Il cambiamento culturale necessario alla pubblica amministrazione

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L’approvazione del nuovo CAD e la progressiva definizione dell’architettura per l’IT delle PA pongono degli elementi di innovazione profonda, prima di tutto culturale, e che richiedono dei cambiamenti culturali all’interno della pubblica amministrazione

13 Ottobre 2016

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Nello iacono, Stati Generali dell'Innovazione

L’approvazione del nuovo CAD e la progressiva definizione dell’architettura per l’IT delle PA pongono degli elementi di innovazione profonda, prima di tutto culturale, e che richiedono dei cambiamenti culturali all’interno della pubblica amministrazione.

Cambiamenti che hanno impatto su due tratti che sono diventati caratteristici (anche se naturalmente con significative eccezioni):

  • la cultura dell’adempimento, per cui le attività richieste normativamente (in questo caso, il CAD) non sono concepite come finalizzate al raggiungimento di obiettivi globali e come essenziali all’espletamento della mission pubblica;
  • la cultura dell’inadempienza, per cui la presenza di scadenze normative non raggiungibili (per il contesto di partenza, per l’impatto che avrebbe il cambiamento, e che si cerca di evitare) può essere elusa perché si ha un’elevata confidenza che nessuna penalità sarà comminata, nessun danno effettivo sarà subito.

Cambiamenti culturali che si è visto possono essere promossi , all’interno di ciascuna amministrazione, sulla base di alcune linee di azione, tra le quali:

  • acquisire una visione di sistema facendo sì che il digitale non sia più area di nicchia, ma pervasiva e trasversale. Una visione di sistema che consenta di rispondere a domande sul mondo del lavoro, sulle organizzazioni, sulle città, legandole all’evoluzione del digitale. E con programmi di azione organici che abbiano obiettivi comuni, chiari, condivisi e misurabili, sia nel traguardo finale sia nei passi intermedi. In questo senso, l’obiettivo dell’accountability è da perseguire come risultato naturale di una politica di programmazione e controllo di gestione;
  • dare centralità e priorità al tema delle competenze (digitali e non solo), sapendo che questo significa, all’interno delle amministrazioni, dare valore alle professionalità ma anche alla proattività, alla capacità di essere soggetto attivo del processo continuo di miglioramento, e non semplice ingranaggio di una macchina spesso imperscrutabile;
  • rifocalizzarsi sulla missione dell’amministrazione, ponendo senza ambiguità il cittadino al centro dell’intervento, come punto essenziale di riferimento per la progettazione dei servizi, per la loro verifica, per il loro monitoraggio, per la misurazione dell’efficacia reale dei processi interni;
  • recuperare rapidamente sul terreno della maturità digitale, attraverso la valorizzazione e l’utilizzo degli standard e dei framework comuni (come Digcomp per le competenze), oltre che imparare dalle esperienze altrui;
  • assumere la responsabilità della “forzatura” verso il percorso della trasformazione digitale, sapendo che i cambiamenti culturali hanno bisogno anche di strappi: per questo, agire dove necessario con sistemi di tolleranza zero, transizione forzata, switch-over digitale, superando la cultura dell’inadempienza, la logica dei silos. Utilizzando in questo senso le nuove norme come leve di cambiamento profondo e non formale;
  • mettere a sistema, con decisione ed esprimendolo come valore assoluto, la collaborazione tra le PA (basta agire a macchia di leopardo) e l’openness, anche come condizione per la creazione di ecosistemi di innovazione.

E su questo punto, trovare modalità non estemporanee di confronto e di scambio, di coprogettazione, di collaborazione operativa. L’occasione di ICityLab può essere utile anche a costruire questo difficile e ambizioso, ma necessario, percorso.

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