Il paradigma “sharing economy” alle porte della PA italiana
10 Dicembre 2015
Chiara Buongiovanni
Solo due anni fa la sharing economy e la pubblica amministrazione non sembravano avere molto da dirsi, se non per l’enunciazione di principi più o meno riconducibili all’art. 118 della Costituzione (sussidiarietà orizzontale) da un lato e per la gestione delle prime “emergenze da uberizzazione” dei servizi dall’altro.
In questo tempo, con lo sviluppo ulteriore delle piattaforme e con il conseguente aumento di offerta e soluzioni, sono senza dubbio esplose le “emergenze“,
forzando il legislatore ad avviare confronti e lavori orientati alla
regolazione o quantomeno all’armonizzazione degli interessi, ma al tempo stesso sono emerse con più evidenza le opportunità.
Così il nuovo paradigma – caratterizzato da
dinamiche di condivisione e/o
di collaborazione e da piattaforme abilitanti – sta (lentamente) avanzando lungo gli
impervi sentieri culturali e organizzativi della PA italiana, pur essendo
lontano dal penetrarla e definitivamente hackerarla.
In termini di governance e riorganizzazione dei processi, come
più volte sottolineato e celebrato,
le sperimentazioni più interessanti provengono
al momento dal territorio e dalle città. Ma un dibattito e un timido interesse iniziano a circolare anche in riferimento alla PA centrale (si pensi, per dirne una, all’introduzione delle dinamiche del lavoro agile).
Per saper individuare le potenzialità del paradigma sharing, in riferimento a un sistema complesso e (possiamo dircelo) complicato come quello dell’amministrazione pubblica, probabilmente bisogna innanzitutto comprendere la portata e la natura dell’innovazione sottostante. Per comprenderla bisognerà avere gli occhi ben aperti su soluzioni, esperienze e dati che provengono dal mercato, come dai sistemi ibridi.
Questo sarà il primo compito always on per tutti: comprendere oltre lo scetticismo e le posizioni consolidate, facendosi aiutare da chi è “più avanti” nella comprensione dei fenomeni e/o nella sperimentazione di modelli e soluzioni, per poi saperne “approfittare” (senza necessariamente perdersi in scenari lontanissimi e irrealizzabili) .
In questa direzione va il lavoro di FPA, svolto in collaborazione con Milano Smart City e una serie di soggetti impegnati come esperti e/o come sperimentatori nelle dinamiche dell’economia collaborativa e rivolto primariamente al legislatore italiano, con un occhio vigile su cosa succede a Bruxelles.
Qui raccogliamo spunti e documenti di lavoro.
Buona lettura e soprattutto buon lavoro!
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