Politica o burocrazia, chi ha ucciso Sher Kan?
Abbiamo parlato tanto spesso della distinzione tra politica ed amministrazione che ci sembra di sapere tutto. Poi muore per strada un immigrato, diventato clandestino perché il permesso di soggiorno, che per legge doveva essere rinnovato in venti giorni, ci mette invece mesi ad arrivare, e improvvisamente questo confine diventa drammaticamente incerto.
Di chi è la colpa? Per mettervi in condizione di rispondere da soli raccontiamo brevemente i fatti.
13 Gennaio 2010
Carlo Mochi Sismondi
Abbiamo parlato tanto spesso della distinzione tra politica ed amministrazione che ci sembra di sapere tutto. Poi muore per strada un immigrato, diventato clandestino perché il permesso di soggiorno, che per legge doveva essere rinnovato in venti giorni, ci mette invece mesi ad arrivare, e improvvisamente questo confine diventa drammaticamente incerto.
Di chi è la colpa? Di una politica che non riesce a capire che la garanzia dei diritti è come un tino che o tiene in tutte le sue doghe o si svuota inesorabilmente? Di un’amministrazione che dà in outsourcing processi delicati (qui ci sono di mezzo sia le Poste che il Poligrafico) e poi si dimentica di controllare la qualità del servizio? Di un’opinione pubblica distratta, mitridatizzata, abituata a succhiare omogeneizzati di informazione?
Per mettervi in condizione di rispondere da soli raccontiamo brevemente i fatti, drammaticamente di attualità dopo gli avvenimenti di Rosarno, ma che drammatici non sono, appartengono anzi a quella “banalità del male” che non sarebbe arrivata neanche alle cronache se non fosse stato per la tragedia di Sher Kan, leader della comunità pakistana di Roma, morto di freddo su una panchina dopo vent’anni di permanenza in Italia. In tasca aveva il cedolino di richiesta per l’ennesimo rinnovo del permesso di soggiorno… quando arriverà sarà troppo tardi.
Ma ecco i dati del problema:
- Oltre 500.000 cittadini stranieri attendono in Italia il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, la stragrande maggioranza ne ha diritto, a tutti serve per avere una vita civile;
- Una legge italiana, anzi “la” legge per eccellenza che regola l’immigrazione, il “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” recita al comma 9 dell’articolo 5 “Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda”;
- I venti giorni diventano in media 291 (è un dato del Ministero dell’Interno), tranne che in alcuni casi virtuosi, con punte di eccellenza (ad es. la questura di Rovigo) che comunque sono di 35 giorni;
- In alcuni casi un questore coraggioso, come il questore di Pavia, prende atto della situazione e decide di prolungare la validità del permesso di soggiorno con un timbro. Così, mentre si attendono i tempi della burocrazia, i richiedenti potranno, senza le difficoltà che conosciamo, richiedere un posto di lavoro, prendere la patente, iscrivere all’asilo i propri figli;
- Negli altri nulla: nessun rispetto dei tempi, nessuna azione risarcitoria, nessuna azione collettiva per chi non ha voce né diritti, anche se paga le tasse e lavora, magari a 25 euro al giorno.
E allora noi, poveri osservatori dei rapporti tra cittadini e istituzioni, ci chiediamo se è la burocrazia che non funziona, oppure se è la politica che si rifiuta di capire e di provvedere perché non sa vedere che l’immigrazione è opportunità e ricchezza, perché non capisce che, se si butta benzina sul fuoco, non ci si può poi meravigliare se l’incendio che scoppia non è più controllabile. O magari si è instaurata una sinergia negativa, in cui i due poteri si sostengono a vicenda: l’una alla ricerca di un consenso trovato nella pancia delle paure dei più poveri, l’altra abituata a tirare a campare.
Non è un editoriale allegro questo, finisco quindi, per sdrammatizzare, con un raccontino surreale alla Ionesco che ci ha narrato Shukri Said, segretaria dell’Associazione Migrare.
C’era una volta uno straniero con il permesso di soggiorno scaduto. Va alla posta e chiede il rinnovo, aspetta uno, due, quattro, dieci mesi… alla fine lo chiamano. Si presenta felice, ma solo per sentirsi dire che il permesso di soggiorno è scaduto… “Lo so – risponde il nostro straniero – è per questo che ne ho chiesto il rinnovo”. Gli risponde il solerte impiegato “che ha capito? non quello lì. Sto parlando di quello che le abbiamo rinnovato: è arrivato, ma era per nove mesi… quindi è già scaduto. Mi spiace, ma deve ricominciare da capo”. E così, come a Monopoli, la carta sfortunata, pescata nel mazzetto delle “probabilità”, lo rimanda al punto di partenza! Forse la seconda volta ce la farà, forse la polizia lo troverà prima e lo rimanderà a casa con un foglio di via, forse entrerà nella clandestinità della malavita organizzata. Forse….
La storiella ha due difetti: il primo è che non fa ridere, il secondo è che purtroppo è vera.
Per chiudere con una nota di speranza riporto, leggendolo da un comunicato di Palazzo Vidoni, che “una delegazione di immigrati, guidata da Gaoussou Ouattarà, accompagnata dal segretario dei Radicali Italiani, Mario Staderini, e dall’on. Rita Bernardini, è stata ricevuta il 4 gennaio dal Capo del Dipartimento della Funzione Pubblica, Antonio Naddeo dopo l’appello rivolto al Ministro Brunetta per il rispetto dei tempi di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno previsti dalla legge.
Nel corso dell’incontro gli esponenti dei Radicali Italiani, nell’illustrare le motivazioni che hanno indotto, sin dal 13 dicembre 2009, 300 immigrati a manifestare con lo sciopero della fame per chiedere al Governo interventi per il rispetto del termine previsto dal Testo Unico sull’immigrazione, hanno prospettato le loro proposte per affrontare tale problematica.
A seguito dell’incontro, il dott. Naddeo, a nome del Ministro Brunetta ha assicurato il proprio impegno ad affrontare, con le amministrazioni competenti, un problema così rilevante, nel quadro delle iniziative finalizzate alla riduzione e alla certezza dei tempi di conclusione delle procedure amministrative.”
Staremo a vedere e vi terremo informati.