Parte la corsa per diffondere l’identità digitale: la roadmap e le sfide 2016
5 Gennaio 2016
Nello iacono, Stati Generali dell'Innovazione
Sembra che finalmente siano presenti tutte le condizioni perché l’identità digitale possa diventare dal 2016 una realtà per i cittadini italiani. Si scontano un po’ di ritardi di vario genere (per il parere del garante della privacy sulla prima versione del regolamento emanato da AgID, per la definizione del modello di business e degli accordi con gli Identity Provider), che hanno impedito di poter mantenere l’obiettivo dichiarato dal ministro Madia di 3 milioni di identità digitali rilasciate già nel 2015. Ma, come afferma Eugenio Prosperetti, avvocato esperto nei temi del digitale, “l’identità digitale è finalmente in partenza. Sono stati messi a posto gli ultimi tasselli: il regolamento aggiornato dell’Agid, che rafforza la sicurezza del sistema a seguito delle verifiche in sede di implementazione e che ha ricevuto il 23 dicembre scorso parere favorevole del Garante Privacy (diversamente dal precedente, che aveva invece avuto varie richieste di correttivi), la convenzione tipo che Agid stipulerà – ed anzi, ha già iniziato a stipulare – con i soggetti del sistema SPID, gestori di identità in primis, gli accreditamenti dei primi gestori di identità. Con l’annunciata riforma del CAD, che irrobustirà ulteriormente il CAD sul tema SPID, potranno essere rilasciate le prime identità ”.
La sfida che si presenta è, adesso, quella legata alla rapidità con cui le amministrazioni aderiranno a SPID e quindi quanto velocemente saranno resi accessibili, attraverso le identità digitali rilasciate ai cittadini, tutti i servizi delle pubbliche amministrazioni. Si inizierà con le amministrazioni già coinvolte nella prima fase del progetto (sei Regioni – Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Piemonte, Toscana-, tre amministrazioni centrali come Agenzia delle Entrate, Inail, Inps e dal comune di Firenze) grazie alle quali saranno oltre 300 i servizi online della PA accessibili tramite SPID. La rapidità di questo processo di adesione è necessaria, perché solo in questo modo, se i servizi pubblici saranno erogati via SPID, i cittadini saranno spinti a richiedere l’identità digitale. Mantenere troppo a lungo la doppia modalità di accesso ai servizi (alcuni con SPID e alcuni con le procedure attuali) può ingenerare nei cittadini confusione e, in alcuni casi, anche aumentare la difficoltà di accesso. La preoccupazione si sposta quindi anche su questo versante, degli utenti, legato in gran parte al basso livello di competenze digitali della popolazione italiana. Ancora Prosperetti: “ Per parafrasare una celeberrima frase, fatta l’identità digitale ora bisogna fare i cittadini da identificare, infatti, a questo punto, superati i (notevoli) scogli normativi all’attuazione e all’inizio dell’amministrazione accessibile tramite identità digitale, occorrerà un lavoro intenso e non breve, nei successivi 24 mesi – questo il termine di legge – per convincere i cittadini a dotarsi di SPID e le amministrazioni ad utilizzare (cosa peraltro obbligatoria) SPID nei propri processi in maniera semplice, efficiente e senza percorsi alternativi verso le “vecchie” procedure”. In questo senso l’accoppiata SPID-domicilio digitale dovrebbe rendere il cittadino capace di “resistere” a pretese dell’Amministrazione di continuare a usare la carta. Il successo di SPID dipende dunque innanzi tutto dal fatto che i cittadini la impieghino, da subito e convintamente, formando così una massa critica che metta le Amministrazioni in condizione di dover, da subito, digitalizzare pervasivamente i propri processi.
Sarà decisiva, in questo percorso, l’efficacia del piano di diffusione predisposto da Agid, che dovrà prevedere attività di comunicazione e disseminazione massiva, ma anche formazione puntuale per il personale delle amministrazioni pubbliche, sia di tipo tecnico che gestionale, forse anche con l’organizzazione di attività di accompagnamento che contempli anche task force di supporto a livello territoriale. I 24 mesi previsti come periodo massimo di adesione delle amministrazioni dovranno essere scanditi con un monitoraggio serrato e puntuale, perché siano sufficienti per tutte le amministrazioni ma anche perché consentano l’inclusione della gran parte della popolazione, oltre che per valutare attentamente l’adeguatezza delle scelte fin qui fatte e l’opportunità di riallineamenti. È per questa ragione determinante che l’azione di diffusione dell’identità digitale sia realizzata in modo del tutto organico sia con il programma di sviluppo delle competenze digitali, come positivamente si evince nel documento strategico della Coalizione per le competenze digitali , sia con la necessaria riorganizzazione dei processi delle pubbliche amministrazioni, per cui è altrettanto importante delineare un percorso di supporto e accompagnamento, oltre che con una sensibilizzazione adeguata verso le imprese, che hanno la possibilità di definire nuovi servizi, sempre più personalizzati. Perché la diffusione dell’identità digitale è, infatti, un processo dove la componente tecnica non è prevalente, e rappresenta una delle principali innovazioni, uno dei cambiamenti a maggiore impatto, uno dei pilastri della realizzazione della cittadinanza digitale.