La “riforma Brunetta” e il moto circolare dell’innovazione

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Questo editoriale esce all’indomani dell’approvazione dal parte del Consiglio dei Ministri della “riforma Brunetta”. Il decreto legislativo costituisce certamente un importante giro di boa nella storia ormai ventennale della riforma della PA. Ne parleremo certamente ancora dopo che sarà stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo definitivo. Oggi vorrei mettere in evidenza solo un aspetto: il necessario coinvolgimento degli Enti locali e delle Regioni nel percorso della riforma.

Questa corresponsabilità è anche al centro del tour sull’innovazione nella PA e nei sistemi territoriali che cominciamo lunedì prossimo 19 ottobre a Padova (per saperne di più e iscrivervi www.foruminnovazione.net ) per proseguire poi a Genova, Napoli, Cagliari, ecc.

13 Ottobre 2009

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Carlo Mochi Sismondi

Articolo FPA

Questo editoriale esce all’indomani dell’approvazione dal parte del Consiglio dei Ministri della “riforma Brunetta”. Il decreto legislativo costituisce certamente un importante giro di boa nella storia ormai ventennale della riforma della PA. Ne parleremo certamente ancora dopo che sarà stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo definitivo. Oggi vorrei mettere in evidenza solo un aspetto: il necessario coinvolgimento degli Enti locali e delle Regioni nel percorso della riforma.

Questa corresponsabilità è anche al centro del tour sull’innovazione nella PA e nei sistemi territoriali che cominciamo lunedì prossimo 19 ottobre a Padova (per saperne di più e iscrivervi www.foruminnovazione.net ) per proseguire poi a Genova, Napoli, Cagliari, ecc.

Il movimento di una riforma importante come questa non può che essere circolare: i movimenti a senso unico la smorzano e la conducono in una palude da cui poi è impossibile uscire. Se l’input quindi non può che essere centrale e garantito dall’autorevolezza di una legge nazionale, la sua effettiva implementazione deve vedere una dialettica continua tra tutti i soggetti coinvolti e quindi tra governo centrale e autonomie locali. Questa dialettica basata sulla consonanza negli obiettivi e sulla fiducia reciproca, ma anche sull’onesta intenzione di imparare e correggersi durante il percorso, a volte è mancata nella storia delle più recenti riforme (basti pensare alla riforma costituzionale del 2001).

La riforma Brunetta sarà un’eccezione?
Ancora non lo sappiamo, quel che è certo è che non può fare a meno della convinta adesione delle Regioni e degli Enti locali perché:

  • è sul territorio che vengono erogati la maggior parte dei servizi e lì si misura la soddisfazione o l’insoddisfazione dei cittadini;
  • è lo sviluppo del territorio e la conseguente crescita della qualità della vita e del benessere, la vera sfida della PA (sempre, ma ancor più in tempo di crisi) che richiede organizzazioni moderne, capaci di regia e di negoziazione, orientate al risultato e al bene comune, coraggiose nella misurazione, nella valutazione e nel riconoscimento del merito;
  • è sul territorio che sono spese le maggiori risorse umane e finanziarie per l’innovazione sia tecnologica che organizzativa; è quindi lì che deve far breccia la convinzione che sia necessaria una strategia comune e un comune disegno che eviti investimenti scoordinati e puntiformi dettati solo da logiche di interesse locale;
  • è sul territorio (anche se non solo) che abbiamo visto in questi anni fenomeni spinti di spoil system all’italiana che hanno svuotato la figura del dirigente, che hanno abbassato drammaticamente la cultura amministrativa degli enti, che hanno reso la valutazione e le sue strutture un adempimento rituale;
  • è sul territorio che una cattiva politica, che ha supportato una cattiva amministrazione, ha spesso dato ragione con il proliferare degli enti e delle partecipazioni ai giacobini interessati che confondono il costo della politica (da ridurre) con il costo della democrazia (da salvaguardare come un valore prezioso);
  • è sul territorio però che abbiamo visto anche le eccellenze migliori, le pubbliche amministrazioni più coraggiose e innovative, le esperienze più spinte di orientamento ai risultati e di gestione virtuosa della cosa pubblica. Gestione per altro spesso e volentieri penalizzata da instabili patti di stabilità che hanno finito per premiare i peggiori.
  • è sul territorio che sono nate le “città digitali” le “amministrazioni 2.0”, i luoghi della condivisione e dell’impegno;
  • è sul territorio che abbiamo visto le migliori esperienze di “alleanze” tra amministrazioni, imprese, enti e volontariato;
  • è sul territorio, con una grande responsabilità della buona o della cattiva amministrazione, che si gioca la partita della democrazia e della partecipazione

Per queste e tante altre ragioni la “riforma Brunetta”, se vuole cambiare in meglio la vita dei cittadini, ha bisogno del territorio e deve essere quindi rispettosa dell’autonomia degli enti, pur senza abbandonare la sua vocazione di parlare a tutta la PA.

Ci riuscirà? Il “protocollo d’intesa tra il Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione e l’ANCI per la valorizzazione del merito e della produttività del lavoro pubblico locale e l’attuazione delle disposizioni del d.lgs. Brunetta nei comuni” mi pare un buon inizio. Ci leggo rispetto istituzionale e buona volontà comune per risolvere un gap di produttività che non è buono per nessuno, per nessuna parte politica, per nessuna sfera di governo.

Staremo a vedere se alle dichiarazioni di intenti seguiranno i fatti. Nel nostro piccolo anche il tour dei FORUM DELL’INNOVAZIONE  che stiamo organizzando ci daranno qualche risposta.

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