Marras: Dati PA aperti e utili, i progetti 2017 che servono
21 Dicembre 2016
Salvatore Marras, responsabile ufficio per l'Innovazione digitale, FormezPA
A che punto siamo?
I dati aperti della PA italiana negli ultimi anni sono cresciuti quantitativamente, ma non hanno fatto grandi miglioramenti qualitativi. Prevale una forte disomogeneità anche tra le amministrazioni più rilevanti come le regioni o i grandi comuni. Qualche PA pubblica molti dataset e altre pochi o nessuno, i dati rilevanti sono presenti in forma disomogenea per struttura e metadati, la periodicità di aggiornamento non è continua. I dati con un maggiore valore per la trasparenza arrivano prevalentemente dalla PA centrale e sono funzionali alle azioni di accountability più note: SoldiPubblici, OpenCoesione, ItaliaSicura, OpenCantieri. I dati che potrebbero generare servizi a valore aggiunto sono ancora pochi e non sufficientemente affidabili per chi dovrebbe investire tempo e denaro per realizzare applicazioni e servizi. Manca ancora una diffusa cultura del dato aperto e il senso di bene comune del patrimonio informativo pubblico.
Questo Governo ha prodotto molte riforme e introdotto molte innovazioni: cosa è già “usabile” tra quanto approvato? Cosa ci portiamo a casa?
La normativa italiana è allineata a quella dei paesi più avanzati e non servono forzature per obbligare la pubblicazione di dati. La direttiva europea sul patrimonio informativo pubblico (PSI) è un riferimento fondamentale per definire la direzione nella quale ci si deve muovere. Con le stesse norme il Trentino ha il miglior catalogo europeo e altre regioni non hanno niente.
Le norme che rispondono al senso del Freedom of Information Act (FOIA) sono sufficienti per permettere a un cittadino o una associazione la richiesta di dati non ancora pubblicati. Il problema è sapere quali dati sono disponibili… AgID ha pubblicato insieme il catalogo dei dati aperti e il catalogo delle basi dati pubbliche: un buon inizio!
Molti provvedimenti sono ancora non in sospeso, cosa pensa che sarà impossibile raggiungere degli obiettivi che erano posti? A cosa dovremo rinunciare, almeno per ora?
Non si deve rinunciare a nessuno degli obiettivi legati all’apertura dei dati! Serve una pressione continua affinché il percorso che porta alla disponibilità di open data completi, omogenei, aggiornati e ben classificati giunga a termine. Ci sono linee guida chiare e un profilo di metadatazione (DCAT-AP IT), in linea con gli standard europei, che vanno applicati.
Cosa si può fare ora nel campo dell’innovazione digitale che non ha bisogno della politica, ma solo dell’azione fattiva dell’amministrazione?
Innanzitutto si deve lavorare sui processi interni alla PA per fare in modo che i dati nascano aperti! Non basta estrarre una tabella da un applicativo o convertire un file in CSV per fare open data di qualità. Nel disegnare i sistemi informativi si deve mettere in conto che il patrimonio informativo pubblico è un bene della collettività e che i dati devono essere accessibili dall’esterno in modo dinamico e continuo, attraverso API adeguatamente documentate.
Servono investimenti. Servono progetti finalizzati all’apertura completa di specifiche filiere di dati dai trasporti all’ambiente, dalla sanità alla sicurezza pubblica. Servono progetti e persone, che armati di FOIA, rendano liberi i dati delle amministrazioni più negligenti e riottose. Serve cooperazione e collaborazione tra le amministrazioni per definire panieri di dati omogenei.