PagoPA non basta: solo il 30% degli Enti sceglie i servizi on line
A marzo 2016 alla piattaforma sviluppata da AgID hanno aderito più di 13.500 Enti. L’adesione è un passo fondamentale per l’omogeneizzazione e la diffusione dei sistemi di pagamento verso la PA. Tuttavia è necessario che ciascun Ente integri la piattaforma nazionale con il back proprio office, non sempre supportato da adeguati sistemi informativi
5 Aprile 2016
Michele Benedetti, Osservatori Politecnico di Milano
PagoPA, il nodo dei pagamenti realizzato dall’AgID, si propone come una risposta concreta all’annoso problema di digitalizzazione dei pagamenti alla Pubblica Amministrazione. A marzo 2016 hanno aderito più di 13.500 Enti, di cui 4.300 tra Comuni e Comunità Montane. L’adesione è un passo fondamentale perché mette le basi per l’omogeneizzazione e quindi la diffusione dei sistemi di pagamento verso la PA. Tuttavia, affinché sia possibile conseguire i benefici desiderati è necessario che ciascun Ente integri la piattaforma nazionale con il back proprio office, non sempre supportato da adeguati sistemi informativi: se la presenza del gestionale nei tributi è infatti del 97%, per altre funzioni non raggiunge il 30%. Le percentuali si abbassano ulteriormente quando si parla di integrazione tra i gestionali a supporto delle singole funzioni e quello della contabilità: la comunicazione automatizzata con il software dei tributi esiste nel 50% dei casi, mentre è stata implementata da meno del 15% dei rispondenti nel caso di edilizia, polizia locale, pubbliche affissioni, attività produttive e servizi socio assistenziali. Tale quadro delinea alcune criticità già nelle fasi antecedenti le richieste di pagamento, dal momento che i dati necessari a individuare chi dovrebbe effettuare i versamenti e a quanto ammonterebbe l’incasso non sono in larga parte in formato digitale. Criticità che si riscontrano evidentemente anche nella fase di riconciliazione tra i flussi finanziari e le posizioni debitorie.
Per quanto riguarda il front office, dall’indagine emerge come solamente il 20% degli Enti rispondenti offra almeno un canale digitale e, fatta eccezione per la funzione tributi in cui il pagamento avviene nell’84% dei casi tramite modello elettronico F24 dell’Agenzia delle Entrate, lo strumento maggiormente utilizzato rimane il bollettino postale, che per nessuna tipologia di pagamento registra meno del 50% delle transazioni. Sono pochissimi ( 2% dei rispondenti) gli Enti che confluiscono in una piattaforma unica tutti i pagamenti effettuati dai propri cittadini, mentre è leggermente più alta la percentuale di coloro che mettono a disposizione un fascicolo dei pagamenti (7%) per permettere ai cittadini di consultare la propria posizione debitoria.
Ma quali le criticità percepite dagli Enti? Innanzitutto la necessità di riorganizzare internamente gli uffici (29%), poi la scarsa formazione al personale (17%) e, quindi, la necessità di investire in ambito tecnologico (17%). Una gestione unitaria dei sistemi di pagamento potrebbe facilitare l’attivazione di canali digitali, ma l’indagine evidenzia come questa sia, nella maggioranza dei casi, frammentata nelle diverse aree organizzative che gestiscono le singole entrate (polizia municipale, tributi, servizi scolastici, ecc.): solamente nel 29% degli casi esiste un’unica unità organizzativa (di solito il settore informatico o con delega all’innovazione) che sceglie come digitalizzare il canale di pagamento dell’Ente. Laddove però i pagamenti sono stati digitalizzati, numerosi sono i benefici riscontrati, su tutti la riduzione del tempo di gestione dei procedimenti (45%), seguito dalla riduzione dei tempi di riscossione, dei costi di gestione e del personale dedicato. Il 40% dei rispondenti ritiene inoltre che digitalizzare i pagamenti concorra a migliorare l’immagine stessa dell’Ente. Benefici che però spesso rimangono solo teorici dal momento che i servizi digitali messi a disposizione per pagare la PA sono stati utilizzati da poco più del 20% dei cittadini, come evidenziato dall’indagine condotta con Doxa nel 2015. Perché? Oltre alla diffidenza verso l’online (60%), le motivazioni addotte da circa il 40% dei cittadini che ha dichiarato di non averli utilizzati riguardano la mancata conoscenza dell’esistenza del servizio, la scarsa fruibilità dei servizi e la difficoltà a trovarli sul Web. Fattori su cui si potrebbe intervenire da subito con relativa semplicità per aumentare considerevolmente l’utenza dei servizi.