Notifiche nel processo a mezzo PEC: le ultime pronunce di TAR e Cassazione
Il passaggio dalla burocrazia cartacea a quella elettronica non sempre semplifica le procedure. Ciò che è certo, però, è che esso complica incredibilmente gli adempimenti. Ecco due recenti casi in cui un errore di forma in ambito telematico ha avuto conseguenze gravi sul piano giuridico.
17 Aprile 2013
Sarah Ungaro e Debora Montagna*
Cosa si deve produrre in giudizio per provare l’avvenuta notifica di un atto a mezzo PEC? Questa è la questione che si è posta il TAR Campania – Napoli, Sez. VI, nella sentenza 3 aprile 2013 n. 1756, in riferimento a un ricorso giurisdizionale avanzato da una società circa l’accesso agli atti della PA e notificato al Comune a mezzo PEC.
A tal proposito occorre innanzitutto precisare che l’articolo 39, comma 2, del codice del processo amministrativo (D.Lgs. n. 104/2010) per quanto concerne le notificazioni degli atti nel processo amministrativo rinvia alle disposizioni del codice di procedura civile e alle leggi speciali che disciplinano le notificazioni degli atti giudiziari in materia civile.
Nello specifico, nel 2011[1] sono state apportate significative modifiche alla legge n. 53 del 1994 – “Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali” – che hanno introdotto la possibilità di utilizzare per le notificazioni la posta elettronica come strumento alternativo alla notifica tramite servizio postale, ed è stato emanato il DM 21 febbraio 2011, n. 44, con il quale sono state promulgate le Regole tecniche sul processo civile telematico, consentendo agli Avvocati (autorizzati ai sensi della legge n. 53/1994) di eseguire le notifiche tramite PEC.
Nel caso in questione, la società ricorrente ha notificato il ricorso a mezzo posta elettronica certificata (PEC) al Comune di Mondragone, non costituito in giudizio, e ha prodotto poi in giudizio la ricevuta di accettazione del messaggio da parte del sistema di posta certificata e la ricevuta di avvenuta consegna alla PEC del Comune stesso.
La disamina del TAR Campania parte dall’analisi dell’art. 18 del DM n. 44 del 21 febbraio 2011[2] che consente agli avvocati autorizzati di eseguire le notifiche a mezzo PEC, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo. La copia informatica dell’atto, sottoscritta con firma digitale, deve essere trasmessa all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante dal registro generale degli indirizzi elettronici, nella forma di allegato al messaggio di posta elettronica certificata inviato al destinatario.
L’articolo 18 prevede ancora che nel corpo del messaggio debba essere inserita la relazione di notificazione che contiene le informazioni di cui all’articolo 3, comma 2, della legge 21 gennaio 1994, n. 53, dell’indirizzo di posta elettronica certificata presso il quale l’atto è stato inviato, nonché del numero di registro cronologico di cui all’articolo 8 della suddetta legge.
Sempre ai sensi dell’articolo 18, la notificazione si intende perfezionata nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna breve da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario. Al riguardo il TAR ha specificato che, attenendosi alla lettera a questa disposizione, per l’avvocato sarebbe sufficiente produrre in giudizio la PEC accompagnata da tale ricevuta breve. Bisogna però considerare che questo tipo di ricevuta non restituisce l’intero allegato (cioè l’intero atto con firma digitale), ma solo un suo estratto codificato, la cui verifica richiede peculiari competenze tecniche e non consente al giudice di associare immediatamente la P.E.C. all’atto notificato. Si rileva infatti che l’art. 23 del codice dell’amministrazione digitale, nel delineare il concetto di copia cartacea di documento informatico firmato digitalmente, evidenzia come occorra una conformità all’originale informatico “in tutte le sue componenti”.
Con l’obiettivo di risolvere la questione – e quindi di chiarire come possa essere verificato l’effettivo buon esito della notificazione e la conformità tra l’atto notificato con la PEC e quello depositato in formato cartaceo – il TAR Campania afferma che l’avvocato deve presentare la ricevuta completa di avvenuta consegna della PEC, compreso il numero di registro cronologico di cui all’art. 8 dalla Legge n. 53/1994, producendo quindi l’intero atto notificato e non solo un suo estratto.
Il TAR ritiene che l’avvocato debba necessariamente produrre anche:
- la stampa dell’atto notificato con la relata;
- il certificato di firma digitale del notificante;
- il certificato di firma del gestore di PEC;
- le informazioni richieste dall’art. 18 per il corpo del messaggio;
- le ricevute della PEC;
- gli ulteriori dati di certificazione.
All’esito della motivazione, il TAR ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per irritualità della notifica.
In tema di notificazioni a mezzo PEC, di estremo rilievo appare anche la recentissima ordinanza della Cassazione civile, Sez. VI, n. 6752 del 18 marzo 2013.
In tale contesto, occorre menzionare la legge 24/2010, ai sensi della quale, nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica devono effettuarsi mediante posta elettronica certificata. In particolare, l’art. 4, così come modificato dal recente DL 179/2012 (Decreto crescita 2.0, convertito nella Legge n. 221/2012), dispone che “nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”.
Nello specifico, la Suprema Corte ha rinviato a nuovo ruolo il processo in quanto i relativi atti (decreto e relazione) erano stati notificati presso la cancelleria della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 366 comma secondo c.p.c., nonostante la ricorrente avesse indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata, come previsto dall’art. 366 c.p.c. a seguito della modifica introdotta dall’art. 25 della Legge n. 183 del 2011. La Cassazione, conseguentemente, ha rilevato che ciò avrebbe imposto la notifica a mezzo PEC o, nell’impossibilità di eseguire tale notifica, a mezzo fax ai sensi dell’art. 136 comma 3 c.p.c.
[1] Con la legge n. 183 del 12 novembre 2011.
[2] Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal dlgs 7 marzo 2005 n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’art. 4, c 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009 n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010 n. 24.
* Sarah Ungaro e Debora Montagna – Digital & Law Department www.studiolegalelisi.it