La data governance per l’ecosistema digitale della PA
La disponibilità di una enorme quantità di informazioni sui comportamenti dei cittadini è destinata a cambiare non solo il modo di produrre e offrire beni e servizi ma anche il modo di amministrare e governare. “Il decentramento cambia la scala della governance, i dati il modo”: partiamo da una citazione di Parag Khanna, autore di Connectography e de “Il ritorno delle città stato” nel quale il ragionamento della “data driven decision” è portato alle estreme conseguenze
11 Luglio 2018
Daniele Fichera
Per Parag Khanna, autore di Connectography e de “Il ritorno delle città stato” nel quale il ragionamento della “data driven decision” è portato alle estreme conseguenze, “il decentramento cambia la scala della governance, i dati il modo”; l’autore è un sostenitore delle infotecnocrazie, per cui resi noti gli obiettivi dell’azione pubblica, i migliori vanno chiamati a governare, mettendo loro a disposizione flussi continui di un’enorme quantità di dati, che consentono non solo di prendere le decisioni migliori, ma anche di correggere le decisioni sbagliate. La sua società ideale è la città stato di Singapore gestita da un’élite dirigente selezionata che utilizza le informazioni fornitegli dalle più avanzate implementazioni delle tecnologie smart e di sensorizzazione.
L’idea del “governo dei migliori” non è nuova ed oggi si sposa con l’enorme disponibilità di dati rendendola non solo praticabile, ma anche “autocorreggibile”, perché i dati possono essere usati non solo per prendere le decisioni ma anche per controllare se le decisioni funzionano e se serve correggerle. Questa versione estrema del meccanismo della data driven decision ci consente di guardare ai problemi che dobbiamo affrontare avendo un occhio critico, di focalizzare gli aspetti di governance di questo meccanismo.
La disponibilità di una enorme quantità di informazione sui comportamenti dei cittadini è, dunque, destinata a cambiare, non solo il modo di produrre e offrire beni e servizi (e questo sta già succedendo), ma anche il modo di amministrare e governare. La sensorizzazione, la diffiusione delle IoT, è una trasformazione carica di una potenzialità contraddittorie: da una parte aumenta enormemente la possibilità di soddisfare in modo efficiente i bisogni dei cittadini, dall’altra aumenta anche la possibilità di indirizzarli e controllarli. E quindi pone un problema.
Quali sono le caratteristiche della trasformazione oggi in corso che possono essere considerate analoghe come impatto alla digitalizzazione di 20 anni fa?
Possiamo individuare quattro livelli: il primo livello è quello dell’implementazione nell’ambito del territorio di infrastrutture di comunicazione che consentono il passaggio di flussi enormi dei dati, sostanzialmente infiniti rispetto alle necessità presenti (e questo è un processo largamente in corso).
Su queste reti (e questo è invece un processo nuovo di secondo livello) si innestano e si innesteranno sempre più i sistemi di sensori intelligenti delle tecnologie IoT, da qui l’uso dell’espressione sensorizzazione.
Un esempio riguarda la “sensorizzazione” dell’illuminazione pubblica: trent’anni fa il problema delle amministrazioni era in quali strade mettere i lampioni e come manutenerli (per altro era un tema politicamente molto sensibile), che adesso non si esaurisce più in questo. La sensoristica consente di regolare il flusso luminoso in base ad alcune variabili: alcune sono “nitide” e “tecniche”, ad esempio il grado di luminosità per cui si accende quando serve in termini di “luminosità” è un fatto gestionale (con tutta la regolamentazione che questo comporta); altre variabili sono meno banali, si accende quando serve in termini di “frequentazione” di quella strada, la scelta in questo caso non è solo tecnico-gestionale ma è anche un fatto politico. In una zona abitata accendere la luce solo quando passa un veicolo significa tenere al buio altre zone e quindi creare problemi di sicurezza e vivibilità. Siamo a un primo problema di governo.
Poiché questo sistema di sensori è interconnesso e consente di far fluire i dati che recepisce a monte del sistema di sensori vanno organizzate applicazioni per trattare queste informazioni. Nemmeno le applicazioni sono neutre, nascono da modelli interpretativi dei dati che il gestore del servizio e le amministrazioni devono definire. E anche a questo livello abbiamo un terzo problema di governance.
Infine si pone la questione del possesso e della disponibilità dell’output di tutto questo processo. Di chi è? È del gestore del servizio che lo usa per razionalizzarlo e renderlo più efficiente? È dell’amministrazione che lo usa per valutare e orientare le sue politiche? È dei cittadini ai quali deve essere ritrasmesso il risultato perché lo possano valutare? E in che misura? Ecco il quarto livello di problema di governance di questi processi.
Dal primo punto di vista, quello delle infrastrutture, oggi abbiamo ancora un problema di squilibri territoriali; però il processo di convergenza è sostanzialmente in corso. Considerando il primo dei due indicatori fondamentali, la quota di unità immobiliari coperte da banda larga, il Piano dovrebbe portarci nel 2020 all’omogeneità del territorio nazionale, tuttavia ancora oggi abbiamo tra i comuni capoluogo una sessantina che sono coperti all’80% e una ventina con copertura inferiore al 60%. Secondo indicatore di sintesi è costituito dalla frequenza dei punti di accesso gratuiti del Wi-Fi rispetto agli abitanti presenti: anche in questo caso si ravvisano degli squilibri tra le città; peraltro, mentre sulla banda larga e ultralarga c’è un piano nazionale, qui ci sono iniziative diffuse che utilizzano anche bandi europei, ma tendenzialmente anche in questo ambito dovremmo arrivare, nell’arco di qualche anno, a una certa uniformità.
Dal secondo punto di vista, quello dell’implementazione dei sensori sulle reti, si possono individuare tre tipologie di ambiti investiti da questi processi: le reti funzionali e il loro efficientamento e buon funzionamento; i monitoraggi dell’ecosistema urbano e, infine, gli ambiti delle interazioni sociali.
Le reti funzionali sono tutte le reti sensorizzate che potranno essere attivate nelle nostre città e rispetto alle quali sarà possibile costruire meccanismi di monitoraggio e gestione attraverso applicazioni e sistemi; questo processo riguarda le energie, l’intero ciclo dell’acqua, l’illuminazione pubblica, il trasporto pubblico. Poi abbiamo gli ambiti di sensorizzazione che non sono reti in senso stretto, ma sono di monitoraggio dell’ecosistema urbano, pensiamo alla raccolta dei rifiuti, al traffico, alla sicurezza (la rete delle videocamere), al monitoraggio della qualità dell’aria, al monitoraggio del rumore. Il dispiegarsi di reti di comunicazione e sistemi di rilevazione è destinato ad incidere anche sulle interazioni sociali, sulle relazioni di lavoro e sul modo di effettuare i consumi, sull’ accesso ai servizi, compresi quelli pubblici (sanitari ed altri), nonché sull’informazione e sulla partecipazione, cioè sulla relazione tra cittadini e amministrazioni.
I passaggi di gestione, molto chiari nel caso delle reti funzionali, ma applicabili anche agli altri ambiti, sono fondamentalmente tre:
- L’acquisizione dei dati tramite sensori e la trasmissione tramite reti (il sensore può essere quello del lampione a led, quello del cassonetto della spazzatura, quello installato sull’autobus che mi dice quante persone stanno salendo e così via).
- La costruzione di applicazioni basate su modelli interpretativi e definizione degli obiettivi che consentano di usare questi dati.
- La definizione dell’output di questi modelli che è un output di informazione per decisori e utenti, ma anche un output di decisione automatica se vengono costruiti degli algoritmi che non mi richiedono di decidere caso per caso, ma mi attivano automaticamente una risposta e una reazione.
Per far questo devono essere stabiliti gli obiettivi di ciascuna di queste piattaforme, devono essere stabilite le architetture di riferimento e le interazioni tra le diverse piattaforme (la possibilità eventuale di interscambio di dati tra le piattaforme che intervengono nei diversi ambiti).
Inoltre c’è la questione della standardizzazione degli strumenti e delle metodologie. Abbiamo chi su questo ha lavorato moltissimo, uno degli esempi più importanti è quello della seconda generazione di smart meter per l’energia elettrica su cui l’ARERA -Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente – penso possa testimoniare l’impegno che ci è voluto per arrivare a definire parametri e metodologie standardizzate per uno strumento di sensorizzazione, e di scambio di dati.
Infine quali sono i soggetti attivi in questi processi decisionali?
- Innanzitutto chi le reti e i sensori li implementa e quindi fondamentalmente i gestori di servizi, che in una logica di governance vanno considerati delle soggettività di carattere privatistico, qualunque ne sia la proprietà, perché sono tendenzialmente delle società, ma anche degli attori territoriali coinvolgibili in processi di carattere più ampio.
- Le amministrazioni locali, che ovviamente sono i soggetti che rispondono di fronte ai cittadini del dipanarsi di tutto questo processo.
- Le amministrazioni centrali, che definiscono norme, regole e comportamenti e che possono formulare indirizzi e sostenere, anche economicamente, la trasformazione.
- Infine i cittadini, gli operatori economici e gli operatori sociali che interagiscono e interagiranno con l’implementazione delle reti e dei sistemi di sensori.
Riassumendo i temi considerati: abbiamo in primo luogo delle problematiche strutturali che sono la programmazione di interventi e il finanziamento degli investimenti in ciascuno di questi ambiti. Tornando all’esempio dell’illuminazione pubblica, siccome le lampade a led illuminano meglio, consumano di meno e durano di più, l’ amministrazione può decidere di investire per sostituire il sistema a incandescenza con i punti luce a LED e farlo attraverso operazioni che chiamano all’investimento il soggetto realizzatore; deve, però, affrontare una serie di problemi “politici” già da questa fase (inserire anche l’implementazione dei sensore dedicati, la predisposizione per altri tipi di sensori, il sistema di connessioni, etc.).
Un secondo gruppo di problematiche riguarda le questioni che potremmo definire “gestionali”, cioè la definizione degli obiettivi a cui ogni piattaforma deve essere finalizzata e l’integrazione che ci può essere tra le diverse piattaforme e il nodo politico, cioè chi possiede, chi governa, chi gestisce, chi può usufruire dei dati che in questo modo si creano. I gestori di servizi? L’amministrazione pubblica? Possono essere venduti?
Di queste cose abbiamo riflettuto durante FORUM PA e sono emerse tre questioni importanti:
- La prima è che tutto questo processo senza la diffusione di una cultura digitale presso i cittadini rischia di sballare. Senza un’attività di informazione e formazione quanti di noi saranno in grado di utilizzare al meglio, dal punto di vista utente, gli smart meter di seconda generazione per l’energia elettrica?
- La seconda questione emersa nel confronto tra gli amministratori a FORUM PA è che ci vuole un rafforzamento delle capacità delle amministrazioni locali di gestire questo processo in termini di capacità e competenze. Si tratta di un fronte in larga misura nuovo in cui ovviamente il grosso delle competenze è depositato presso i gestori di servizi perché è il loro core business, quindi è chiaro che acquisiscono le professionalità migliori e hanno modo di specializzarle. Ma qualunque sia la formula di affidamento una dialettica tra amministrazione pubblica e gestori di servizi ci deve essere; come si fa ad attrezzare l’amministrazione pubblica – in particolare quella locale – ad avere il livello di competenza sufficiente per confrontarsi con i soggetti gestori?
- Infine il terzo tema emerso è l’auspicabile, un livello centrale di riferimento anche sul tema dell’IoT nei dei servizi pubblici. Come c’è stato di fatto un livello centrale di riferimento sulla digitalizzazione – che ha aiutato le amministrazioni, ha dato degli indirizzi, ha fornito dei supporti metodologici per i processi di trasformazione digitale dell’attività amministrativa – , un meccanismo analogo andrebbe messo in piedi dal punto di vista dei processi di sensorizzazione, di utilizzo e diffusione dei dati.