La partecipazione cambia il rapporto tra PA e Cittadini
La PA, nel comunicare i propri servizi, sta passando da una logica monodirezionale, in cui il cittadino viene visto come soggetto passivo, ad una PA capace di ragionare secondo logiche di marketing, trasformando i cittadini in clienti da conoscere e soddisfare e, grazie all’introduzione del paradigma dell’open government, da coinvolgere sempre più nell’agire pubblico
27 Aprile 2016
Laura Vergani, Politecnico di Milano
Negli ultimi anni i passi in seno alla PA per cambiare il rapporto di autoreferenzialità tenuto nei confronti dei cittadini sono stati diversi. La PA, nel comunicare i propri servizi, sta passando da una logica monodirezionale, in cui il cittadino viene visto come soggetto passivo, ad una PA capace di ragionare secondo logiche di marketing, trasformando i cittadini in clienti da conoscere e soddisfare e, grazie all’introduzione del paradigma dell’open government, da coinvolgere sempre più nell’agire pubblico. Le iniziative di co-design e partecipazione avviate dagli Enti sono sempre meno casi isolati e i social network sembrano emergere come la leva di elezione di questo nuovo cambiamento. Questo è ciò che si osserva leggendo i risultati delle ricerche degli ultimi anni dell’Osservatorio eGovernment della School of Management del Politecnico di Milano.
Se la PA ha incominciato a intraprendere questo cammino, è pur vero che la strada da percorrere è ancora lunga, come rileva l’indagine Ocse “Government at a Glance 2015”. Dal rapporto emerge infatti che solo il 20% degli italiani (49% media OCSE) ha usato il web per chiedere informazioni online alla PA e l’11% per inviare moduli compilati. Gli Italiani sono inoltre penultimi, (8,9%), nella classifica che misura l’uso del Web da parte degli utenti per comunicare con la PA.
Ciò non sembra essere legato solo alla propensione del cittadino all’utilizzo di Internet, quanto anche al profilo personale e psicologico (e molto meno a quello anagrafico) e all’occasione d’uso dei servizi offerti dalla PA. È quanto emerge dalle ricerche condotte dall’Osservatorio eGovernment con Doxa, che evidenziano come la multicanalità sia un’esigenza anche per gli utenti Web più assidui. A questo si aggiunge spesso la difficoltà nel trovare e quindi a utilizzare i servizi messi a disposizione dalle Pubbliche Amministrazioni a evidenza delle difficoltà per il Pubblico di realizzare servizi all’altezza delle sempre più alte aspettative dei propri cittadini digitali. È quindi oggi importante imparare a conoscere i propri cittadini e coinvolgerli per realizzare servizi in grado di soddisfare i loro bisogni e portali dove li vorrebbero avere. In questo senso, i processi partecipativi possono rappresentare un ottimo strumento di avvicinamento, ma spesso accanto alla forte volontà di coinvolgere i propri cittadini, soprattutto da parte dei policy maker, si rileva una sostanziale immaturità nell’utilizzo di metodologie e strumenti.
In un’indagine condotta nel 2015 dall’Osservatorio eGovernment, Il 72% dei Comuni rispondenti con più di 10.000 abitanti afferma di aver attivato o voler attivare processi partecipativi (prevalentemente, 67% dei casi, nella fase di concezione della politica pubblica), ma, meno di un Comune su due, predefinisce e formalizza gli obiettivi, gli strumenti da utilizzare, i target, la durata e le regole di partecipazione, in particolare, solo il 13% dei Comuni di piccole dimensioni realizza processi partecipativi strutturati. Inoltre, poco più della metà dei rispondenti afferma di dare riscontro al territorio circa l’esito del processo partecipativo messo in atto e sugli effetti che ha avuto per la politica oggetto dell’intervento, a dimostrazione di una non ancora completa maturità degli Enti nel cogliere obiettivi e motivazioni sottostanti l’utilizzo del processo partecipativo. Immaturità che si coglie anche nell’identificazione dei vantaggi derivanti dall’aumento della partecipazione e della collaborazione con il tessuto sociale del territorio e nelle modalità e gli strumenti attraverso i quali si espleta la relazione con il cittadino.
La maggiore conoscenza delle necessità e dei desideri dei propri cittadini e l’aumento del senso di trasparenza e accessibilità dell’Amministrazione nella cittadinanza, sono i principali vantaggi indicati dai rispondenti, mentre non viene percepita come particolarmente vantaggiosa la realizzazione di servizi più vicini ai desiderata dei cittadini. Il maggiore ostacolo alla mancata attivazione di processi partecipativi risiede, secondo i rispondenti, nella scarsa disponibilità di budget (altro segnale di una mancata comprensione dei vantaggi, soprattutto in termini di minori costi, derivanti dall’utilizzo della tecnologia web 2.0) e nella mancanza di competenze interne, mentre, l’assenza di commitment da parte del vertice politico non viene rilevata come criticità, come spesso invece accade in altri ambiti dell’innovazione, a riprova del profondo interesse che gli Amministratori rivolgono al fenomeno. Gli strumenti a supporto della realizzazione dei processi partecipativi sono quelli tradizionali dell’Ente, con una netta preferenza per le modalità di coinvolgimento “off line”, meno del 15% dei rispondenti dichiara infatti di utilizzare tecnologie Web e ben il 64% dei rispondenti afferma di non essere presente in alcun social network, percentuale che sale all’80% nei Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti. Chi ha attivato una pagina ufficiale su Facebook (il social network più utilizzato) l’ha fatto principalmente per raggiungere i cittadini con maggiore semplicità di quanto non potrebbe fare utilizzando canali tradizionali e per raggiungere i segmenti più giovani della cittadinanza, mentre pochi sono i rispondenti che attivano funzioni di interazione e ascolto delle istanze dei propri cittadini.