Il potenziale del Dibattito Pubblico a FORUMPA17
Dalla Loi Barnier al Nuovo Codice Appalti: come cambiano gli obblighi e i limiti del Dibattito Pubblico secondo le nuove disposizioni vigenti? Ci troviamo davanti a una vera e propria innovazione a livello nazionale, almeno teorico, che vede i cittadini (non solo) chiamati alla consultazione, ma anche e soprattutto a una partecipazione attiva al processo di produzione delle decisioni impattanti sul territorio. Ne abbiamo parlato oggi a #ForumPA17
24 Maggio 2017
Marina Bassi
La Manifestazione Forum PA 2017 ha ospitato oggi il convegno Il Dibattito Pubblico: opportunità e responsabilità per le P.A. La grande novità delle amministrazioni nazionali e locali riguarda i meccanismi di partecipazione delle comunità e dei portatori di interesse legittimo alla definizione delle grandi Opere Pubbliche.
Sul punto, il Nuovo Codice Appalti all’Art. 22 prevede oggi, al primo comma, che le «amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblichino, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio, nonché gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse».
Al fine di rafforzare il contenuto, il secondo comma, recentemente modificato dall’Art. 12 del D. Lgs. N.56 del 19 aprile 2017, disciplina che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sono descritti entro un anno dall’entrata in vigore del Codice i criteri di individuazione delle opere in oggetto, perché siano sottoposte obbligatoriamente a dibattito pubblico[1]. Sul punto, dall’ultimo aggiornamento sui provvedimenti attuativi – 5 aprile 2017 – apprendiamo che il testo del decreto è ora in via di redazione presso la Presidenza del Consiglio. Oltre alle caratteristiche delle Opere Pubbliche, il decreto dovrà disporre le modalità di svolgimento del dibattito pubblico, nel rispetto della più ampia trasparenza (sia in fase di programmazione, che in quella di progettazione ed esecuzione). Sostanzialmente, si tratterà – da parte dell’amministrazione o dell’ente proponente l’iniziativa – di convocare una conferenza con Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Enti Locali interessati, stakeholders (compresi comitati cittadini che hanno espresso suggerimenti o commenti agli EELL).
Ci troviamo davanti a una vera e propria innovazione a livello nazionale, almeno teorico, che vede i cittadini (non solo) chiamati alla consultazione, ma anche e soprattutto a una partecipazione attiva al processo di produzione delle decisioni impattanti sul territorio. Un primo tentativo di inclusione di questo tipo è stato concepito a livello regionale, da Regione Toscana, che con la legge n. 46/2013 ha disciplinato in 32 articoli i temi del dibattito pubblico regionale e promozione della partecipazione all’elaborazione delle politiche regionali e locali. Riprendendo una precedente norma del 2007, la legge ha esplicitato l’intenzione di rendere prioritari gli effetti dell’allargamento dell’inclusione all’interno dei processi decisionali, moltiplicatori degli effetti positivi di governance territoriale[2]. Entrando nel merito delle Opere, la norma ha poi elencato quali fossero le attività soggette a dibattito pubblico obbligatorio: Opere Pubbliche di importo superiore a 50.000.000 €; salvo eccezioni previste per legge, piani regionali di previsione localizzativa relativa alle Opere Pubbliche nazionali; Opere di iniziativa privata di importo superiore a 50.000.000 € (in questo caso, l’iniziativa è sottoposta a dibattito pubblico regionale dopo una valutazione dell’Autorità regionale[3]; tutte le Opere di importo superiore a 10.000.000 €, a discrezione della libera iniziativa dell’Autorità o su richiesta dei portatori di interesse; sulle Opere Pubbliche statali, sulle quali può essere promosso dibattito pubblico a livello regionale, salvo eccezioni.
Dal punto di vista della concertazione degli interessi tra Regione e EELL, è il caso di sottolineare poi il Protocollo di Intesa Regione Toscana – EELL sul Dibattito pubblico regionale e promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali, previsto dalla legge regionale n. 46/2013 e approvato dalla Giunta Regionale con delibera n. 628 del 28 luglio 2014.
La best practice motrice, però, viene dalla Francia, e nello specifico dalla legge n. 95-101 del 2 febbraio 1995 – cosiddetta Loi Barnier, Ministro dell’Ambiente in carica in quegli anni. La legge pioneristica francese è stata la prima ad ammettere che, per grandi progetti infrastrutturali, dovesse essere previsto dibattito pubblico obbligatorio, ancor prima degli studi di impatto ambientale collegati alle Opere. Sul punto, la legge ha previsto, all’Art. 2, un organo ad hoc preposto all’ideazione e alla gestione del débat public: si tratta dell’Autorità Amministrativa Indipendente Commission Nationale du Débat Public (da qui in poi, CNDP)[4]. La Commissione si pronuncia sulla possibilità di sottoporre grandi progetti infrastrutturali a dibattito pubblico. È composta da parlamentari ed eletti locali, membri del consiglio di Stato, della corte dei Conti e della corte di Cassazione, rappresentanti di associazioni a tutela dell’ambiente, e designa per ogni progetto una specifica sotto-commissione, su richiesta dei soggetti indicati dalla legge[5]. Entro quattro mesi dall’apertura alla concertazione, la Commissione redige e pubblica un bilancio che rende conto di come si è svolta la partecipazione e soprattutto dei principali risultati: le posizioni, i punti di vista e gli argomenti di tutti i partecipanti.
La Commissione opera seguendo diversi valori e principi, dei quali il principio di trasparenza, principio di argomentazione, e principio di equivalenza di trattamento ci sembrano particolarmente rilevanti in maniera trasversale a ogni procedura. Come spiegato da Ilaria Casillo, Vice-Presidente CNDP e professore associato all’Università Paris Est, perché il débat sia efficace, è necessario che tutti ne abbiano accesso, nella maniera più equa e democratica (equità di trattamento). Chiaramente, se è vero che ciascuno può condividere un’opinione, condizione necessaria e sufficiente a renderla valevole è l’argomentazione, responsabilizzando chi interviene, che si trova a dover motivare la propria posizione. Da ultimo, la trasparenza con cui il dibattito ha luogo è fondamentale per la buona riuscita dell’iniziativa. Compito della Commissione è quindi quello di mettere tutti davanti a informazioni complete e chiare, e questo attiene non solo all’accesso ai documenti, ma anche a una facilitazione dei contenuti, che devono essere fruibili anche per i «non addetti» ai lavori.
Un’importante novità che riguarda la Commissione è data dal recentissimo Decreto n. 2017-626, 25/04, che ne modifica e amplia le competenze. Fino al 25 aprile, infatti, i dibattiti pubblici potevano avere ad oggetto iniziative già in fase di progettazione. Adesso anche i piani strutturali a livello nazionale e territoriale sono soggetti a dibattito pubblico. Dalla messa in discussione delle modalità di implementazione territoriale delle politiche ambientali, adesso si passa alla messa in discussione dell’intera politica di aménagement des territoires. È chiaro, e Casillo conferma, che più si va verso il vertice, più è difficile mobilitare l’iniziativa dal basso (notoriamente l’idea di partecipazione è più forte nelle realtà più piccole). Ma da un punto di vista metodologico, questa novità è sicuramente degna di nota.
A conclusione dell’analisi dell’esperienza prima francese, poi toscana, ci si chiede se il famoso Art. 22 sia stato influenzato dalle buone pratiche descritte. Nonostante la grande quantità di materiale a disposizione, però, pare che ci sia stata poca se non nessuna condivisione delle realtà esistenti. Casillo nota alcuni aspetti molto positivi nell’esperienza toscana – ad esempio – che sarebbe stato utile riportare nella normativa nazionale, come la possibilità almeno lo 0,50 per cento dei cittadini, degli stranieri o degli apolidi che hanno compiuto sedici anni, regolarmente residenti nella Regione, anche su iniziativa di associazioni e comitati[6] di richiedere l’apertura a dibattito pubblico. A questo proposito, una concertazione sarebbe stata il punto di partenza ideale per il successo dell’iniziativa.
[1] Nell’ordinamento italiano, da intendersi come strumento di partecipazione dei portatori di interessi ai processi decisionali riguardanti le Opere Pubbliche nelle fasi preliminari all’elaborazione del progetto (Progetto di fattibilità).
[2] Considerata 5 – Tra le finalità generali enunciate dalla l.r. 69/2007 vanno riconfermate, in particolare, quella di promuovere forme e strumenti di partecipazione democratica per garantire e rendere effettivo il diritto di partecipazione alla elaborazione ed alla formazione delle politiche regionali e locali; quella di un rafforzamento della qualità della democrazia e dei suoi processi decisionali, attraverso la valorizzazione di modelli innovativi di democrazia partecipativa e di democrazia deliberativa; quella della diffusione e della concreta realizzazione e sperimentazione di nuove pratiche ed esperienze di coinvolgimento dei cittadini nella costruzione delle scelte pubbliche e delle decisioni collettive.
[3] L’Autorità regionale per la garanzia e la promozione della partecipazione è un’Autorità Amministrativa Indipendente istituita dalla suddetta legge territoriale, al Cap. I, Sez. II, Art. 3.
[4] https://www.debatpublic.fr/
[5] Almeno 20 senatori o deputati; Consigli regionali su cui pende l’iniziativa; Ministri da cui dipende il progetto; Ministro dell’ambiente; Ministro per il territorio e per le collettività territoriali (nel caso in cui si tratti di progetti impattanti sul territorio).
[6] Art. 8, comma 1.b, l. regionale 69/2007.