Nardelli: “Trasformare il piano nazionale scuola digitale in innovazione permanente e strutturale”
20 Dicembre 2016
Enrico Nardelli, Università di Tor Vergata
A che punto siamo?
Abbiamo fatto moltissimo a livello di definizione di obiettivi strategici. Bisogna adesso riuscire ad attivare la realizzazione di tali obiettivi mediante piani di attività ben definiti ed in qualche modo governati e controllati dal centro, per evitare dispersioni. Una certa flessibilità e sovrapposizione possono essere benefiche, ma è importante evitare lo spreco di risorse causate da inutili duplicazioni o attività non finalizzate al conseguimento degli obiettivi strategici.
Questo Governo ha prodotto molte riforme e introdotto molte innovazioni: cosa è già “usabile” tra quanto approvato? Cosa ci portiamo a casa?
L’avviamento dell’attività di formazione al pensiero computazionale è uno degli elementi di maggior successo dell’intero Piano Nazionale Scuola Digitale. Sarebbe un errore, però, pensare di aver ormai risolto il problema. È necessario continuare ad operare per trasformare questo successo iniziale in un’iniziativa permanente ed infrastrutturale, come realizzato, ad esempio, nel Regno Unito.
Molti provvedimenti sono ancora non in sospeso, cosa pensa che sarà impossibile raggiungere degli obiettivi che erano posti? A cosa dovremo rinunciare, almeno per ora?
Con un adeguato livello di risorse finanziarie ed umane tutti gli obiettivi del PNSD sono raggiungibili, purché si abbia il tempo sufficiente. La questione è quindi se la politica è in grado di assicurare le risorse necessarie.
Cosa si può fare ora nel campo dell’innovazione digitale che non ha bisogno della politica, ma solo dell’azione fattiva dell’amministrazione?
Organizzare e realizzare un piano di formazione per gli insegnanti sugli aspetti scientifici e culturali di base dell’informatica, che li metta in grado di poter realizzare nelle classi gli interventi educativi necessari. Un elemento necessaria di questo piano è la messa a punto di indicazioni curriculari relative alle competenze informatiche da acquisire nei vari ordini di scuola. Anche qui, quanto realizzato nel Regno Unito, sarebbe un modello da seguire e le comunità universitarie di riferimento sono disponibili a collaborare.