Pochi datacenter pubblici ma buoni: ecco la roadmap per il cambiamento
Sono arrivati tanti elementi sul piatto, a sostenere la tanto promessa razionalizzazione dei datacenter della PA. Vediamoli: si mira infatti, nei prossimi quattro anni, a migrare in Cloud il 70% del nostro Patrimonio ICT, oggi stimato attorno agli 11.000 Data Center
2 Novembre 2016
Luca Rea, Fondazione Ugo Bordoni
L’ha detto Antonio Samaritani, direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale: dopo un percorso ormai di qualche anno, finalmente si approda ad una svolta. Per la razionalizzazione Data Center, c’è una strategia e c’è una capitolo di spesa.
Dichiarazioni incoraggianti, che si accompagnano al recepimento da parte della Commissione Europea del documento “Strategia per la crescita digitale 2015-2020” di recente disponibile sul sito di AGID. Nella Strategia vengono riportate in modo chiaro tutte le iniziative necessarie al rilancio dell’intero comparto Digitale della Pubblica Amministrazione, tuttavia, ciò che appare evidente, è che la razionalizzazione del patrimonio ICT è un passaggio fondamentale e propedeutico a tutte le altre iniziative.
Ripercorrendo a ritroso le iniziative e tutte le azioni già intraprese dal governo e dall’Agenzia ci troviamo alle strette finali, all’alba di un tanto sospirato rilancio per certi versi ineludibile e che, se non troverà seguito immediato, corre il rischio di essere superato dai fatti e in particolare dalle iniziative locali.
Le iniziative dal 2015. Ripercorriamo i fatti a partire dallo scorso anno:
a) Aprile 2015 – Aggiudicazione dei servizi SPC: dopo un iter molto travagliato finalmente viene pubblicato il listino SPC2 per i servizi di connettività rivolti alle Pubbliche Amministrazioni.
b) Dicembre 2015 – legge di stabilità: si da il via nei fatti alla razionalizzazione del comporto, mettendo le amministrazioni nelle condizioni di dover risparmiare essendo previsti tagli del 50% sulla spese corrente ICT nel triennio 2016-2017. Il vantaggio è lo stimolo all’efficienza, il rischio è che i tagli si trasformino in tagli ai servizi offerti ai cittadini.
c) Aprile 2016 – Regolamento Europeo sul trattamento dei dati personali e la libera circolazione dei dati: si gettano le basi per l’interoperabilità dei sistemi informativi delle PP.AA e alla concreta possibilità di adottare servizi in Cloud.
d) Luglio 2016 – Aggiudicazione dei lotti 1 e 2 di SPC Cloud: viene reso disponibile alle Amministrazioni il listino dei servizi SPC Cloud; attraverso il listino è possibile cominciare un percorso di centralizzazione dei sistemi e degli applicativi.
e) Settembre 2016 – Testo del nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale: riferimento per tutto il settore Pubblico, getta le basi normative e, ancora in via di definizione, le regole tecniche per l’ammodernamento dei Sistemi Informativi nelle PP.AA.
f) Settembre 2016 – Decreto di Nomina del Commissario Straordinario per L’agenda Digitale (Dott. Diego Piacentini): viene dato un nuovo impulso da parte del governo al settore ICT; il Commissario ha budget, autonomia, poteri, ma soprattutto idee molto chiare specie in materia di Data Center
g) Ottobre 2016 – Dichiarazioni del Direttore Generale di AgID, Antonio Samaritani: presso il convegno Ernest Young di Capri 2016, il DG di AgID dichiara di avviare il processo di razionalizzazione dei Data Center a valere sul PON eGovernance per 50 milioni di euro in una prima fase e per ulteriori 40 milioni (da destinarsi alle Amministrazioni più piccole) in una seconda fase.
h) Ottobre 2016 – Testo definitivo, recepito dalla UE, della “Strategia per la crescita digitale 2014-2020”: già presentata il 3 marzo del 2015 assieme alla “Strategia per la banda ultralarga”, l’Italia incassa in estate il via libera dalla commissione.
Ma che punto siamo? E soprattutto, a che punto è il piano triennale di AGID che dovrebbe dire alle Amministrazioni non solo le cose da fare, ma anche come farle?
Del piano in effetti non c’è alcuna traccia, e qualche dubbio di natura tecnico-amministrativa, sorge proprio sulla possibilità di accedere ai fondi PON Governance (che almeno in origine non sembrano destinati ad opera infrastrutturali) per finanziare la razionalizzazione del Patrimonio ICT.
Il problema vero è che una manovra tanto ambiziosa, quella di razionalizzazione dei CED, che scardina un sistema di gestori locali stratificato negli anni, necessita di una azione incisiva che non può essere solo una lista di buona propositi o una sequenza di annunci.
Ad ogni modo, nell’attesa del Piano e delle prime azioni del nuovo Commissario è bene limitarsi, come sempre, a fare delle ipotesi ragionevoli su come possa concretizzarsi la razionalizzazione del patrimonio ICT proprio alla luce delle indicazioni che arrivano dall’ Europa e dei punti fermi Strategia Crescita Digitale.
Come già annunciato dalla stessa Agenzia, il processo di razionalizzazione passa dalla riduzione significativa delle infrastrutture materiali e immateriali, che spinge a ragionare (così cose si legge tra le righe del CAD) in termini di Poli Nazionali. Dunque una semplificazione fisica e logica, che passa dall’individuazione di pochi centri (pubblici o privati), suddivisi su base territoriale, o su base “tipologia di Amministrazione”. Lo scopo è quello di accentrare i sistemi, garantendo gli stessi servizi a tutte le Amministrazioni e tutti i cittadini presenti sul territorio. Nelle Strategia per la crescita digitale, si parla di razionalizzazione/evoluzione in Cloud dei Data Center; si mira infatti, nei prossimi quattro anni, a migrare in Cloud il 70% del nostro Patrimonio ICT, oggi stimato attorno agli 11.000 Data Center.
Una svolta epocale, per la quale ci domandiamo se sarà sufficiente il solo SPC Cloud, o se si renderanno necessarie nuove iniziative a vantaggio delle Amministrazioni.