La PA resta al centro del digitale, i servizi al cittadino sono un mito

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La risposta al problema non è quella di offrire “nuovi servizi
digitali” che replichino procedure esistenti, ma quella di non avere
alcun servizio e gestire la circolarità delle informazioni tra le
amministrazioni

20 Gennaio 2016

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Alfonso Fuggetta, professore Ordinario di Informatica presso il Politecnico di Milano

Il 14 Dicembre si è tenuto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un incontro con Tim Berners-Lee. Obiettivo dell’incontro era fare il punto sullo stato di avanzamento dell’agenda digitale italiana. Vi sono stati molti interventi di valore ed interessanti (il video dell’intero incontro è disponibile sul sito del Governo ).

Nel corso dell’incontro, come peraltro in molti altri dibattiti e interventi che si susseguono in questo periodo, è stato più volte evocato il bisogno di sviluppare nelle pubbliche amministrazioni i “servizi digitali al cittadino”. Questi costituirebbero da un lato lo strumento per cambiare il rapporto tra amministrazioni e cittadino e, dall’altro, uno strumento per stimolare la domanda di servizi in banda larga.

In altre occasioni ho già avuto modo di dire che a mio parere questa posizione non coglie l’essenza dei problemi. In generale, altri sono i driver e i criteri che dovrebbero guidare l’utilizzo dell’ICT nelle amministrazioni pubbliche.

Servizi o obblighi?

Proviamo a riflettere insieme: cosa si intende per servizi digitali? Un “servizio”—lo dice la parola stessa—dovrebbe essere una attività svolta dalla amministrazione a favore, nell’interesse, per i bisogni del cittadino, per “servirlo”. Ma sono questi i “servizi digitali” di cui parliamo?

A me pare che in troppi casi i “servizi digitali” sono in realtà la digitalizzazione di procedimenti che servono alle amministrazioni, non al cittadino. Per esempio, da dirigente di azienda devo compilare e firmare documenti che attestano le cose più disparate e che mi vengono richiesti per rispettare obblighi di legge o procedure delle amministrazioni, non per servire me cittadino o impresa:

  • Mi capita spesso di firmare autocertificazioni sul mio stato di famiglia. Premesso che non capisco per quale motivo me lo chiedano, ma perché non lo richiedono direttamente all’anagrafe? Al limite mi chiedano una volta per tutte l’autorizzazione all’accesso ai dati necessari per completare un procedimento.
  • Perché devo fare/recuperare io le dichiarazione antimafia o i carichi pendenti o le richieste al casellario giudiziale? Non sono informazioni già in possesso delle amministrazioni?
  • Le nuove leggi anticorruzione obbligano tutte le società partecipate dal pubblico a rendere note sui propri siti le informazioni sui redditi degli amministratori. Ma queste informazioni sono già in possesso dell’amministrazione dello stato e delle camere di commercio. Perché devo ripubblicarle io? Non possono pubblicarle loro per tutti una volta sola? Per di più per i docenti universitari esiste un ulteriore obbligo di richiesta di autorizzazione e di comunicazione per le attività in conto terzi all’università di appartenenza e, di riflesso, al ministro della Funzione Pubblica. Anche queste informazioni sono pubblicate dalle università di appartenenza. Ma un po’ di sano reengineering dei processi non sarebbe utile? Non è che tutto questo accade solo perché chiedere ai cittadini e alle imprese le informazioni che si ritengono utili o necessarie è il modo più semplice per avere dati senza preoccuparsi e darsi la pena di verificare se sono già nella disponibilità di qualche altra amministrazione?

Sono solo alcuni esempi dove il problema a me pare non sia quello di offrire “nuovi servizi digitali” che replichino procedure esistenti: la soluzione è non avere alcun “servizio” e gestire la circolarità delle informazioni tra le amministrazioni.

Quali servizi vuole il cittadino?

  1. Il primo è il “non servizio” di cui parlavo poco fa: il cittadino (come le imprese) vuole essere lasciato in pace dalle amministrazioni, vuole non dover perdere tempo a causa di procedure cervellotiche e artificiose, spesso motivate dai bisogni di “controllo” delle PA e non certo per rispondere ad un bisogno del cittadino e delle imprese. Le amministrazioni dovrebbero essere il più possibile “invisibili”.
  2. Cittadini e imprese vogliono che le amministrazioni siano pronte e disponibili quando ne hanno bisogno. Il caso più eclatante è quello della sanità, dove—lì sì—servono servizi digitali efficienti che assistano il cittadino nella gestione di tutti gli eventi che hanno a che fare con i propri problemi di salute: prenotazioni, accesso alla documentazione sanitaria, consulti e telemedicina, …
  3. Cittadini e amministrazioni vogliono che le amministrazioni facciano bene il loro lavoro, siano efficienti e costino poco. Vogliono che, come nel caso delle imprese private, utilizzino l’ICT per cambiare i propri processi e lavorare meglio, in modo veloce ed efficiente.

Per evitare gli errori paventati al punto 1) e concentrarci sui punti 2 e 3 è vitale avere una visione lungimirante di quale debba essere il ruolo e la funzione delle diverse PA e della strategia secondo la quale ripensare processi e modalità di lavoro.

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