Ottomila comuni, 50mila software? No grazie! Razionalizzare si può
Come è noto l’Italia è il paese dei municipi, degli ottomila municipi, per la precisione qualcuno in più di 8100. La PA deve essere più snella per rispondere ai cittadini: iniziamo dall’organizzazione interna. La tanto attesa riforma delle istituzioni statali non può prescindere dalla revisione della Governance della ICT nelle amministrazioni locali.
24 Luglio 2012
Emanuele Tonelli*
Come è noto l’Italia è il paese dei municipi, degli ottomila municipi, per la precisione qualcuno in più di 8100. Un po’ meno noto, ma certamente conosciuto è il fatto che ai comuni, in forza della Costituzione, siano attribuite tutte le funzioni amministrative non assegnate ad altri enti.
Quasi inevitabilmente alle funzioni amministrative corrispondono i software per gestirle. Vediamo qualche esempio: sistema per la gestione dei demografici (carta d’identità, certificati), pratiche per permessi edilizi, riscossione dei tributi, gestione dei servizi sociali e scolastici, servizi per la polizia (gestione multe); a questi sistemi si aggiungono quelli che l’amministrazione usa per fare funzionare la propria macchina burocratica che tipicamente sono la gestione del personale, il bilancio, la gestione del sistema di protocollo e gli atti amministrativi. Abbiamo semplificato molto in quanto nella pratica i sistemi sono molti di più, ma se anche consideriamo una media di 6-7 software diversi per ogni comune siamo a circa 50mila moduli software potenziali diversi. Può la nostra amministrazione pubblica reggersi nel futuro con questo frazionamento? Certamente no.
La Regione Emilia Romagna, già da alcuni anni, sostiene e incentiva l’unificazione delle funzione informatiche con i progetti ALI (Alleanze Locali per l’Innovazione) e con il Riuso delle soluzioni all’interno della Community Network Regionale, ma nel Piano di Riordino Territoriale 2011 c’è forse l’intervento più significativo. Destinatari dell’intervento sono le gestioni associate formalmente costituite ovvero le Unioni di Comuni e le Nuove Comunità Montane. La RER ha stanziato 1,8 milioni di euro per finanziare l’unificazione dei back-office tra tutti i comuni di una stessa aggregazione. Una larga parte di questo finanziamento (800mila euro) è stato destinato all’area applicativa di protocollo e gestione documentale, mentre la parte più corposa (1 milione) è stata divisa tra 6 aree applicative: demografici, personale, concessioni e autorizzazioni, area contabile finanziaria, tributi, atti amministrativi. In pratica sono interessate a questa operazione la maggioranza dei sistemi utilizzati nei comuni tra cui mancano solo i servizi sociali e scolastici. L’ottenimento dei contributi è subordinato alla compatibilità dei sistemi scelti con gli standard regionali, in particolare per permettere il riuso dei sistemi di front office con i servizi rivolti ai cittadini.
Vorrei brevemente raccontare la mia esperienza e l’impatto che questa iniziativa ha avuto sull’attività della mia organizzazione, l’Unione Reno Galliera.
Dal 2007, la Reno Galliera, otto comuni per 70mila abitanti nella pianura nord di Bologna, ha iniziato un percorso di centralizzazione dell’informatica, sia a livello organizzativo, che tecnogico – sistemistico e contrattuale. Dal 2011 è iniziato anche il percorso di omogeneizzazione funzionale e applicativa e l’opportunità dei contributi regionali è stata decisiva per percorrere questa direzione che trova legittimamente, è utile ricordarlo, mille ostacoli sia nei fornitori che negli utilizzatori, gli uni timorosi di perdere quote di mercato, gli altri giustamente spaventati dal cambiamento.
I nove enti della Reno Galliera (otto comuni e l’Unione stessa) utilizzano oggi 4 software diversi nelle applicative più importanti. Nel momento in cui si doveva scegliere in quali aree intervenire, l’indirizzo politico è stato quello di agire sugli aspetti funzionali che più incidevano su quelli organizzativi e quindi sono state coinvolte queste 3 aree: protocollo e gestione documentale; economico finanziaria; atti amministrativi.
Per la scelta del software e del fornitore è stata esperita (o meglio al momento è in corso) una procedura aperta sopra soglia europea. La gara dovrebbe essere il metodo naturale per l’assegnazione dei contratti nella Pubblica Amministrazione, ma purtroppo per il software nei piccoli enti spesso non è così: le procedure a evidenza pubblica ‘spaventano’ chi deve acquisire sistemi informativi molto di più rispetto a chi deve realizzare un’opera o gestire un servizio sociale o scolastico.
In altra sede[1] ho già evidenziato la poca concorrenza che c’è in questo settore, le grandi barriere d’ingresso e la tendenza molto frequente, pur restando nella legittimità, a scegliere affidamenti diretti; penso invece, che ci si dovrebbe ‘allenare’ alle gare, lavorando il più possibile sulla fase progettuale di definizione dei requisiti e sulla fase di controllo nell’esecuzione del contratto.
Ho cercato quindi di essere coerente con questa linea: è stata scelta una procedura a lotto unico perchè l’interoperabilità tra i sistemi diversi è stata valutata un elemento indispensabile anche a scapito di una minore qualità dei singoli componenti. La nostra fornitura comprende oltre all’acquisto (e alle attività necessarie quale ad esempio la conversione dati), il contratto di manutenzione e assistenza per due anni, rinnovabili per altri due.
Nel momento in cui questo articolo viene scritto siamo nel pieno svolgimento della gara e quindi non è opportuno fare nessun tipo di commento. Solo nel medio periodo (diciamo uno o due anni) sapremo se le scelte fatte in questa fase (omogeneizzazione dei sistemi trasversali, gara pluriennale a lotto unico, adesione agli standard regionali) nelle quali io credo fermamente si sono rivelate corrette.
Possiamo pensare quindi di avere 50mila moduli software per ottomila comuni? La risposta è ovviamente no, con il modello proposto possiamo ridurre la complessità di 10 volte e pensare di arrivare a cinquemila, ma si può fare certamente di più. Gli interventi su base volontaristica hanno un’efficacia limitata: è per questo che un coordinamento centrale, almeno a livello regionale, è necessario per porre la PA davanti ai cittadini, come un’entità unica con un disegno comune. La tanto attesa riforma dell’istituzioni statali non può prescindere dalla revisione della Governance della ICT nelle amministrazioni locali.
*Emanuele Tonelli è Responsabile del Servizio Informatico Associato – Unione Reno Galliera (Normal
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