Pianificazione, organizzazione, controllo: il management negli enti locali.

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3D Team Leadership Arrow Concept

by lumaxart

Conosciamo i numeri: nei 701 comuni in Italia con una popolazione superiore ai 15.000 abitanti sappiamo – ce lo rivela un’indagine condotta da  FORUM PA per conto di Andigel, Associazione Nazionale dei Direttori Generali Enti Locali, nel novembre scorso – che  i Direttori generali “puri” (ossia che non siano anche Segretari comunali) in carica ad oggi sono 145 pari al 20,3% dei posti teoricamente possibili: di questi il 49% è nelle città sopra i 100.000 abitanti e il 38% nei comuni capoluogo (40 su 104).

27 Maggio 2008

Articolo FPA
3D Team Leadership Arrow Concept

by lumaxart

Conosciamo i numeri: nei 701 comuni in Italia con una popolazione superiore ai 15.000 abitanti sappiamo – ce lo rivela un’indagine condotta da  FORUM PA per conto di Andigel, Associazione Nazionale dei Direttori Generali Enti Locali, nel novembre scorso – che  i Direttori generali “puri” (ossia che non siano anche Segretari comunali) in carica ad oggi sono 145 pari al 20,3% dei posti teoricamente possibili: di questi il 49% è nelle città sopra i 100.000 abitanti e il 38% nei comuni capoluogo (40 su 104).

263 comuni (pari al 42,4%) scelgono di non istituire del tutto la figura del Direttore generale mentre 262 Comuni (pari al 37,2%) attribuiscono la funzione del Direttore generale al Segretario comunale in carica unificando quindi le funzioni di gestione e di controllo. Sono uomini e donne – più uomini, in verità,  l’89,1% – “esterni” all’amministrazione di riferimento nel 74% dei casi e, generalmente, soggetti ad un forte turn-over – solo il 22% ha più di 5 anni di anzianità. Con questi numeri siamo autorizzati a parlare di un lento – la legge istitutiva di questa figura è la 127 del 1997 – ma inesorabile processo di managerializzazione dell’ente locale; è vero anche che proprio su questo aspetto c’è una sorta di “contenzioso” in corso con i Segretari Comunali che individuano se stessi come figura unica al vertice delle amministrazioni locali anche in virtù delle nuove competenze manageriali acquisite grazie a percorsi formativi ad hoc. Ora il problema è: quale ruolo, di cosa si occupano realmente coloro che sono al vertice degli enti locali, siano essi direttori, segretari con incarico di direzione o segretari che non hanno avuto la direzione? Il Direttore Generale ha veramente una propensione alla managerialità maggiore rispetto al Segretario Comunale? In altre parole, la presenza di questa figura rappresenta un valore aggiunto per gli enti locali?

Una ricerca originale, realizzata dal Centro Interdipartimentale per la ricerca nelle pubbliche amministrazioni dell’Università degli Studi di Salerno, con la collaborazione di FORUM PA, che si è interrogata sulla possibilità che i Direttori Generali esterni presidino con più intensità dei Segretari Generali i processi manageriali trasversali ad un ente, rivela che, effettivamente, c’è un atteggiamento diverso delle due figure professionali rispetto ai processi di pianificazione, organizzazione e controllo. Alessandra Storlazzi, Professore Associato dell’Università di Salerno, membro del gruppo di studio e ideatrice della ricerca, nota con entusiasmo che per le domande chiave del questionario l’indice di significatività statistica – il così detto χ² – è realmente molto elevato “..cosa che non accade, invece, per le risposte ad altre domande che mirano semplicemente a far emergere l’autovalutazione rispetto al proprio ruolo e per le quali la differenza nelle risposte non è così marcata”. In altre parole, Direttori Generali esterni, Segretari Comunali e Segretari Comunali con funzioni di direzione generale definiscono il proprio stile di leadership in modo pressoché analogo e hanno un’idea sostanzialmente concorde di quale sia l’elemento prevalente di soddisfazione del lavoro svolto, ma quanto a partecipazione attiva e proattiva alla definizione dei processi di pianificazione, organizzazione e controllo le posizioni divergono in modo sostanziale.

Quanto contribuisce all’elaborazione degli indirizzi di politica pubblica?

In breve. I Direttori Generali esterni collaborano sempre alla definizione degli indirizzi di politica pubblica: nel 55,3% dei casi partecipano “decisamente”nel 26,3% collaborano “abbastanza” e nel 18,4% dei casi “solo in parte”. I segretari comunali, invece, nel 12,7% – uguale la percentuale per i Segretari comunali con funzione di direzione generale – non collaborano affatto alla definizione degli indirizzi di politica pubblica; il 46,5% lo fa solo in parte. – sale al  30,4% la percentuale per quelli con funzione di Dg.

Il processo di progettazione della struttura organizzativa è decisamente seguito dai DG puri – 81,6% – e dai Segretari comunali con funzione di direzione – 75%; la percentuale scende decisamente nel caso dei Segretari comunali – 41,4% che lo seguono, per giunta, solo in parte. Ultimo, decisivo atto: il controllo. Il 79,5% dei Direttori Generali partecipa attivamente alla definizione del sistema di controllo di gestione, i Segretari Comunali lo fanno solo nel 23,4% dei casi mentre i Segretari Comunali con funzioni direttive si pongono in una posizione intermedia.

A parte la significatività di dati statistici sul ruolo delle figure di vertice negli enti locali, conta molto il fatto di percepire la funzione “manageriale” come significativa per la competitività di un ente locale. “Al di là degli slogan – spiega Michele Bertola, Presidente Andigel, al convegno di FORUM PA 2008 dove è stata presentata la ricerca – non è vero che in tutte le Pubbliche Amministrazioni locali ci sia lo stesso desiderio di portare efficienza e trasparenza. Non basta una norma – la 241/90 – che dice che l’azione amministrativa si ispira a criteri di efficienza, economicità ed efficacia: è come dire che le leggi sono volte al bene oppure che fare le cose bene è bene. Farlo davvero implica una volontà ed anche la capacità di farlo. Cambiare davvero, portare efficienza e trasparenza costa fatica e in una critica generalizzata – per richiamare il dibattito di questi giorni – in cui tutto sembra uguale il più penalizzato è proprio colui che ha provato ad innovare. Quello che personalmente ritengo un valore – continua Bertola –  non è tanto che, paradossalmente, non ci sarebbe neanche bisogno di una norma che autorizza a introdurre nell’organico dell’ente una figura di questo tipo, in nome di quella che è l’autonomia organizzativa, già normata dalla legge 142/90, a maggior ragione con il nuovo Titolo V; quello che è veramente interessante, dal mio punto di vista, è che questa figura non è obbligatoria”. Eppure, i dati ci dicono che la propensione ad una gestione manageriale dell’ente locale si sta diffondendo.

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