Per una volta Report si è persa fra le “nuvole”
L’ultima puntata della trasmissione di Milena Gabanelli è stata dedicata ad alcuni aspetti delle probabili insidie connesse all’uso della rete, con risultati francamente deludenti. Troppo allarmismo, che si può tradurre in eccessiva diffidenza per coloro (nel nostro Paese sono ancora molti) che devono ancora accostarsi a Internet. È necessaria una conoscenza più approfondita delle peculiarità che può offrire la “cloud”, e l’ormai imminente appuntamento con FORUM PA può rappresentare un ottima occasione per saperne di più e capire meglio i meccanismi che ne contraddistinguono il funzionamento.
13 Aprile 2011
Tiziano Marelli
L’ultima puntata della trasmissione di Milena Gabanelli è stata dedicata ad alcuni aspetti delle probabili insidie connesse all’uso della rete, con risultati francamente deludenti. Troppo allarmismo, che si può tradurre in eccessiva diffidenza per coloro (nel nostro Paese sono ancora molti) che devono ancora accostarsi a Internet. È necessaria una conoscenza più approfondita delle peculiarità che può offrire la “cloud”, e l’ormai imminente appuntamento con FORUM PA può rappresentare un ottima occasione per saperne di più e capire meglio i meccanismi che ne contraddistinguono il funzionamento.
Devo dire con un po’ di rammarico che l’ultima puntata di Report, domenica scorsa, mi ha lasciato con l’amaro in bocca. La trasmissione di Milena Gabanelli, stavolta dedicata a Internet e in particolare ad alcuni dei suoi protagonisti assoluti – anzitutto Facebook e Google, ma anche Twitter e Youtube – mi è sembrata per una volta non all’altezza della (giustissima) fama che di solito la contraddistingue. Il largo spazio dedicato all’argomento-rete, nell’occasione, è stato infatti occupato in maniera indubbiamente allarmista, senza che si tenesse in giusto conto il fatto che chi naviga abitualmente non è uno sprovveduto tout court, buono per tutti i raggiri e pronto a far da vittima come una sorta di agnello sacrificale alle insidie, con i “cattivi tecnologici” pronti a mangiarsi l’ingenuo di turno in un sol boccone.
Certo, è vero: chi sceglie – ad esempio – di far parte della comunità di Facebook deve sapere che condividendo idee, immagini e amicizie fornisce di sé un profilo che nel tempo si delinea sempre più perfettamente, fino a tratteggiare un contorno preciso e ben inquadrabile delle proprie inclinazioni personali complessive. Ancora, chi entra in Google andando – per esempio – a cercare in maniera continuativa i risultati della parola-chiave “casa”, non si stupirà più di tanto se dalla terza volta che digiterà quelle quattro lettere dal suo pc sul motore di ricerca più potente del mondo nella colonna di destra cominceranno ad apparire riferimenti delle principali agenzie immobiliari della sua città. Il fatto è che in entrambi i casi i soggetti in questione lo sanno benissimo oppure, se all’inizio del loro “viaggio condiviso” non se lo potevano immaginare, ben presto se ne saranno fatta una ragione, e decidere di rimanere in quel contesto diventa azione del tutto conscia. Credo dunque che si tratti di casi definibili come “scelte consapevoli”, e qui sta il punto: chi naviga normalmente diventa assolutamente consapevole, nel giro di pochissimo tempo, rispetto a quello che può trovarci e alle sorprese che possono pioverci addosso, volenti o nolenti.
Si può azzardare che Report, in questo caso, abbia fornito una serie di informazioni ad uso e consumo di un personaggio tipico, ma atipico in questa nostra era tecnologica, esistente soprattutto Italia, Paese che si colloca ancora abbastanza lontano dal raggiungere parametri medi europei accettabili di frequentazione su Internet: il neofita della rete, colui che ancora non la conosce o va (finalmente!) accostandosi. Dopo aver visto la trasmissione di domenica scorsa, la diffidenza in questo tipo di persone non potrebbe che rivelarsi maggiore: futuri e sperabili frequentatori di Internet che così hanno ora introiettato l’assunto che presto si potranno ritrovare ingabbiati alla stregua di fantocci inani nelle mani di servizi segreti al soldo (gratuito, fra l’altro) di chissà quali potenze straniere o di promotori pubblicitari intrusivi e senza scrupoli. In pratica, al centro di quella che è l’ormai annosa contrapposizione fra chi immagina la cloud (la nuvola, cioè la rete stessa) come l’unico futuro auspicabile di sviluppo della conoscenza, rispetto a coloro che invece ne sono gli strenui detrattori (a partire dal Garante della privacy) e che vedono nei cloud service e in ciò che dalla rete può discendere in termini di informazione passiva, data e ricevuta un pericolo più che serio.
Non ci resta che consigliare agli uni e agli altri una partecipazione al prossimo FORUM PA, dove è previsto un preciso percorso espositivo e congressuale dedicato proprio al cloud computing, oltre che un evento specifico organizzato in collaborazione con l’Autorità garante per la tutela dei dati personali. Ne potremo uscire tutti con le idee più chiare, utili per restare saldamente – anche se sembra un paradosso – nelle “nuvole”, quelle che la modernità fa girare sulla nostra testa di internauti, più o meno abituali.