Innovazione tecnologica: perché la spinta arriva dai territori?
Questa domanda è nata sulla scia dell’editoriale della scorsa settimana, in cui si assegnava alle realtà territoriali il ruolo di protagoniste dell’innovazione tecnologica all’interno della PA italiana. In quest’ottica, i sistemi regionali erano identificati non solo come dimensione ideale in cui realizzare progetti innovativi, ma anche come i soggetti in grado, poi, di trasformarli in Progetti Paese, partendo dalla logica della cooperazione.
19 Novembre 2008
Questa domanda è nata sulla scia dell’editoriale della scorsa settimana, in cui si assegnava alle realtà territoriali il ruolo di protagoniste dell’innovazione tecnologica all’interno della PA italiana. In quest’ottica, i sistemi regionali erano identificati non solo come dimensione ideale in cui realizzare progetti innovativi, ma anche come i soggetti in grado, poi, di trasformarli in Progetti Paese, partendo dalla logica della cooperazione.
Prendendo spunto, quindi, da queste riflessioni e dall’incontro (citato proprio all’interno dell’editoriale), che si è tenuto il 5 e 6 novembre scorsi a Sestri Levante per fare il punto sui progetti strategici interregionali, abbiamo chiesto a Lucia Pasetti, Dirigente del Settore Sistemi Informativi e Telematici della Regione Liguria, da cosa nasce questa capacità di progettazione e di coesione e, soprattutto, da dove arriva questa nuova consapevolezza del ruolo di Regioni ed Enti territoriali all’interno del processo di innovazione tecnologica nazionale.
“Quella regionale è la dimensione ottimale per poter sviluppare progetti in cui si richiedono da una parte le infrastrutture tecnologiche, dall’altra una governance operativa con un forte raccordo tra le Regioni e gli Enti locali”, ci dice Lucia Pasetti, precisando come questo raccordo sia un presupposto necessario affinché il territorio venga pienamente coinvolto in progetti che riguardano, per i diversi livelli e competenze istituzionali, la Regione, le Province e gli enti locali. La Regione assume, quindi, un ruolo forte di coordinamento, vista la disponibilità di infrastrutture tecnologiche (reti, cooperazione applicativa, interoperabilità, accessibilità) e l’opportunità di interfacciarsi con gli altri soggetti istituzionali a livello di sistema Paese.
“Le azioni, se concordate, hanno maggiore forza e minori tempi di realizzazione – sottolinea Lucia Pasetti –. L’esperienza che stiamo maturando a livello interregionale ci dice che insieme è più facile organizzare e attivare progetti innovativi, in particolare sfruttando le eccellenze che stanno maturando sui territori e, quindi, schierando le migliori risorse professionali che ciascuna amministrazione ha a disposizione. L’altra questione, che non è affatto marginale, è il contenimento dei costi, vista la condivisione tra le amministrazioni delle spese necessarie sia per l’investimento che per la gestione dei progetti”.
Si tratta, quindi, di sperimentare anche in realtà diverse, ma con un’unica progettazione condivisa. In questo modo si può arrivare in tempi brevi a coprire l’intero territorio nazionale, naturalmente senza dimenticare il dovuto raccordo con i diversi soggetti, anche a livello centrale, in base alle competenze e alle specificità (ad esempio i Ministeri o gli organi tecnici, come il CNIPA).
Rispetto a una progettazione che parte dal centro per poi estendersi alle realtà territoriali, qui le parole d’ordine sono interoperabilità e cooperazione applicativa tra le pubbliche amministrazioni dei diversi livelli.
“Direi che il progetto che ha maggiormente rappresentato questa innovazione è il progetto ICAR e, oggi, ICAR-Plus – sottolinea Lucia Pasetti –. Il progetto, che si interfaccia a livello regionale con gli enti locali, ha costituito anche un elemento di raccordo con il livello centrale, in particolare con il CNIPA, nella logica del sistema pubblico di connettività. Con il progetto di prosecuzione di ICAR si sono associate anche quelle Regioni che in un primo tempo non avevano aderito, arrivando così alla copertura della quasi totalità del territorio nazionale”.
Questa impostazione porta, inoltre, benefici in termini di professionalità, con la creazione di una comunità qualificata di persone che lavorano nel settore delle tecnologie presso le diverse amministrazioni. Parlando dell’esperienza attuata fino ad oggi, Lucia Pasetti commenta così: “È stata una grande opera di aggiornamento, ma anche una grande opera di messa a disposizione del know-how da parte delle diverse strutture regionali e delle province autonome. Una bella comunità di risorse che ha lavorato in modo unitario anche grazie a una governance ben definita”.
Proprio quello della governance è un altro fattore che viene messo molto in evidenza: “Per il successo di queste modalità di gestione di progetti tecnologici è necessario definire in modo molto dettagliato la governance. Si sono quindi instaurate modalità estremamente innovative: sono state identificate regioni capofila, con responsabilità diretta del progetto, e tutti i partner, definendo quindi un gruppo di lavoro forte e ben identificato; sono stati sperimentati con successo comitati strategici e tavoli tecnici ed è stata identificata la necessità di avere un comitato di valutazione per il monitoraggio dei progetti, nell’ottica del rispetto della pianificazione definita in fase progettuale. Sono state fatte intese a livello politico e strategico, attraverso la sottoscrizione di specifici accordi tra le diverse amministrazioni. Importante è stato anche il ruolo del CISIS (Centro Interregionale per i Sistemi informatici, geografici e statistici) per la creazione di uno staff tecnico centrale, che si occupa del raccordo delle iniziative, della segreteria tecnica, della comunicazione e, nella fase di valutazione, dei riscontri sugli accordi di programma”.
Una strategia, questa della cooperazione a livello interregionale e delle province autonome (passando attraverso l’identificazione delle strutture preposte alla gestione complessiva del progetto), che sembra aver dato buoni risultati e che, nell’incontro di Sestri Levante, è stata indicata come il metodo su cui continuare a lavorare per il consolidamento dei progetti già avviati e per l’avvio di progetti nuovi. Con una consapevolezza: non si possono più disseminare in mille rivoli i finanziamenti per fare una miriade di iniziative fini a se stesse; è invece necessario identificare progetti prioritari, che possano rivelarsi struttura portante per le diverse istituzioni.