Ma cosa significa e-Democracy in Italia?
Muovendo tra l’utopia di una nuova agorà politica e la più profana (a volte preliminare) esigenza di entrare in contatto con il proprio ente, l’esperienza di e-Democracy italiana merita una valutazione a più voci. Paolo Subioli, intervenuto al convegno Web semantico e e-Democracy, ne puntualizza i tratti salienti. Una panoramica sullo stato dell’arte nei sistemi locali…alla ricerca delle parole italiane dell’e-Democracy.
5 Novembre 2008
Muovendo tra l’utopia di una nuova agorà politica e la più profana (a volte preliminare) esigenza di entrare in contatto con il proprio ente, l’esperienza di e-Democracy italiana merita una valutazione a più voci. Paolo Subioli, intervenuto al convegno Web semantico e e-Democracy, ne puntualizza i tratti salienti. Una panoramica sullo stato dell’arte nei sistemi locali…alla ricerca delle parole italiane dell’e-Democracy.
Partiamo dalla fine.
Dalle esperienze che Paolo Subioli, a chiusura del suo intervento, ha lanciato come esempi di frontiera dell’e-Democracy. “Vi invito a vedere on line change.org, il sito globale dove chiunque può proporre una istanza, maplight.org, sito statunitense che illumina le connessioni tra politica e finanziamenti, i britannici theyworkforyou e patientopinion.org, l’italiano openpolis.it.”
Si apre così una riflessione sulle "parole" dell’e-Democracy, evidentemente legata alla sfera pubblica, alle categorie della trasparenza, dell’accountability e della partecipazione politica.
Ma è questa la dimensione più rappresentativa dell’esperienza italiana?
Innanzitutto c’è da fare una valutazione generale, considerando che “la genesi dell’e-Democracy è del mondo anglosassone, con successiva trasposizione in Italia attraverso le reti civiche, promosse tipicamente dai Comuni e alle quali aderiscono anche altri soggetti della società civile, proponendosi come luoghi di aggregazione telematica dei vari soggetti organizzati. Qui già si vede che c’è uno scarto tra queste esperienze di e-Democracy e quelle da cui vengono mutuate, alimentate da una tradizione di partecipazione politica – anche a livello locale – molto diversa da quella italiana”. A questo si aggiunge la caratterizzazione dell’esperienza italiana rispetto agli stessi Piani europei. “Evidentemente abbiamo delle politiche europee che promuovono l’e-Democracy. Però dal confronto con quelle italiane emerge una differenza abbastanza rilevante, nel senso che mentre l’ e-Participation a livello europeo è soprattutto legata all’attività legislativa, cioè delle assemblee elettive con forte accento su voto elettronico e trasparenza, in Italia l’accento è decisamente sull’aspetto sociale”.
La questione “operativa” che Subioli pone nel suo intervento è "se e in quali circostanze l’e-Democracy può trovare un terreno fertile in Italia", assodato che “quando si parla di e-Democracy si devono considerare gli attori che partecipano a questi processi, sostanzialmente di tre tipi: i cittadini, le istituzioni e la società civile”. “Un dato fondamentale da tenere in considerazione nell’analisi di contesto – continua Subioli – è che l’Italia è uno dei Paesi “sviluppati” in cui l’uso di internet assume i valori più bassi. E’ indicativo il dato per cui tra i mezzi utilizzati per reperire le informazioni c’è un ruolo della Tv assolutamente predominante (come in nessun altro Paese al mondo) mentre Internet è il mezzo assolutamente meno usato, a evidenza di una scarsissima propensione degli italiani a usare internet come mezzo di informazione. Dunque, questo è evidentemente un primo fattore di contesto che rende più difficile dare al cittadino l’opportunità di informarsi attraverso il web.
Un altro elemento da tenere in considerazione è quanto le pubbliche amministrazioni utilizzano internet al loro interno e su questo punto mi sembra interessante il dato sull’utilizzo di intranet, il mezzo che per eccellenza dovrebbe favorire la partecipazione interna sia nel senso di raccolta dell’informazione, sia nel senso di messa in comune. La intranet è molto diffusa negli Enti di maggiori dimensioni come le Regioni, le Province e molto di meno nei Comuni (conseguenza soprattutto della piccola dimensione di queste amministrazioni). Questo dato strutturale porta a una riflessione importante ove si consideri che la realtà fondamentale e prevalente della amministrazione locale in Italia è il piccolissimo Comune, quindi un’organizzazione che non è assolutamente in grado di assumere un certo livello di sofisticatezza nell’uso delle IT. Il dato sulla presenza sul web mostra i piccoli Comuni ancora in posizione deficitaria.
C’è poi il dato sulla multicanalità, da molti considerata un fattore fondamentale di sviluppo dell’e-Democracy, in quanto strumento per il superamento del digital divide, consentendo alla stragrande maggioranza della popolazione italiana di poter contattare l’amministrazione di riferimento. Secondo gli ultimi dati Istat la multicanalità comincia ad affacciarsi ma è solo relativamente diffusa e soprattutto si concentra nell’esperienza del call-center, ancora con le Regioni in testa”.
A fronte di questo panorama, Subioli riconosce nell’entrata delle pubbliche amministrazioni sul web (secondo le indicazioni del CAD) il fatto strutturalmente più importante – la rivoluzione epocale – in tema di e-Democracy, in un nuovo orientamento alla trasparenza da cui nel tempo verranno sviluppi lungo la direzione della partecipazione. "I segnali più interessanti di una attenzione crescente alle esperienze di e-Democracy – continua Subioli – vengono soprattutto da piccolissimi Comuni, che hanno risposto numerosissimi al Bando CNIPA sull’e-democracy".
Conclude Subioli: “se si guardano i soli dati del Bando CNIPA, i partecipanti sono 310 tra enti locali e regioni e 450 associazioni, a testimonianza del fatto che sono proprio questi i protagonisti della partecipazione a livello locale, ma non solo. L’esperienza, in tutto il mondo, ci insegna che le più interessanti applicazioni di e-Democracy sono proprio quelle promosse dalla società civile”.
In sintesi, la realtà italiana non sembra un terreno strutturalmente e culturalmente molto fertile, ma appare necessario riaccendere l’attenzione e dirigere gli sforzi verso questa dimensione del vivere civile ormai fondamentale, assumendo la sfida insita nella riflessione di Rodotà, ripresa in apertura da Subioli, secondo cui “l’e-Democracy consentirebbe di passare dalla democrazia intermittente delle consultazioni elettorali a una continua, in cui la partecipazione del cittadino può assumere una dimensione quotidiana”.
Un bel tratto di strada da fare…