La PA che crea valore: basta documenti, usiamo i dati

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Una volta che la PA diventa orientata al dato più che al documento sarà possibile utilizzare questa conoscenza per orientare le scelte della PA verso una prospettiva di sviluppo equo e sostenibile

9 Maggio 2019

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Andrea Buttol

Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia

Photo by Franki Chamaki on Unsplash - https://images.unsplash.com/photo-1527474305487-b87b222841cc?ixlib=rb-1.2.1&ixid=eyJhcHBfaWQiOjEyMDd9&auto=format&fit=crop&w=967&q=80

Oggi, nel 2019, il valore pubblico, a mio avviso, si crea puntando sul valore del dato. Le azioni (di semplificazione) della PA, in tutti i settori, dovrebbero puntare a espungere dal sistema di regole (burocrazia) tutti i riferimenti a moduli, modelli pseudo-cartacei, layout a favore del mero significato del dato. Questo nell’ottica di non raccogliere documenti (il tipico pdf-a) all’interno degli archivi della PA ma direttamente i dati, strutturati secondo una semantica condivisa a livello paese e, perché no, anche europeo.

Definire la vision di lungo periodo

Per realizzare questo non è possibile pensare di continuare a creare le decine di gruppi di lavoro frastagliati, per i vari settori, che analizzano sostanzialmente le stesse problematiche (sono sempre i soliti silos), tipicamente composti da “volontari” della PA costretti a lavorarci nei ritagli di tempo e “senza oneri aggiunti per la spesa pubblica” (in questo modo, anche i più volenterosi, non possono che contribuire in maniera frettolosa e poco attenta, sicuramente non dedicata). Dovrebbe essere strutturata un’azione nazionale (sotto forma di grande progetto per la standardizzazione, l’archiviazione e la gestione dei dati master della PA basato sull’interoperabilità dei sistemi) dove, in primis, venga definita la vision di lungo periodo con obiettivi, risultati attesi e indicatori di monitoraggio (sia di realizzazione che, soprattutto, di impatto sul territorio).

Orientarsi al dato più che al documento

Solo la semplificazione derivata dal non dover compilare il dato da una parte e firmare e conservare un pdf dall’altra sarebbe un valore aggiunto per tutti. Una volta che la PA diventa orientata al dato più che al documento sarà possibile utilizzare questa conoscenza per orientare le scelte della PA verso una prospettiva di sviluppo equo e sostenibile (sto parlando di data mining, algoritmi intelligenti, ecc.).

Ad esempio, nel contesto del procurement pubblico, richiedendo criteri ambientali nei bandi avendo la capacità di monitorare nel tempo l’eco sostenibilità dell’intervento e, al contempo, creare un reale ranking dei fornitori per stimolare l’adozione di certi processi produttivi anche presso le PMI (magari agganciandoci dei contributi per l’innovazione d’impresa sui fondi strutturali della prossima programmazione – fesr e per la formazione di nuove competenze nel personale – fse).

Ancora, sempre a titolo d’esempio, lato controlli sulle imprese (penso alle varie attività inquinanti sia industriali/chimiche sia di piccola e media distribuzione e vicinato) si potrebbe agire di più sulla prevenzione dei rischi reali al posto dei controlli a campione e intervenire prima che succeda qualche evento nefasto.

Condivisione delle esperienze

Qualcuno potrebbe dire che queste cose già le fa, può darsi, ma magari all’interno dell’ennesimo silos configurabile come una best practice locale o settoriale. In questo caso servirebbe espandere quella soluzione fino al livello nazionale e, se ciò non fosse possibile, prendere la conoscenza e le parti “buone” di quell’esperienza come base per un altro mattoncino da aggiungere al progetto nazionale.

Ancora una volta sembra abbastanza evidente che, per realizzare un’azione come quella prospettata, è necessario agire in sinergia su livelli diversi (normativo, organizzativo, strategico, disseminazione/comunicazione) e questo comporta la disponibilità di figure professionali diversificate, che conoscono bene i meccanismi della PA, tutte però con l’ottica del cambiamento e il coraggio che non è del burocrate. Come sappiamo questo mix è difficile da trovare e qui ritornano gli altri problemi legati alla trasformazione digitale della PA: competenze, mentalità, età media, piani delle performance non performanti, congruo riconoscimento delle capacità quando ci sono, ecc.

Noi però siamo come l’acqua che, una goccia alla volta, nei secoli, ha scavato il grand canyon …. Basta avere tanta pazienza.

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Contributi, riflessioni e spunti per rispondere alla domanda: “Quali sono le iniziative prioritarie perché l’amministrazione pubblica possa creare 'valore pubblico' in una prospettiva di sviluppo equo e sostenibile?”. I risultati di questo processo di ascolto, arricchiti dai contributi che sono stati raccolti durante FORUM PA 2019, saranno raccolti in un white paper finale da sottoporre poi a consultazione pubblica

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