L’importanza della complementarità nella nuova programmazione dei fondi Ue

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Pochi paesi membri hanno previsto a monte meccanismi di coordinamento e criteri di differenziazione specifici tra PNRR e fondi strutturali europei. Ma anche guardando esclusivamente alla politica di coesione, il tema della complementarità è da sempre critico. Ora l’Accordo di Partenariato, la cui bozza finale è stata da poco trasmessa a Bruxelles per l’ultima fase del negoziato, aggredisce la questione definendo nel dettaglio linee strategiche e strutture specifiche per il coordinamento. Sarà sufficiente?

3 Febbraio 2022

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Francesco Molica

Direttore Politiche Regionali della Conferenza delle Regioni Periferiche Marittime d'Europa

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L’incremento nel numero e nel volume di fondi europei nel quadro della programmazione 2021-2027 rende ancora più prioritaria rispetto al passato la questione del loro coordinamento a livello nazionale e territoriale. In particolare la realizzazione di una complementarità ottimale – e ove possibile di sinergie – tra PNRR e fondi di coesione è dettata dalla necessità di evitare sovrapposizioni o duplicazioni viste le affinità tematiche tra le due fonti di finanziamento. Assicurare coerenza tra i diversi strumenti europei, e ancora di più un’interazione positiva, potrebbe viceversa produrre benefici evidenti in termini di efficienza e impatto della spesa. Nonostante le indicazioni contenute nel regolamento competente e nelle linee guida europee sulla stesura dei PNRR, pochi paesi membri hanno previsto a monte meccanismi di coordinamento e criteri di differenziazione specifici tra PNRR e fondi strutturali europei: difficili, in concreto, da attuare anche a causa delle asimmetrie di governance e tempistiche tra i due strumenti.

Laddove anche il PNRR italiano risulta lacunoso su questo aspetto, l’Accordo di Partenariato ha invece il merito di suggerire concreti elementi di dettaglio su come articolare questa forma di complementarità, anche se restano diverse incognite. La prova del nove sarà naturalmente l’attuazione. Ed appare evidente come l’onere di assicurare una base di coerenza ricadrà in misura maggiore sui programmi della coesione, non fosse altro che saranno avviati in una fase successiva rispetto agli investimenti del PNRR. Ma questo passo ne cela uno preliminare, altrettanto importante: cioè quello di garantire una migliore complementarità e integrazione all’interno dei fondi di coesione stessi, specialmente in un contesto caratterizzato da un numero cospicuo di programmi operativi operanti su livelli geografici e tematici diversi. Si tratta di un aspetto che, già enfatizzato negli scorsi cicli, nei regolamenti per la politica di coesione 2021-2027 è diventato oggetto di un vero e proprio obbligo del quale occorre dare conto nell’Accordo di Partenariato.

L’esperienza della 2014-2020 ci dice che in Italia la complementarità “interna” alla politica di coesione è stata certo presa in dovuta considerazione nelle sue varie sfaccettature, sia nei documenti strategici sia nel disegno della governance, ma si è in parte smarrita nella fase attuativa. È una criticità che ci accomuna alla maggior parte degli stati membri. L’Accordo di Partenariato, la cui bozza finale è stata da poco trasmessa a Bruxelles per l’ultima fase del negoziato, aggredisce la questione definendo nel dettaglio linee strategiche e strutture specifiche per il coordinamento. Nel contempo raccomanda alcune strade concrete per porre le basi di una efficace complementarità e integrazione a livello di singole regioni, essendo queste ultime autorità di gestione della maggior parte dei programmi FSE+ e FESR.

Innanzitutto il documento esprime preferenza per programmi plurifondo FESR-FSE+, una soluzione che è stata abbracciata solo da tre programmi regionali nel ciclo 14-20. Laddove questo non fosse possibile, è raccomandata l’opzione di comitati di sorveglianza unici e autorità di gestione unitarie FSE-FESR+ nelle singole regioni. Queste azioni andrebbero a collocarsi nel solco di organismi di coordinamento e strategie di programmazione unitaria già previsti a livello di autorità regionali. Guardando alle buone prassi straniere, alcune misure aggiuntive in termini di attuazione che varrebbe la pena valutare sono una maggiore integrazione tra i calendari dei bandi FSE+ e FESR, il sostegno al “project pairing” creando le condizioni per l’incontro tra potenziali beneficiari FESR e FSE+, criteri specifici nei bandi che incoraggino la complementarità.

Complementarità e sinergie interne ai fondi di coesione sono in genere affrontate sotto il profilo dell’interazione tra POR gestiti da una medesima regione o del raccordo tra programmi regionali e nazionali. Esiste tuttavia un terzo livello su cui è opportuno aprire una riflessione, cioé quello della potenziale interazione tra POR di regioni diverse. Su questo aspetto uno sforzo nella direzione di un maggiore allineamento e cooperazione, per lo meno su base macroregionale, appare indicato date le ovvie interconnessioni tra territori vicini. È inevitabile che il gran numero di programmi regionali operanti in Italia porti a una segmentazione o sovrapposizioni che, per varie ragioni, può pesare in negativo sull’impatto degli investimenti. Uscire da una logica monadistica, creare “economie di scala e scopo” tra programmi, può invece generare concreti benefici. Le vie sono numerose e vale la pena sperimentarle anche a dispetto dell’esperienza non proprio riuscita dei POIN (i Programmi Operativi Interregionali) nella programmazione 07-13. Tra queste: aprire i comitati di sorveglianza alla partecipazione di altre AdG di programmi regionali, sfruttare in modo sistematico la possibilità offerta dal regolamento di finanziare progetti o beneficiari in un territorio diverso da quello del programma, allineare i calendari dei bandi. La sottoscrizione di protocolli di cooperazione e accordi operativi potrebbe perfino portare a interventi o bandi congiunti inter-programma.

Certo, si tratta di azioni che verrebbero realizzate “a valle” della programmazione dei fondi, laddove un passo ancora più efficace, almeno sul piano teorico, sarebbe quello di negoziare profili di cooperazione già in fase di stesura in una logica più organica. A riguardo, vale la pena segnalare il caso della Repubblica Ceca che si è dotata dalla scorsa programmazione di un piano nazionale sulle complementarità e sinergie contenente specifiche azioni negoziate con i programmi. Altro discorso è poi quello delle sinergie con i fondi a gestione diretta, come Horizon 2020. Su questo fronte la Commissione ha lavorato negli ultimi anni a ridurre gli ostacoli regolamentari: i benefici potrebbero vedersi nei prossimi anni.  

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