PA e migrazione in Cloud: buone pratiche e modelli di procurement per vincere la sfida dell’attuazione
La migrazione in Cloud di dati e servizi rappresenta una delle principali sfide, nei prossimi cinque anni, per la pubblica amministrazione, come previsto dalla Strategia Cloud Italia, e nel quadro degli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Per vincere la sfida è indispensabile conoscere e impiegare al meglio gli strumenti di procurement oggi disponibili nell’attuazione degli interventi previsti da PNRR e Strategia Cloud Italia, valorizzare le buone pratiche, tener conto delle criticità e dei problemi aperti.
Su questi temi si è focalizzato l’incontro organizzato da FPA, in collaborazione con AWS e INTEL, per condividere riflessioni ed esperienze tra i protagonisti dell’innovazione di alcune tra le più importanti realtà pubbliche italiane
23 Maggio 2022
Redazione FPA
La PA può svolgere un ruolo fondamentale per la trasformazione digitale del Paese, grazie alle ingenti risorse messe a disposizione dal PNRR, alla gestione di piattaforme digitali di fondamentale importanza, alla grande quantità di informazioni e dati, al contatto diretto con i cittadini. “Il cloud potrebbe rappresentare un moltiplicatore per questo ruolo”, aggiunge Luca Gastaldi, direttore Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano e membro della segreteria tecnica per l’attuazione del PNRR – Presidenza del Consiglio dei Ministri, prevedendo che il 2022 sarà l’anno del cloud. Finora infatti le innovazioni (come ANPR, PagoPa, Spid, IO) hanno riguardato soprattutto il front office, mentre la prossima fase dovrà essere rappresentata dalla razionalizzazione dei data center, dalla migrazione al cloud e dall’interoperabilità applicativa. A tal fine vanno raccordati il PNRR e gli altri piani strategici, come è già stato fatto con il Piano triennale per l’informatica pubblica, per sfruttare le risorse di diversa origine, come i 30,6 Mld di euro del Fondo Nazionale Complementare e i 76 Mld di euro di Fondi strutturali e Horizon Europe. “Le risorse non mancano ma vanno spese bene – sottolinea Gastaldi – Il 35% dei 191 mld di euro del PNRR, va agli enti territoriali che hanno non poche difficoltà a causa di carenza di competenze. Da qui la responsabilità delle grandi amministrazioni centrali in un ruolo di guida”.
Andando ad analizzare in dettaglio le diverse voci di investimento, emerge che 9,72 mld di euro sono destinati allo specifico della digitalizzazione, innovazione e sicurezza della PA. La criticità nasce dai tempi stretti previsti e dai tanti appuntamenti da rispettare. È il caso dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici entro giugno prossimo, della digitalizzazione di 10 milioni di fascicoli giudiziari entro giugno 24, delle varie tappe della digitalizzazione delle grandi amministrazioni centrali previste nei prossimi quattro anni. “Per riuscire a rispettare le tante scadenze, per le PA centrali è fondamentale conciliare visioni di breve e di lungo periodo, non inseguendo solo l’emergenza”, suggerisce Gastaldi.
Importante dunque sfruttare nel modo migliore sia le risorse finanziarie sia gli strumenti tecnologici disponibili grazie al mercato di servizi digitali alla PA italiana (MePA) e agli accordi quadro Consip che rappresentano il principale strumento per la trasformazione digitale delle amministrazioni centrali.
Migliorare il procurement
“Nel 2020 la PA ha fatto acquisti per un valore dello stesso ordine di grandezza delle risorse del PNRR – ricorda Gastaldi – Il tema è dunque come migliorare il procurement pubblico”. Ci sono dunque spazi per comprimere i tempi, migliorare la qualità della spesa e, possibilmente, risparmiare.
Secondo le analisi dell’Osservatorio, una gara pubblica per soluzioni digitali viene mediamente assegnata 4-5 mesi dopo la scadenza. La buona notizia è che i tempi di aggiudicazione per le gare pubbliche di soluzioni digitali si stanno riducendo.
Sul versante qualità, il piano triennale, il D.L. semplificazioni e il PNRR puntano ad aumentare la quota servizi digitali offerti alla PA, andando a modificare la situazione attuale che vede la prevalenza di un’offerta da parte dei fornitori digitali che punta soprattutto di prodotti e body rental, tendenza confermata dal dibattito.
Transizione al cloud: benefici e ostacoli
I partecipanti all’incontro sono consapevoli dei benefici che il passaggio al cloud comporta, come evidenziano le risposte al poll istantaneo. Al primo posto è indicata la scalabilità delle risorse, seguita dall’agilità operativa e dall’efficientamento con conseguente riduzione dei costi. Fra i rischi e gli impedimenti viene segnalata la mancanza di committment del vertice dell’amministrazione sul passaggio al cloud, la carenza di competenze e la necessità di re-skilling, la complessità che deriva dalla gestione di più fornitori.
AWS propone la metodologia Migration Acceleration Program (MAP), sperimentata anche con alcune grandi aziende pubbliche nazionali, per facilitare e accelerare la migrazione, attraverso il training di specialisti a livello di management e governance, il supporto finanziario, l’impiego di strumenti AWS e la collaborazione dei partner. Il percorso, illustrato da Diego Esposito, ProServe Advisory Lead Italia – AWS, prevede tre step: una valutazione preliminare sulla cloud readiness, attraverso l’analisi delle infrastrutture e degli applicativi; la decisione degli obiettivi della migrazione, della scelta di cosa trasferire in cloud, delle strategie di migrazione; l’implementazione del passaggio al cloud e la sua ottimizzazione continua.
Restano alcune domande che il dibattito solleva, come ad esempio cosa tenere in casa e cosa sia utile trasferire, in particolare, se il cloud agevoli soprattutto le attività rivolte all’esterno mentre per dati e applicazioni impiegati internamente sia preferibile continuare a operare on premise.
“Il problema legacy esiste – ammette Sergio Gianotti, Head of Italy PS, AWS – Molte amministrazioni stanno guardando allo sviluppo di nuove app in logica cloud native che favorirà la migrazione non solo in logica lift & shift che porta pochi benefici. Il vero beneficio nasce infatti dall’utilizzo esteso con vantaggi anche per le applicazioni usate internamente”.
Un’ulteriore criticità evidenziata riguarda l’assegnazione dei costi ricorrenti derivanti dal cloud, che finirebbero allo stato attuale come spesa corrente. Pur tenendo conto del suggerimento dalla platea, di considerare come investimenti i costi delle licenze relative alle soluzioni cloud, va comunque presa in considerazione la necessità di rivedere, per quanto riguarda il cloud, il rapporto Opex/Capex, oggetto di revisione, come nota Gastaldi.
Giannotti, ricordando la disponibilità della pratica cloud economics di AWS per aiutare le amministrazioni a calcolare il TCO del cloud, sottolinea il fermento nella PA e la volontà di approfittare delle opportunità, oltre il PNRR, sul tema del cloud che fa presagire un punto di svolta.
AWS, presente in Italia da sei anni, ha aperto da due anni una region, con tre availability zone a cui corrispondono tre data center in grado di erogare i principali servizi AWS garantendo resilienza, disponibilità, bassa latenza e sovranità del dato, ossia residenza fisica in Italia.