Il percorso di crescita della blockchain: uno sguardo da parte della PA

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Il punto sull’evoluzione della blockchain è stato fatto a FORUM PA 2018, in un convegno dedicato al tema e centrato sull’analisi dello stato dell’arte e sugli interessi specifici di amministrazioni, istituzioni e aziende

13 Giugno 2018

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Luigi Rosati

Il percorso della Blockchain ricorda quello di un attore emergente che diventi immediatamente famoso per l’interpretazione di un personaggio di grande popolarità; gode del vantaggio di avere subito un grande successo ma paga la necessità di svicolarsi da un carattere ingombrate, che rischia di etichettarlo per sempre. Allo stesso modo la tecnologia della blockchain ha avuto l’opportunità di farsi conoscere grazie ai Bitcoin ma, in questo ultimo anno, ha lavorato per costruirsi una sua identità e autorevolezza.

Dobbiamo dire che ce l’ha fatta benissimo, grazie all’enorme interesse di investitori, manager, esperti e tecnici che hanno trovato in questa tecnologia la possibilità di sviluppare soluzioni dedicate a tutto ciò che deve confrontarsi con questioni legate al tema del “trust”.

Un punto su questa evoluzione è stato fatto a FORUM PA 2018, in un convegno dedicato al tema e centrato sull’analisi dello stato dell’arte e sugli interessi specifici di amministrazioni, istituzioni e aziende sulla blockchain.

Del resto, come ha ricordato il moderatore Mauro Bellini nella sua introduzione, la PA rimane uno dei settori di maggiore interesse per l’applicazione di questa tecnologia anche se c’è ancora incertezza su quali siano gli ambiti specifici in cui sia più efficace introdurre la blockchain.

Il dibattito, in tal senso, ha fatto emergere alcune osservazioni interessanti. Ad esempio Stefano Quintarelli ha posto in evidenza i contesti in cui ci siano da gestire parti in conflitto; un esempio efficace è stato quello delle contestazioni sulle cosiddette “KO ADSL”. Tali contenziosi tra operatori di telefonia, sotto il presidio delle autorità di controllo e gestione, potrebbero essere supportate da sistemi di registrazione condivisi basati su blockchain; in questo modo le registrazioni e le transazioni sarebbero “blindate” e renderebbe più semplice e trasparente – anche per gli utenti – la risoluzione delle contestazioni.

Un altro esempio, certamente qualificato, è stato proposto da Sabrina Chibbaro, in rappresentanza del Notariato e membro del CdA di Notartel, che ha posto l’attenzione sui registri poco efficienti, in particolare quelli che implicano registrazioni a livello internazionale, quindi con spazi di discrezionalità che minano le garanzie e la fiducia tra le parti. Un caso esemplare potrebbe essere quello di un registro unico per navi e imbarcazioni che a tutt’oggi non esiste in forma unica.

Sullo stesso tipo di criticità – le transazioni internazionali – è la proposta di Daniele Tumietto che pensa ad un sistema di fatturazione elettronica transfrontaliera.

Qualcuno è già andato avanti, come ACI Informatica che ha presentato il fascicolo digitale dell’automobile (introdotto direttamente dal DG, Mauro Minenna), sviluppato proprio su tecnologia blockchain.

Un altro esempio applicativo interessante ci viene da un settore sicuramente lontano dalla nostra immaginazione (abituata ad associare la blockchain al fintech), ovvero quello agroalimentare. Invece proprio l’esigenza di avere dati sicuri e non modificabili sulla tracciabilità dei prodotti, rende questa tecnologia molto interessante per questo settore. Non a caso il professor Paolo Menesatti del CREA, ha presentato un esempio applicativo sviluppato con Microsoft.

Dagli esempi si è passato anche all’analisi delle assunzioni che incidono nello sviluppo e nell’affermazione della blockchain, sul mercato e – in particolare – nella PA. Sicuramente uno dei punti su cui ci si trova d’accordo è che la blockchain è una tecnologia molto efficace ma non per tutto. In alcuni casi sono necessarie altre soluzioni e approcci, ad esempio in tutti quei casi in cui gli oggetti da presidiare mutino nel tempo, come è il caso degli IPR. Detto questo, la PA dovrebbe attivarsi per supportare l’introduzione e lo sviluppo di questa tecnologia, per le sue implicazioni tecnico-organizzative ma anche per quelle normative e culturali. In questo senso, è stato sottolineato come l’Italia debba impegnarsi di più sui tavoli di confronto dedicati alla standardizzazione che rappresenta uno dei punti cruciali per uno sviluppo coerente e omogeno della blockchain come tecnologia abilitante, specie in ambito pubblico. E un impegno analogo va fatto nella partecipazione alla definizione e costruzione di layer infrastrutturali che consentano uno sviluppo efficace e coerente, in ambito PA.

Non da ultimo emerge il tema – peraltro trasversale – delle competenze; con il consolidarsi dei modelli e delle prassi si evidenzia sempre più anche l’esigenza di professionalità, di conoscenze e capacità tecniche e organizzative, in questo campo. La presenza al convegno di associazioni come ABIE e BlockchainEdu testimoniano questo percorso oltre a dare voce alle istanze di formazione e riconoscimento delle competenze specifiche.

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