Il cloud è la soluzione per Fascicolo sanitario elettronico e ricette digitali
2 Dicembre 2015
Domenico Favuzzi, coordinatore del Progetto Assinform "Sanità Digitale"
Il tema dello sviluppo sistematico dell’innovazione digitale nella Sanità è tra quelli che avranno le maggiori ricadute in termini di benefici ed efficienza dei servizi. La spesa sanitaria nel suo complesso assorbe l’8,8% del Pil e quella del digitale è una strada possibile per migliorare il Sistema Sanitario Nazionale in un quadro di riequilibrio della finanza pubblica. Eppure i progressi sul fronte della Sanità Digitale sono ancora troppo lenti, in assoluto e se si considera l’enfasi sul tema posta dall’Agenda Digitale Italiana a fine 2012 e gli impegni ripresi nel Patto per la Salute 2014-2016, sottoscritto dalla Conferenza Stato-Regioni e inserito a pieno titolo nel Piano di Crescita Digitale.
Nel Patto per la Salute è incluso il Patto per la Sanità Digitale: un accordo tra Governo e Regioni che traccia le strategie per i modelli di riferimento, gli strumenti di finanziamento e, naturalmente, le priorità realizzative: Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), digitalizzazione delle prescrizioni, dematerializzazione dei referti e delle cartelle cliniche, traslazione al digitale delle prenotazioni delle prestazioni e dei relativi pagamenti.
Per ogni linea di intervento sono state avviate e sono in corso diverse attività. Tuttavia sarà necessario un quadro unificante e sinergico, e non solo a livello nazionale, visto il lascito delle tante sperimentazioni del passato. E la conseguenza è che l’innovazione digitale nella Sanità appare realizzata per la maggior parte in maniera sporadica e parziale. In questo conta molto anche la tempistica con cui agli annunci sono seguiti e seguono le disposizioni operative.
Non è un caso che ci siano solo 5 regioni in fase avanzata di sviluppo dell’FSE ma che, in questo contesto, sembrano quasi aver giocato d’anticipo: gli ultimi regolamenti sono stati pubblicati a novembre 2015. Per le prescrizioni mediche elettroniche, la situazione è simile, e non è proprio rassicurante, visto che il termine previsto per unica completa implementazione è il 2016. E anche il passo verso la cartella clinica elettronica e le prenotazioni/pagamenti on line lascia più di qualche dubbio sul fatto che tutte le regioni e le ASL giungano puntuali alle scadenze previste (rispettivamente 2016 e 2017). Ad esempio a maggio 2015 solo il 50% delle ASL consentiva la prenotazione online e solo il 24% i pagamenti on line.
Sicuramente nel frattempo quelle percentuali di implementazione sono migliorate, ma resta l’idea che il passo non sia quello che serve. E questa idea viene dal alcune evidenze, che sarebbe bene prendere in conto. Evidenze che non riguardano gli indirizzi, che sono esclusiva delle Istituzioni, ma aspetti ICT che condizionano il perseguimento di quegli indirizzi e sui quali Assinform può dire la sua.
La prima riguarda i trend di spesa. Alcune fonti hanno rilevato una ripresa della spesa digitale nella Sanità, pubblica e privata, già nel 2014. Questo non risulta dalle rilevazioni Assinform, secondo le quali nel 2014, si è registrata una spesa di circa 1414 milioni, in calo del 2,2% rispetto al 2013. E questa dinamica non è certo ininfluente sui ritardi indicati. Per recuperare bisognerebbe riallineare le capacità di spesa agli obiettivi del Patto. E se è vero che già un primo effetto del Patto e dei finanziamenti ad esso riconducibili si vede nel contenimento del trend negativo, è ancora più vero che probabilmente ci vorrebbe uno stimolo più consistente.
Un secondo motivo, sempre senza mettere in discussione in alcun modo il quadro tacciato dal Patto per la Sanità Digitale, riguarda la qualità attuale della spesa. In ambito pubblico, ambito che assorbe tre quarti della spesa digitale, la situazione è di gran lunga migliore di quella di tanti altri settori della PA: la ripartizione vede infatti la componente operativa non superare il 56% e quella in conto capitale attestarsi al 44%. Per contro è ancora troppo rilevante la componente di servizio riguardante le attività on site di sviluppo e manutenzione sul parco applicativo legacy, che tende ancora a sottrarre risorse utili alla migrazione verso soluzioni nuove, più efficienti e standardizzate. I progressi compiuti in ambito software e soluzioni e per le componenti relative alla gestione documentale ed al datawarehousing e altro ancora sono un fatto, lo è però anche che esse sembrano inserite in un contesto che in cui appare troppo lenta l’evoluzione al cloud. Evoluzione che dovrebbe pur esserci visto che, sempre in ambito pubblico, si prevede comunque di passare dagli attuali 9500 server a non più di 3000-3500 ed ulteriori razionalizzazioni potranno essere conseguite a livello di data center.
Tutti concordano che mai come ora conviene guardare alle prospettive offerte dal cloud. Tuttavia, il tema del cloud è ad oggi ancora limitato all’adozione di sistemi di posta elettronica e di produttività; e tende anche a prevalere quanto è più proprio della virtualizzazione dell’hardware che dell’intera fruizione dell’IT in modo nuovo. Non riguarda ancora architetture estese e capaci di creare i presupposti per un’integrazione funzionale nativa e condivisa delle applicazioni e dei dati, che è poi la base su cui innestare la gran parte delle innovazioni contemplate nel Patto. Perché ciò avvenga è necessario forzare le tappe verso la standardizzazione dei processi clinici e ospedalieri e quindi verso una reingegnerizzazione che cancelli la cogenza di tenere quello che c’è. E qui è d’obbligo confrontarsi su come ciò possa avvenire.
Il cloud sollecita una riflessione a più ampio spettro sul modello futuro di fruizione dei servizi ICT e sulle condizioni di successo dell’innovazione digitale nella Sanità. E sollecita anche azione. Il cloud non è un generico fattore di integrazione, ma è l’abilitatore più potente di quanto si vuole perseguire. Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), digitalizzazione delle prescrizioni, dematerializzazione dei referti e delle cartelle cliniche, digitalizzazione di prenotazioni e dei pagamenti e sviluppo della Telemedicina sono tutte realtà basate sul dato. Se basate su funzionalità in cloud e standardizzate anche sotto il profilo sistemistico permetterebbero di risolvere ab-origine i problemi di interoperabilità fra sistemi e, soprattutto, di implementazione della Sanità Digitale in tutte le regioni, perché più facilmente replicabili.