Nasce il DAG per lo sviluppo dell’economia digitale…e dà subito “i numeri”

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Qual è il potenziale dell’economia digitale in Italia? Quali ostacoli ne frenano lo sviluppo e quali iniziative possono, invece, favorirlo? Il punto di vista del DAG, Digital Advisory Group, un gruppo presentato ieri a Milano e composto da oltre 30 organizzazioni, aziende private e pubbliche e università.

28 Ottobre 2011

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Redazione FORUM PA

Articolo FPA

Qual è il potenziale dell’economia digitale in Italia? Quali ostacoli ne frenano lo sviluppo e quali iniziative possono, invece, favorirlo? Il punto di vista del DAG, Digital Advisory Group, un gruppo presentato ieri a Milano e composto da oltre 30 organizzazioni, aziende private e pubbliche e università.

L’economia digitale italiana rappresenta un’opportunità imperdibile per rilanciare la crescita e creare occupazione in Italia. Negli ultimi 15 anni l’economia digitale ha creato 700.000 posti di lavoro e contribuito al 2% del PIL italiano. Gran parte del potenziale risulta però ancora inespresso. Con adeguate iniziative si può raggiungere almeno il 3% del PIL entro il 2015 e spingere la crescita del paese a un tasso dello 0,25% l’anno.

È questo uno dei risultati della ricerca Sviluppare l’economia digitale in Italia: un percorso per la crescita e l’occupazione condotta dal Digital Advisory Group (DAG), con il supporto di McKinsey & Company.

Il DAG è stato presentato ieri a Milano: si tratta di un gruppo promosso da American Chamber of Commerce in Italy e composto da oltre 30 organizzazioni, aziende private e pubbliche e università determinato a contribuire allo sviluppo dell’economia digitale in Italia.

La ricerca e le proposte

Qual è il potenziale dell’economia digitale? Questa la domanda da cui parte la ricerca del DAG, che analizza l’impatto di internet su quattro assi. Vediamoli.

Contributo allo sviluppo economico in termini di PIL. Dal 2005 al 2009 l’economia digitale ha contribuito per il 14% alla crescita del PIL italiano e continua a svilupparsi a un tasso 10 volte superiore al totale nazionale. La notizia meno buona è che attualmente l’economia Web costituisce solo il 2% del PIL (pari a circa 30 miliardi di Euro): in Francia pesa oltre il 3%, mentre Regno Unito e Svezia oltrepassano il 5%. E’ stato inoltre calcolato che Internet genera anche un impatto indiretto di ulteriori 20 miliardi di euro derivanti dagli acquisti effettuati sui canali tradizionali successivamente a ricerche e valutazioni compiute sulla rete (effetto ROPO, Research Online, Purchase Offline).

Creazione di posti di lavoro.Negli ultimi 15 anni sono stati creati circa 700.000 nuovi posti di lavoro collegati al Web, di cui ben il 40% nell’indotto, ovvero nei settori economici a supporto indiretto dell’economia digitale. Il contributo, al netto degli impieghi persi, è stato di 320.000 unità. Questo dimostra che il digitale crea occupazione più di quanta ne “distrugga”. In Italia, in particolare sono stati creati 1,8 posti di lavoro per ogni posto eliminato, ancora poco però se guardiamo al 2,6 della media di 13 paesi sviluppati o al 3,9 dell’irraggiungibile Svezia. Gran parte della differenza si spiega con la minore capacità di creare occupazione digitale da parte delle PMI: in Italia il rapporto è 1 a 1, mentre in Francia, ad esempio, è 1,8.

Sviluppo delle PMI e delle loro esportazioni. Esiste una forte correlazione tra le aziende che utilizzano Internet in modo intensivo e la loro capacità di evolvere ed esportare: la crescita media annua per le imprese attive nella rete è stata del 10%, con esportazioni e incidenza dei ricavi oltre confine più che doppi rispetto alle aziende a bassa intensità Web. Inoltre, ben il 78% dell’impatto prodotto dall’utilizzo delle tecnologie digitali è riconducibile alle imprese tradizionali, mentre solo il 22% si riferisce ai “pure player”.

Surplus di valore per i consumatori. 7 miliardi di euro. E’ il valore attribuito dagli utenti internet ai servizi messi a disposizione gratuitamente dalla rete (qualora fosse chiesto loro di pagarli), una volta dedotti i costi associati a tali servizi. Questo si traduce in un risparmio equivalente di 21 euro mensili per famiglia connessa.

Il confronto con gli altri paesi su questi quattro assi – sottolinea la ricerca del DAG – dimostra come il potenziale dell’economia digitale in Italia sia ancora elevato: con adeguate iniziative si può raggiungere entro il 2015 un peso sul PIL fino al 4% e contribuire alla crescita annua del paese con un ulteriore 0,25% annuo rispetto ai trend attuali (corrispondente a circa 25 miliardi di euro di PIL aggiuntivo al 2015).

Ecco, secondo il DAG, gli interventi prioritari, i nodi da affrontare immediatamente per colmare nel medio periodo il gap attualmente esistente nel nostro Paese e dare, così, nuovo impulso alla crescita.

Migliorare l’accesso alle infrastrutture
1. Colmare il digital divide
2. Pianificare le reti di nuova generazione

Assicurare una regolamentazione favorevole all’innovazione digitale
3. Favorire l’armonizzazione della normativa digitale a livello europeo
4. Creare un advisory board strategico per le politiche digitali

Stimolare la domanda dei consumatori
5. Incoraggiare la propensione dei consumatori al web
6. Promuovere modalità innovative di consegna degli acquisti online

Ampliare l’offerta digitale
7. Lanciare road-show digitali per le PMI a livello regionale
8. Sostenere l’attività e-commerce delle PMI

Incrementare l’adozione dei servizi di e-government
9. Promuovere i servizi di e-government esistenti migliorandone la fruibilità

Accrescere le professionalità e le competenze digitali
10. Pianificare lo sviluppo di una formazione digitale di qualità
11. Costituire una Digital Experience Company
12. Incentivare le start-up digitali

Maggiori informazioni e il testo completo della ricerca sono disponibili su www.digitaladvisorygroup.it

FONTE: DAG

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