Intelligenti e umani: RTD e UTD alla prova della nuova modernità
Il RTD del 2017 non è il RTD di oggi: infatti, quello che sembrava essere un ruolo “temporaneo”, anche se molto denso sulla carta, è gradualmente diventato il potenziale punto nevralgico del cambiamento organizzativo delle nostre amministrazioni
6 Marzo 2025
Cosimo Elefante
Responsabile per la transizione al digitale, Regione Puglia
Morena Ragone
Supporto Giuridico specialistico per la transizione alla modalità digitale – Dipartimento per la Transizione Digitale, Regione Puglia

Foto di Fernand De Canne su Unsplash - Foto di Fernande De Canne su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/persona-in-piedi-con-sfondo-di-illustrazione-rosa-ApfyUz5c5Q0
Questo articolo è tratto dal capitolo “Trasfomazione digitale” dell’Annual Report 2024 di FPA (la pubblicazione è disponibile online gratuitamente, previa registrazione)
Se pensiamo ai ruoli e alle funzioni nelle amministrazioni pubbliche dell’A.D. 2024, non ci sembra esista una figura più centrale del Responsabile per la transizione al digitale (RTD). Eppure, è di recente introduzione: basti pensare che nel 2016, il d.lgs. n. 179 – uno dei tanti, troppi decreti legislativi di ritocco al nostro Codice dell’amministrazione digitale (CAD) – nell’introdurre l’«unico ufficio dirigenziale generale» cui affidare «la transizione alla modalità operativa digitale e i conseguenti processi di riorganizzazione», non menzionava ancora espressamente il RTD, ma individuava il Responsabile di quell’unico Ufficio dirigenziale generale tramite la precisazione delle sue adeguate competenze (tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali) e il diretto collegamento all’organo di vertice politico.
Quel Responsabile – che assorbe le funzioni del responsabile dei sistemi informativi previsto dall’art. 10, comma 2 del d.lgs. n. 39/1993, contestualmente abrogato – ha ora una propria specifica competenza, ossia la «transizione alla modalità operativa digitale e i conseguenti processi di riorganizzazione finalizzati alla realizzazione di un’amministrazione digitale e aperta, di servizi facilmente utilizzabili e di qualità, attraverso una maggiore efficienza ed economicità» e dall’anno successivo, con il d.lgs. n. 217/2017, si chiamerà “Responsabile per la Transizione Digitale”, titolo che viene introdotto espressamente nella rubrica dell’art. 17 dando un nome ad un ruolo che si rivelerà essenziale.
Un ruolo per il RTD
Il Piano Triennale per l’Informatica nella PA, nella sua ultima edizione 2024-2026, rafforza ulteriormente il ruolo di RTD e UTD, che, in un Piano rivisto nella struttura e nel modello, ne costituiscono il cuore, delineando una visione d’insieme che si consolida proprio intorno al soggetto responsabile di governare quei processi e che ha, direttamente o tramite il proprio Ufficio, le competenze su (e per) quei processi.
Di tutte le sfide organizzative presenti nelle tre macro-aree del Piano, infatti, quella dei «processi di organizzazione della Pubblica Amministrazione (PA) e di gestione del cambiamento», ossia l’area sulla quale più direttamente incidono RTD e UTD, diventa il vertice dell’intero modello: prima i processi, dunque, poi le applicazioni e le tecnologie, con un concetto reso finalmente esplicito a beneficio di tutte le PA chiamate a riflettere sempre più spesso su ruoli e funzioni proprio di quel Responsabile, e alle prese con le crescenti e contingenti difficoltà del quotidiano. Nel governo di questo cambiamento, il nuovo Piano ha il pregio di aver esplicitato anche alcune necessità delle nostre PA: il consolidamento e potenziamento degli Uffici per la transizione al digitale (con il nodo sempre aperto delle competenze: quali, quante, di che livello); la definizione dei flussi organizzativi interni e il raccordo tra le strutture della medesima organizzazione (per esempio, l’aspetto sempre critico del rapporto tra il RTD e gli altri dirigenti); la mappatura dei processi dell’ente e il loro ridisegno in chiave digitale; l’integrazione nel PIAO degli obiettivi specifici di digitalizzazione, semplificazione e reingegnerizzazione, a partire dalla mappatura, e, chissà, dello stesso Piano Triennale ICT di ciascuna PA.
In prospettiva, il Piano invita le amministrazioni a ragionare come “ecosistema digitale”, a diventare PA «semplificate, trasparenti, aperte, digitalizzate e con servizi di qualità», a definire schemi organizzativi per il raccordo tra UTD e il resto dell’amministrazione, al di là delle caratteristiche dell’amministrazione e della sua dimensione; dimensione che, però, potrà incidere sulla scelta del modello (singolo, ove la dimensione dell’amministrazione lo consenta; associato, per le PA più piccole e con meno personale specializzato e/o dedicato). Tutto apparentemente facile, in realtà estremamente difficile.
Potenziale o effettivo
Ma il RTD del 2017 non è il RTD di oggi: infatti, quello che sembrava essere un ruolo “temporaneo”, anche se molto denso sulla carta, è gradualmente diventato il potenziale punto nevralgico del cambiamento organizzativo delle nostre amministrazioni, delineandosi di mese in mese, di anno in anno, di provvedimento in provvedimento: non tanto tramite ulteriori modifiche alla norma primaria, ma tramite l’emersione graduale di una nuova idea di PA intorno al RTD. Una PA che può organizzare (o, come da noi in Regione Puglia, riorganizzare) tutto il proprio modello ICT intorno al RTD.
Tra la fine del 2023 e il 2024, infatti, due provvedimenti differenti – la Direttiva sulle “Misure per l’attuazione dell’articolo 50-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”, adottata con decreto del 5 dicembre 2023 dal Sottosegretario Butti, che, all’art. 2, comma 1 chiede a ciascuna amministrazione di individuare strutture di coordinamento esistenti, anche all’interno dell’ufficio del Responsabile per la transizione digitale o di istituire specifiche strutture o gruppi di lavoro cui affidare l’adeguamento ed il coordinamento di ogni altra iniziativa in materia di interoperabilità; la Legge n. 90/2024 “Disposizioni in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici”, che all’art. 8 prevede che le PA interessate dal provvedimento individuino una struttura e un referente per la cybersecurity che «possono essere individuati, rispettivamente, nell’ufficio e nel responsabile per la transizione al digitale […]» – delineano con maggiore dettaglio e uniformità il ruolo che RTD e UTD rivestono all’interno delle amministrazioni.
Senza trascurare il fatto che, sempre da Piano Triennale, il RTD acquisisce competenza diretta anche sull’introduzione di sistemi e strumenti di intelligenza artificiale nella propria amministrazione, per cui sarà necessario, anche in tale caso, dotarsi di competenze specifiche e strutturare un piano di dispiegamento “collaborativo” che, nel caso di un’amministrazione come Regione Puglia, deve considerare anche l’impatto sulle altre PA del territorio; in tal senso, la costituzione di un Centro di Competenza regionale per l’intelligenza artificiale nella Pubblica Amministrazione, voluto dalla nostra Amministrazione anche a tale scopo.
Tutt’altro che temporaneo, quindi: il RTD sembra qui per restare.
Questo accentramento di competenze, estremamente efficace per capacità di armonizzazione e standardizzazione, ha, di contro, prodotto grandissime aspettative che si sono riversate sul RTD, quasi potesse magicamente sbrogliare tutti i nodi esistenti e traghettare le PA verso la nuova modernità fatta di digitale, dematerializzazione, intelligenza artificiale, e, va da sé, efficienza ed efficacia nell’interesse generale. Ed è proprio qui che si apre lo spazio per ulteriori riflessioni.
I nodi
Chi lavora da anni nelle PA sa che i problemi hanno soluzioni che richiedono capitale umano, competenze, tempo, investimenti e volontà, sia politica che amministrativa.
Se è vero che l’iniezione di fondi PNRR sta consentendo l’immissione in ruolo di nuovo personale, favorendo anche il ricambio generazionale, è altrettanto vero che l’introduzione di competenze specialistiche non sempre segue lo stesso processo: l’UTD, in particolare, ha bisogno direttamente di tecnici esperti, giuristi informatici senior, PM qualificati già solo per supportare le attività che la norma assegna all’Ufficio; parallelamente, l’amministrazione ha bisogno di esperti di contratti e gare, RUP e DEC con una preparazione specifica sulle gare ICT.
Ruoli e funzioni, tutti, che molte PA non hanno reclutato dall’esterno, anche perché spesso non direttamente emergenti nella rilevazione dei fabbisogni di personale. Direttamente collegata alla disponibilità attuale di risorse è la previsione a lungo termine dei progetti in corso di realizzazione: quello che succederà quando le PA non potranno più contare sui fondi del PNRR va visto ora, e sempre ora vanno pensate soluzioni alternative adeguate e sostenibili, anche ragionando sulle differenze tra spese operative (OPEX) e spese per investimenti (CAPEX).
Quando gli strumenti possono aiutare
Come UTD di Regione Puglia, abbiamo provato da subito a non sentirci isolati dal contesto, regionale e nazionale e abbiamo scelto di impegnarci a realizzare un modello di rete allargato, costituito da vari “anelli”.
Il primo anello ha visto la costituzione del RTD-diffuso (FPA ha già raccontato del nostro modello), una rete interna che collega i diversi Dipartimenti regionali, tramite referenti dagli stessi indicati, all’UTD. Il RTD-diffuso è nostro interlocutore diretto e parte dei processi di co-costruzione (Piano Triennale di Riorganizzazione Digitale, policy regionali sull’ICT, ecc.).
Il secondo anello ha portato alla creazione della Rete degli RTD delle Agenzie e società in house regionali, con la quale vengono organizzati appuntamenti periodici per condividere risultati e criticità nel processo di transizione digitale, buone prassi organizzative, tecnologiche e procedurali, ma soprattutto co-progettare attività e servizi offrendo la possibilità di una visione comune e di una chiara governance su tutto il territorio regionale.
Il terzo anello ha avviato la definizione della Rete del RTD con gli enti del Sistema Sanitario Regionale (Aziende Ospedaliere, ASL provinciali e IRCSS pubblici) per la collaborazione al processo di transizione al digitale. Il quarto anello ha visto la creazione, come prima comunità territoriale all’interno del progetto ReteDigitale di AgID, della ReteDigitalePuglia, un ambiente virtuale di collaborazione, uno spazio unico in cui incontrare e far confrontare tutti i RTD del territorio pugliese.
Reti che potremmo definire di perimetro, che facilitano un percorso condiviso di crescita e progettualità comuni – come, ad esempio, su due importanti interventi PNRR che vedono la regia del RTD regionale cui è affidata tutta la parte di digitalizzazione della Missione 1 Componente 1, la misura 1.4.2 (accessibilità dei servizi pubblici digitali, in cui Regione Puglia è amministrazione sub-attuatrice pilota), e la misura 1.5 (cybersecurity) e, ultimo ma non meno importante, il progetto di Potenziamento “collaborativo” della CyberSecurity regionale – che la stessa AgID ha promosso a possibile modello per le amministrazioni pubbliche e che Regione Puglia ha voluto promuovere anche presso il Dipartimento della funzione pubblica, proponendolo come impegno trasformativo per la candidatura al Forum per il Governo Aperto di Open Government Partnership Italia (OGP), del quale fa parte per il secondo mandato.
La centralità delle comunità – una rinnovata centralità – è alla stessa base del Piano Triennale, tanto che AgID stessa ha inserito la ReteDigitale, ma anche la previsione di Comunità di Pratica, tra gli strumenti che le PA possono utilizzare, mostrando una profonda comprensione delle difficoltà che le stesse incontrano.
Nella medesima direzione, tra gli strumenti va sicuramente annoverata la Commissione ITD della Conferenza delle Regioni e il ruolo fondamentale delle Comunità Tematiche (CT) al suo interno, capaci di creare sinergie e relazioni su tutto il territorio nazionale, talvolta inaspettate; all’interno della ITD, Regione Puglia è co-coordinatrice della CT “Dati e IA”. A dimostrazione che insieme è sempre meglio.
Una nuova modernità, quindi, che riscopre proprio nel settore apparentemente più asettico (l’ICT) il valore unico della condivisione, della costruzione collaborativa, delle relazioni, degli scambi: una modernità che può, e forse deve, essere nuova negli strumenti, ma restare forte nella proiezione di un settore pubblico che lavora nell’interesse della collettività. Anche tramite RTD e UTD.