PA, necessaria una inversione di tendenza: focus sui dati e non sulle applicazioni

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Nonostante “trasformata in bit”, la burocrazia è rimasta tale, e i moduli online sono copie telematiche dei moduli cartacei. Serve una inversione di tendenza “strutturale”: guardando più ai dati che non alle applicazioni, ma in modo consapevole. Aver pubblicato gran messe di “Open Data” non ci placa la coscienza

13 Aprile 2016

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Luigi Sculco, dirigente Area DWH, BI e Internal Audit, DCSIT, Inps

SPID e centralizzazione delle anagrafiche di cittadini e aziende sono attività d’unificazione senza pari che, se portate avanti con perseveranza, potranno sicuramente dare un vantaggio competitivo alla nazione in termini di efficientamento e razionalizzazione dei servizi forniti elettronicamente dalla PA. L’avere un unico “sistema di coordinate” per certificare chi accede, infatti, fa sì che si possano abbandonare controlli singoli che inequivocabilmente “pesano” sui singoli data center e inevitabilmente introducono difformità.

Il vantaggio è anche un altro: l’utente appare coi medesimi attributi a tutte le PA cui esso si connette per aver servizi. In conseguenza di ciò, i compartimenti della PA avrebbero un unico modello di riferimento, sia per erogare servizi, sia per monitorare eventuali dinamiche.

Il problema, purtroppo, resta uno ed è tutto italiano: nella PA vige a tutt’oggi il concetto che “il dato è potere” e ciò lo si nota con la scarsa reattività a far circolare dati e informazioni tra le PA e agli alti tassi di “protezione” degli stessi che, a conti fatti, han fatto sì che il modulo telematico somigliasse fortemente al modello cartaceo di burocratica memoria. In buona sostanza, nonostante “trasformata in bit”, la burocrazia è rimasta tale, tant’è che non è riuscita a sfruttare in modo considerevole la risoluzione del “problema dell’input” grazie alla telematizzazione dei servizi (il “dimagrimento” operativo di complessità dovuto all’acquisizione manuale di moduli cartacei). Le applicazioni che cablano i processi amministrativi non si sono granché semplificate e questi ultimi continuano a ricalcare le fasi burocratiche “ante automazione”, sebbene ci stiano timidi progressi.

Anche INPS soffre del medesimo problema e lo si nota dall’attenzione ancora fortemente concentrata sugli applicativi, e molto meno sull’informazione e sul dato, sebbene buona parte delle richieste provenienti dall’esterno somiglino più a “queries sugli archivi” che non a servizi massivi di “line”.

Serve una inversione di tendenza “strutturale”: guardando più ai dati che non alle applicazioni e facendo circolare l’informazione seguendo il criterio, sospinto da SPID, che “la PA è una” si possono realizzare ingenti risparmi e recuperi in termini d’efficienza, efficacia, economicità e qualità del servizio, senza contare la semplificazione che da un tal processo deriva. Aver pubblicato gran messe di “Open Data” non ci placa la coscienza, è importante che il dato giri tra le PA, sprigionando l’energia del significato che trasporta (informazione utile per migliorare l’attività istituzionale in senso lato).

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