioni del riuso (oltre a quello del software libero),
- valutare e selezionare le proposte analizzando il quadro di riferimento e le esperienze di cui sono il risultato,
- ricordare che le buone pratiche, termine quanto mai abusato, non vivono al di fuori di investimenti sulle persone: sono difficili da gestire e da sostenere nel medio e lungo periodo e richiedono la presenza di raccomandazioni, standard, regole, analisi e modelli credibili, frutto di un confronto laborioso,
- essere consapevoli che le community del riuso sono impegnative perché richiedono attenzione e disponibilità allo scambio di conoscenze (non solo tecniche), capacità di approfondimento dei metodi e, naturalmente, anche notevoli competenze tecnologiche.
Cantieri documenti digitali
Per dare forza a queste idee il nuovo tavolo di lavoro di Cantieri sui documenti digitali (frutto dal 2018 di una collaborazione tra FPA e l’Associazione nazionale archivistica italiana) ha nuovamente incluso tra i suoi obiettivi nel 2019 anche una riflessione sulle esperienze concrete maturate in questo ambito con l’ambizione di valorizzare il lavoro fatto in questi anni (sia proprio in materia di riuso nell’indagine condotta nel 2017, sia valutando a questi fini i prodotti e gli strumenti elaborati nel Tavolo 2018, tra cui ad esempio la checklist per la valutazione dei software di gestione documentale, le linee guida per la formazione e la gestione dei fascicoli informatici, lo studio sull’identità digitale e sul sigillo elettronico).
Tutte componenti necessarie (anche se non ancora sufficienti) a sviluppare una visione strategica per la digitalizzazione che sposti il focus degli investimenti sull’approfondimento dei processi amministrativi e documentari generali, di cui il riuso possa essere parte integrante non solo in termini di software, ma anche di prassi organizzative e di modelli.
Riuso come opportunità
Per concludere, in attesa di verificare se le istituzioni competenti e le pp.aa. abbiano interesse reale a sostenere gli obiettivi dichiarati in questo campo nel PT 2019-2021, possiamo considerare il riuso un’opportunità da non sprecare, anzi su cui si può investire con fiducia: una pratica incoraggiante, se condotta consapevolmente e con convinzione, che rafforza le competenze e irrobustisce la determinazione ad agire per il cambiamento, assicurando l’autonomia e l’indipendenza della pubblica amministrazione, un bene comune che dovremmo tutti considerare prioritario.