Le contaminazioni tra PA e territorio nutrono gli open data: i casi

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7 Novembre 2015

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Ciro Spataro, Open Data Sicilia

Nell’attuale politica open data delle pubbliche amministrazioni le community di “opendatari”, di sviluppatori e civic hacker svolgono ormai un ruolo determinante.

Molte amministrazioni hanno aperto portali online sui dati aperti, per diverse ragioni. Molte di queste ragioni risiedono nella sensibilità culturale dei dipendenti pubblici verso il tema del riuso dei dati aperti e nelle relazioni di contaminazione culturale che gli stessi dipendenti hanno instaurato con le comunità di professionisti del digitale e dei professionisti dei servizi su dispositivi mobili.

A Palermo, per esempio, la politica open data nasce dalla voglia di un ristretto numero di soggetti, dentro e fuori la pubblica amministrazione, di partecipare insieme ad un opendataday nel 2013. Giusto per curiosità. Alcuni dipendenti (un curioso di open data, un esperto di statistica e un webmaster) insieme ad un consulente ICT, un pugno di sviluppatori e appassionati di cittadinanza attiva e partecipazione, danno vita al primo “incontro” per la partecipazione di Palermo alla giornata mondiale degli open data. Alcuni giorni prima dell’evento si effettua una veloce ricognizione di dataset disponibili negli uffici e si raccolgono oltre 100 tabelle in formato tabellare (csv).

L’atmosfera dell’evento è frizzante, c’è molta curiosità da parte di tutti per capire come la PA può aiutare i cittadini fornendo dati di qualità. Si lavora tutti insieme con i dati raccolti dentro la PA. E gli sviluppatori, comuni cittadini con competenze digitali avanzate, dimostrano come questi dataset possono essere riutilizzabili per fornire ai cittadini informazioni, ad esempio su mappe georeferenziate e attraverso applicazioni per dispositivi mobili.

L’esperimento dell’open data day 2013 è riuscito a Palermo per quanto riguarda lo stimolo della curiosità verso l’argomento. Subito dopo, sei cittadini ed un dipendente della PA (ma anch’esso cittadino ovviamente) cominciano a condividere un documento comune su un servizio di cloud: è la bozza delle Linee Guida open data per un grande comune come quello di Palermo .

Il documento viene condiviso via email anche con l’Assessore alla Partecipazione, arriva in Giunta Comunale e viene approvato .

Palermo ha le Linee Guida open data con indicazioni sulla strutturazione interna del personale (team, titolari di banche dati, referenti tecnici e tematici), sulla priorità dei dataset da scegliere per la pubblicazione, sulle stelline che i dataset devono avere per andare online. Nasce il portale open data del Comune.

Comincia un confronto interno con i referenti di diversi uffici per capire: 1) la disponibilità di dataset, 2) la qualità dei dataset, 3) e soprattutto per capire il livello di conoscenza sull’argomento open data da parte di dirigenti e referenti. Serve “livellare” omogeneamente il livello di conoscenza per lavorare tutti adottando uguali linguaggi e metodologie.

In questo preciso momento inizia un processo di contaminazione culturale particolare, alcuni sviluppatori e civic hackers locali svolgono un ruolo estremamente determinante, quello di assistenza alla comprensione del riuso dei dataset che possono essere pubblicati e che sono già stati pubblicati online. Sarà una coincidenza, ma nello stesso periodo nasce la community di http://opendatasicilia.it. Questa attiva community svolge ruolo di sensibilizzatore, pungolatore, formatore informale, propositore nei confronti sia delle pubbliche amministrazioni regionali che dei cittadini. Una comunità di membri attivi in molti angoli della Sicilia e che annovera i Digital Champion siciliani e i civic hackers in grado (e con tanta voglia) di creare mappe e strumenti per la fruizione dei servizi su dispositivi mobili, partendo proprio dalla disponibilità dei dati aperti delle PA siciliane.

Dipendenti pubblici che si contaminano con le competenze digitali di sviluppatori, provocando nei primi la voglia nuova di rappresentare dati territoriali su strumenti georeferenziati (usando ad esempio Google Maps o Openstreetmap). Uno sviluppatore stimola il dipendente pubblico a far pubblicare dalla sua amministrazione il dataset sul Piano Regolatore Generale per realizzare una mappa di consultazione pubblica . Queste alchimie umane di contaminazione delle competenze digitali cominciano ad animare il panorama open data delle pubbliche amministrazioni; questa è la fase più sperimentale e più appassionante degli open data nei territori, a mio giudizio. La fase che scalda realmente i motori della trasparenza amministrativa, perché basata sulla consapevolezza dell’importanza dei dati pubblici riusati al fine di migliorare la qualità della vita di tutti. Anche l’Azienda di trasporto urbano trae un vantaggio dal riuso dei suoi dati aperti per mano di sviluppatori che confezionano app per informare i cittadini sulle fermate e orari dei bus.

Una PA con delle Linee Guida open data approvate, non comporta automaticamente un processo perfetto di pubblicazione giornaliera di dataset in formato aperto. C’è bisogno, ad esempio, di momenti di formazione per i referenti degli uffici. Nascono momenti formativi del Formez e portalini didattici per divulgare conoscenza e buone prassi operative, per fare conoscere tra di loro persone che in qualche modo hanno a che fare con gli open data, siano essi sviluppatori o dipendenti pubblici. C’è bisogno di hackathon per fare incontrare e confrontarsi impiegati con sviluppatori.

Appare ormai fin troppo evidente, negli ambienti degli addetti ai lavori, Spaghetti Open Data, di Opendatasicilia, Confiscatibene, Monithon, Trentino Open Data, Digital Champion italiani, e le comunità di cittadini attivi nella divulgazione della cultura digitale, che il processo e la politica di pubblicazione dei dati in formato aperto delle PA, per essere efficace, deve basarsi sulla inevitabile costante contaminazione di cultura e competenze digitali tra dipendenti pubblici e soggetti esterni. Solo così può esserci un valido e utile riuso dei dataset pubblici, che è il servizio che il cittadino fruisce come mappa o app o webservice per migliorare la qualità della sua vita quotidiana.

Le PA da sole con le loro Linee Guida operative, o con le sole leggi, non riusciranno mai a far diventare gli open data il vero carburante dell’innovazione sociale, culturale e tecnologica in un territorio. Altrove ci stanno riuscendo. Quando questa consapevolezza comincerà a “dilagare” in Italia, assisteremo alla nascita di una nuova Pubblica Amministrazione più utile ai territori che amministra.

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