PanelPA “Open data: l’Italia s’è desta?”
Le istituzioni pubbliche producono e possiedono una enorme quantità di dati che – non va dimenticato – appartengono alla collettività. Quando si parla di "open data" si parla di rendere questi dati e informazioni disponibili e accessibili direttamente on line in formati che ne permettono l’elaborazione. Abbiamo cercato di capire quanto gli iscritti alla nostra community conoscano questo tema e quale percezione abbiano sulle opportunità aperte dagli open data, sui fattori che ancora ne ostacolano l’adozione nel nostro Paese e su come si potrebbe intervenire per superare questi ostacoli.
2 Marzo 2012
Michela Stentella
Le istituzioni pubbliche producono e possiedono una enorme quantità di dati che – non va dimenticato – appartengono alla collettività. Quando si parla di "open data" si parla di rendere questi dati e informazioni disponibili e accessibili direttamente on line in formati che ne permettono l’elaborazione. I dati “aperti” possono così essere utilizzati dai cittadini e dalle imprese anche per creare applicazioni di pubblica utilità. Si incrementano, in questo modo, la trasparenza, il controllo sociale, la partecipazione dei cittadini, la collaborazione tra pubblico e privato e si alimentano l’innovazione e la creatività, che servono da stimolo alla crescita economica.
Abbiamo cercato di capire quanto gli iscritti alla nostra community conoscano questo tema e quale percezione abbiano sulle opportunità aperte dagli open data, sui fattori che ancora ne ostacolano l’adozione nel nostro Paese e su come si potrebbe intervenire per superare questi ostacoli.
Sono 1.574 le interviste valide del PanelPA[1], che si è svolto dal 15 al 24 febbraio 2012.
Ecco una sintesi dei risultati.
Se l’obiettivo del Panel era, prima di tutto, rilevare il livello di conoscenza della community di FORUM PA sul tema open data, quello che emerge è che se ne sa ancora troppo poco: è necessario perciò continuare sulla strada della comunicazione, informazione e formazione in materia.
Di open data, infatti, si parla ormai da tempo anche in Italia e, soprattutto nell’ultimo anno, la discussione è uscita dai “circoli ristretti” per arrivare sempre più spesso sulle pagine dei giornali, soprattutto dopo la nascita del portale nazionale Dati.gov.it e, ultimamente, con l’istituzione della Cabina di Regia dell’Agenda Digitale del Governo Monti.
FORUM PA è stato tra i primi ad approfondire questo tema, ma c’è ancora molto da fare visto che i partecipanti al nostro Panel – il 74% dei quali tra l’altro appartiene al settore pubblico – dichiara di non essere ancora molto informato: solo il 7% ha una conoscenza approfondita del tema, appena il 28% buona, il 39% sufficiente e il 26% addirittura scarsa. Solo il 30% conosce amministrazioni che hanno avviato iniziative di diffusione di open data e solo il 14% soluzioni o servizi realizzati a partire dall’utilizzo di open data.
L’open data è…principalmente un tema culturale, secondo il nostro Panel. Non sono, quindi, gli aspetti tecnici a balzare in primo piano, ma semmai quelli legati alla maturità di approccio nei confronti di un argomento relativamente nuovo. Anche gli aspetti politici ed economici vengono prima di quelli strettamente tecnici, che rimangono quindi relegati in ultima posizione.
Open data e sviluppo. I partecipanti al Panel sono in larga maggioranza fiduciosi rispetto al ruolo che la diffusione degli open data potrebbe avere nel favorire lo sviluppo economico e sociale del Paese. Solo il 4% dei rispondenti pensa, infatti, che la loro influenza sarebbe poco rilevante, mentre il 93% la giudica tra abbastanza e molto rilevante.
In particolare, viene posto l’accento sulle opportunità che la disponibilità di dati aprirebbe per la creazione di nuovi servizi a valore aggiunto anche da parte dei privati, con relative opportunità di crescita e sviluppo per le imprese. Ben il 46% dei rispondenti ritiene, infatti, che sarebbe questa la conseguenza più rilevante di una diffusa adozione delle strategie open data. Questo aspetto supera di gran lunga quelli che investono più direttamente il rapporto PA-cittadini in un’ottica di maggiore trasparenza delle amministrazioni (fattore pure prioritario quando si parla di messa a disposizione di dati e informazioni da parte della PA) e di maggiore consapevolezza e partecipazione grazie all’accesso diffuso e diretto ai dati pubblici.
In Italia a che punto siamo? Alcune realtà si stanno muovendo, ci sono esempi anche importanti di amministrazioni che si stanno impegnando per liberare i dati. Ne abbiamo parlato in diverse occasioni e qui ricordiamo, tra le altre, l’esperienza della Camera dei Deputati e del Cnr, oltre a diverse amministrazioni locali (tra cui Regione Piemonte, Regione Emilia-Romagna, Regione Veneto, Comune di Udine, Comune di Firenze). Tuttavia secondo il nostro Panel l’Italia non ha ancora fatto il salto di qualità verso una progressiva e generalizzata applicazione delle strategie open data: siamo in una fase di discussione e approfondimento (per il 30% dei rispondenti) o al massimo di sperimentazione in alcune realtà (per il 52% dei rispondenti).
A questo proposito, sul portale nazionale Dati.gov.it è stata recentemente pubblicata un’infografica che fornisce una “mappa degli open data in Italia”.
Gli ostacoli. Resistenze culturali, scelte politico/strategiche, problemi organizzativi, mancanza di professionalità adeguate: sono diversi i fattori che potrebbero ostacolare la diffusione di un’ampia strategia open data. Ma non è detto che le resistenze siano solo interne alle amministrazioni: cittadini e imprese sono pronti a cogliere le opportunità offerte dagli open data?
Secondo il nostro Panel quello che manca è soprattutto una politica nazionale, una visione strategica che valorizzi le diverse iniziative avviate e le inserisca all’interno di un quadro coerente e di un progetto condiviso. Questo aspetto è indicato dal 35% dei rispondenti.
Gli altri fattori messi in evidenza dal nostro Panel sono tutti interni alla PA e di tipo prevalentemente culturale: la resistenza ad avviare processi di trasparenza (per il 29% dei rispondenti) e la scarsa consapevolezza delle potenzialità degli open data (per il 13%). Solo in quarta posizione si trova la poca familiarità da parte delle amministrazioni con strumenti e tecnologie per la messa a disposizione di open data (11% del Panel), un aspetto quindi che evidenzia un ritardo di aggiornamento e la mancanza di professionalità adeguate.
In definitiva, non si avverte tanto una carenza dal punto di vista tecnologico quanto un problema di maturità e la mancanza di una visione strategica.
Le proposte. Abbiamo chiesto al nostro Panel di indicarci quale intervento potrebbe invece agevolare la diffusione degli open data.
E se, come abbiamo detto all’inizio, l’open data viene percepito principalmente come un tema culturale, quello che si chiede alle amministrazioni è proprio di fare un salto di qualità da questo punto di vista. Per il 41% dei rispondenti, infatti, è necessario prima di tutto un processo di formazione “culturale” della PA che aiuti a comprendere le opportunità aperte dalla diffusione degli open data.
A seguire, ma comunque ben distanziati, si collocano l’adozione di una legislazione che regolamenti l’adozione degli open data (19%) e un processo di formazione “tecnica” della PA su strumenti e tecnologie per rendere disponibili (e costantemente aggiornati) i dati in formato aperto (17%).
Solo in ultima analisi (11% del Panel) vengono chiamati in causa soggetti diversi dalle amministrazioni e la necessità di un processo di formazione “culturale” anche per i cittadini e le imprese sul tema degli open data.
Sia dalla domanda relativa agli ostacoli che da quella relativa alle proposte, emerge quindi un concetto: la palla sta in mano a chi detiene i dati e deve scegliere se e come metterli a disposizione. Almeno in questa fase, si attribuisce un peso minore ai destinatari: come dire, liberiamo i dati e poi si vedrà se cittadini e imprese hanno la voglia e le capacità di metterli a frutto.
Un dato confermato anche dalle risposte alla domanda esplicita su quali soggetti dovrebbe principalmente farsi carico di promuovere iniziative per la diffusione degli open data: per primo viene indicato il governo centrale (60% del Panel), poi gli enti locali (29%) e solo in minime percentuali la società civile (associazioni di cittadini e imprese).