I Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali si gestiscono nel FSE. Il caso della Regione Lazio

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La Regione Lazio spinge l’acceleratore sull’avvio in maniera ampia dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) e la scelta strategica è di gestire i PDTA nel Fascicolo Sanitario Elettronico. Ecco perché e come

17 Aprile 2016

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Lorenzo Sornaga, responsabile Sanità, Sistemi centrali di accesso, LazioCrea

Con il Decreto del Commissario ad Acta (DCA) della Regione Lazio n.113 dell’11 aprile 2016, la sanità del Lazio compie un ulteriore passo in avanti nel processo di innovazione delle cure primarie e dei servizi territoriali.

La regione, con il decreto n.113, spinge l’acceleratore sull’avvio dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) nel Lazio in maniera ampia. Con questo decreto si completa infatti un “trittico” di decreti composto, inoltre, dal DCA n.376 del 2014 “Riorganizzazione dell’Assistenza territoriale e la medicina di iniziativa” e dal DCA n.474 del 2015 “Linee di indirizzo per la gestione a livello territoriale della presa in carico e relativo percorso attuativo”.

Con questi decreti i PDTA (diabete e BPCO per iniziare) diventano il centro della continuità di cura per i malati cronici nel Lazio. D’altronde l’inserimento proattivo del paziente cronico in un PDTA comporta, come riportato nella letteratura scientifica (Chronic Care Model), evidenti vantaggi in termini di:

  • Efficienza ed efficacia degli interventi;
  • Miglioramento della qualità assistenziale;
  • Contenimento dei costi;

Tutti elementi, questi, molto importanti per il percorso di risanamento e ammodernamento della sanità intrapreso dalla regione.

L’avvio dei PDTA nel Lazio, vedrà partecipare, in prima battuta, quei medici che svolgono l’attività nelle Unità di Cure Primarie all’interno delle Case della Salute. Saranno oltre 100 i medici coinvolti che provvederanno, a regime, ad “arruolare” circa 13.000 pazienti. Anche dal punto di vista numerico, l’azione che la Regione Lazio sta per mettere in campo è davvero impressionante.

Per gestire una così ampia azione, ed avere anche poi un ritorno significativo dell’andamento dei percorsi, è assolutamente indispensabile che la gestione di PDTA venga accompagnata da subito con dei sistemi informatici.

L’aspetto di innovazione tecnologica è, difatti, molto presente i tutti i tre i decreti relativi al PDTA. In più parti si parla esplicitamente di “cooperazione applicativa” per la condivisione dei dati con tutti gli attori del percorso. Nell’ultimo decreto, inoltre, c’è un riferimento esplicito al Catalogo Unico Regionale del prescrivibile (approvato con DCA 109 dell’11 aprile 2016), quindi la ricetta dematerializzata, come uno degli strumenti per l’avvio del percorso da parte dei MMG attraverso la piattaforma regionale di prenotazione ReCUP.

Ora le domande da porsi sono, sostanzialmente: dove e come gestire informaticamente i PDTA?

La natura stessa dei PDTA pone la necessità, per prima cosa, di avere da parte del cittadino, un consenso “trasversale”, che consenta da subito, cioè, la condivisione di informazioni sanitarie fra medici e strutture diverse.

Altro fattore da considerare è che diversi saranno i soggetti e i sistemi che un paziente cronico “incontrerà” nel suo percorso. Se pensiamo al diabete, per esempio, ci saranno: il medico di famiglia, lo specialista, l’oculista, il cardiologo ed il laboratorio di analisi. Ognuno di questi ha un proprio sistema informatico.

Dal punto di vista architetturale e funzionale è quindi necessario prevedere un Work Flow Engine e un Sistema di Messaggistica per la notifica degli eventi agli attori del sistema.

Per quanto espresso precedentemente il “luogo” dove gestire i PDTA non può che essere il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE).

È il FSE infatti l’infrastruttura che già adesso il legislatore considera come quella all’interno della quale potranno confluire documenti sanitari prodotti da più soggetti, diversi fra loro e creati in momenti e con contatti sanitari diversi.

È il FSE la piattaforma che deve prevedere l’integrazione con i sistemi informativi delle ASL, delle AO e dei MMG.

È il FSE lo strumento che il legislatore ha già individuato come il luogo da cui estrarre dati per i così detti “usi secondari”, in modalità anonimizzata, come appunto può essere la necessità di monitoraggio da parte del Dipartimento Epidemiologico dell’andamento dei PDTA o dei gruppi di lavoro di effettiva efficacia dei percorsi definiti.

Già oggi l’infrastruttura tecnologica del FSE è basata sullo standard IHE XDS. Per queste e altre ragioni, nel Lazio, abbiamo descritto il workflow del PDTA in un documento con il formato Cross-Enterprise Document Workflow (XDW), che viene creato a partire da un template definito per quello specifico percorso ed è costantemente aggiornato a fronte degli eventi sanitari correlati al PDTA stesso. Il profilo di Cross-Enterprise Document Workflow (XDW) permette agli operatori sanitari di un ambiente multi-organizzativo di gestire, monitorare e coordinare le attività relative al percorso di cura di un paziente. Vengono tracciati i differenti stati di tutti i documenti correlati agli eventi clinici, memorizzando le proprietà specifiche (sostanzialmente “chi” e “quando”) connesse al cambiamento di stato legato all’azione di un professionista coinvolto nel processo sanitario.

L’utilizzo di standard, quali IHE, serve a garantire l’interoperabilità con i FSE delle altre regioni e rendere permeabili i percorsi anche agli esami (es. laboratorio o esami strumentali) svolti in altre regioni.

La rappresentazione anche “grafica” di quanto riportato nel documento XDW memorizzato all’interno del FSE può immediatamente indicare l’andamento e gli esiti del percorso, facilitando la gestione del paziente.

L’avvio dei PDTA è una azione necessaria, che non solo introduce una migliore qualità dell’assistenza per i pazienti cronici, ma li prova a sperimentare sul “partente” FSE regionale, facendo avanzare anche il concetto di FSE stesso. Infatti la gestione sul FSE dei PDTA alza il livello del Fascicolo, da sistema di distribuzione di documenti a sistema di gestione dei dati sanitari del cittadino.

Se il FSE diventa strumento di ausilio alla cura, sarà probabilmente più facile incentivarne l’attivazione e l’uso da parte dei cittadini e dei medici (identità digitale permettendo, ma di questo parleremo un’altra volta) e verrà vissuto da tutti non come un fardello, ma come una grande opportunità di innovazione; per questo, per avviare i PDTA è necessario partire subito con le integrazione dei sistemi con il FSE, partendo da quelle dei MMG.

Solo così sarà possibile fare bene i PDTA che la Regione Lazio ha definito.

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