Processo amministrativo, la legge sceglie le “mezze misure”: cambiamento sì, ma poco per volta

Home PA Digitale Processo amministrativo, la legge sceglie le “mezze misure”: cambiamento sì, ma poco per volta

Il decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168 sull’efficientamento della giustizia convertito dalla Legge 25 ottobre 2016 n. 197 tocca alcuni punti fondamentali per l’organizzazione e il funzionamento del sistema giudiziario, e per l’attuazione del processo amministrativo telematico. Vediamo cosa è cambiato e cosa no nella nuova legge

7 Novembre 2016

C

Cesare C.M. Del Moro, avvocato, Università degli Studi di Milano

Il decreto-legge n. 168/2016 è stato convertito, con modificazioni, in legge dall’ art. 1, comma 1, L. 25 ottobre 2016, n. 197 (per un utile raffronto si veda la tavola sinottica pubblicata qui Tabella_conversione_DL_168-2016_PAT).

Alcune delle osservazioni che avevamo indicato nell’articolo PAT, dal rinvio allo “strano caso” del domiciliatario telematico sono state opportunamente accolte, in primis è stato rimosso il fuor d’opera che prevedeva l’attribuzione del potere di deposito telematico in via esclusiva al domiciliatario, anche non iscritto ad Albo, invece che al dominus.

Resta, anche a seguito della legge di conversione, la facoltà per il domiciliatario di depositare telematicamente gli atti, come pure quella di essere indicato, insieme o in via alternativa rispetto al dominus (cfr. relativo Modulo di deposito sul sito della GA), come destinatario delle comunicazioni di cancelleria.

Ciò che stupisce, infatti, e che appare essere il residuo di una lotta di retroguardia ovvero, nella migliore delle ipotesi, un tentativo “al risparmio” di gestire il cambiamento operativo ormai imminente che interesserà la categoria degli avvocati amministrativisti, è la previsione secondo la quale, fino al 31 dicembre 2017 permarrà la facoltà per i meri domiciliatari, anche non iscritti all’Albo degli Avvocati, di depositare telematicamente atti nel PAT, e inoltre, a fare data dall’1 gennaio 2018, sarà necessario eleggere esplicitamente domicilio presso la circoscrizione del Tribunale, poiché l’art. 25, CPA, comma 1 (elezione di domicilio d’ufficio presso la Segreteria del TAR) non sarà applicabile ai ricorsi introdotti con il PAT.

Quanto sopra senza che allo stesso tempo, e non potrebbe essere altrimenti, si attribuisca a quei domiciliatari un potere di attribuzione di conformità di ciò che si sta depositando rispetto a ciò che si è, per esempio, notificato.

Viene opportunamente confermata la previsione, da lungo tempo auspicata, tra gli altri dal sottoscritto, per il PCT, per cui Il deposito è tempestivo se entro le ore 24:00 del giorno di scadenza è generata la ricevuta di avvenuta accettazione (n.d.r. – i.e. “prima ricevuta”), ove il deposito risulti, anche successivamente, andato a buon fine “.

Come noto, infatti, nel PCT il termine viene ancora oggi fatto salvo nel momento in cui viene generata dal gestore di PEC del destinatario (Giustizia)la RdAC (Ricevuta di Avvenuta Consegna, i.e. “seconda ricevuta”), mentre sarebbe più logico e coerente con il principio di scissione della notificazione (cfr. Corte Cost. n. 477 del 2002, art. 149, c.p.c., comma 3, e da ultimo Cass. Civ. SS.UU. n. 24822/2015) l’applicazione al PCT della previsione sopra individuata per il PAT.

Destano ancora alcune perplessità, per la loro indeterminatezza, le previsioni relative all’upload degli atti sul sito istituzionale della GA: da una parte autorizzato dal Presidente della sezione o dal Collegio se la questione sorge in udienza in relazione a depositi da effettuarsi a carico del privato, chiamato in causa dallo stesso giudice, laddove non possa effettuare il deposito di scritti difensivi o di documenti mediante PEC (art. 136 CPA, comma 2 quater), dall’altra limitato nel peso in base ad un possibile futuro provvedimento attuativo del Segretario Generale della GA, infine “In casi eccezionali, e se non è possibile effettuare più invii dello stesso scritto difensivo o documento” escluso in favore del deposito cartaceo su autorizzazione del presidente del tribunale o del Consiglio di Stato, il Presidente della sezione se il ricorso è già incardinato o del Collegio se la questione sorge in udienza (art. 13, disp. Att. CPA, comma 1). Queste previsioni, applicabili anche al deposito via PEC, rischiano di creare un’ampia discrezionalità sull’effettiva applicazione del PAT nel territorio nazionale.

Ulteriore dispensa dall’uso del canale telematico si potrà avere in base al disposto dell’art. 136 CPA, comma 2, a mente del quale “I difensori, le parti nei casi in cui stiano in giudizio personalmente e gli ausiliari del giudice depositano tutti gli atti e i documenti con modalità telematiche. In casi eccezionali, anche in considerazione della ricorrenza di particolari ragioni di riservatezza legate alla posizione delle parti o alla natura della controversia il presidente del tribunale o del Consiglio di Stato, il presidente della sezione se il ricorso è già incardinato o il collegio se la questione sorge in udienza possono dispensare, previo provvedimento motivato, dall’impiego delle modalità di sottoscrizione e di deposito di cui al comma 2-bis ed al primo periodo del presente comma“ .

La norma appare correttamente volta a garantire il rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza stabiliti dalla normativa Privacy per il trattamento dei dati personali, ma prevede la possibilità di dispensa anche per il deposito di atti e documenti endoprocedimentali e non solamente, come ci si aspetterebbe in un sistema che si pretende sicuro relativamente all’accessibilità del contenuto del fascicolo processuale digitale riservata ai difensori e alle parti, alla pubblicazione delle sentenze, così come avviene, non senza incertezze, per la Giustizia Civile.

In verità il tema meriterebbe un approccio strutturato, come sembra richiedere anche il nuovo Regolamento UE Privacy 2016/679 (cfr. Privacy, nascono i “garanti giustizia”: cosa dice il nuovo regolamento UE ).

Un’attenzione particolare va posta alla modifica apportata in sede di conversione al medesimo articolo, secondo la quale è “onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione del recapito di fax o di indirizzo di posta elettronica certificata” , con la conseguenza che, al momento, non pare essere sufficiente l’aggiornamento in tempo reale con il medesimo indirizzo indicato nel ReGIndE (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici).

Quanto mai opportuna la modifica all’art. 136 CPA, coma 2- ter, che attribuisce al difensore il “potere di attestazione di conformità (…) agli atti e ai provvedimenti presenti nel fascicolo informatico, con conseguente esonero dal versamento dei diritti di copia” , anche se, come avviene anche in ambito civile “Resta escluso il rilascio della copia autentica della formula esecutiva ai sensi dell’articolo 475 del codice di procedura civile, di competenza esclusiva delle segreterie degli uffici giudiziari” .

Di difficile applicazione per gli Uffici e per i Professionisti se non adeguatamente assistiti per la gestione del necessario cambiamento organizzativo, come già ampiamente visto nel PCT, la gestione del fascicolo ibrido cartaceo/digitale imposta dall’art. 7, DL 168/2016, comma 3 per i procedimenti iscritti prima dell’1 gennaio 2017 e che saranno ancora pendenti all’1 gennaio 2018 e quella del doppio binario cartaceo/digitale a decorrere dal 1° gennaio 2017 e sino al 1° gennaio 2018, con duplicazione delle attività a carico dell’Avvocato, imposto dall’art. 7, comma 4, per giunta limitatamente alla sola “copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi” , con assenza, quindi, quantomeno della copia cartacea dei documenti e degli atti dei consulenti del Tribunale.

Confermato anche il meccanismo di “incentivo all’uso della PEC” per le PA (a quanto pare attualmente sono rinvenibili sul Registro PP.AA., unico utilizzabile per le notifiche alle PA, circa 3.000 indirizzi PEC su circa 20.000 Entità pubbliche obbligate), su cui avevamo già riflettuto qui, che impone ad ogni PA l’uso di un solo indirizzo PEC per la ricezione delle comunicazioni di segreteria e per il deposito telematico degli atti (art. 7, comma 6), di difficile gestione specie per gli Enti pubblici di dimensioni rilevanti.

Quanto alla nuova formulazione dell’art. 13 ter disp. att. CPA, che declina l’obbligo di sinteticità negli atti, si rinvia ad altra sede per un opportuno approfondimento sul futuro del documento informatico in ambito giurisdizionale, anche alla luce delle novità introdotte dal regolamento EIDAS.

Nel frattempo già emergono in questi giorni le prime criticità operative legate al coordinamento tra le norme del PAT e i Sistemi Informativi della Giustizia Amministrativa: in primis la riferita lentezza e la temuta instabilità del sistema di upload e di seguito la sopravvenuta necessità tecnico/operativa di utilizzare per il deposito telematico di atti relativi a procedimenti incardinati prima del 10 ottobre 2016 i “vecchi” Moduli PEC, ormai difficilmente reperibili sul sito della GA.

Quanto sopra conferma ancora una volta l’opportunità di adottare una politica di attuazione del PAT volta ad ottenere un cambiamento culturale e organizzativo che dovrebbe essere condotto, evitando incertezze e maldestri tentativi di risparmi di risorse e di spesa, accedendo, come già auspicato nel luglio scorso, alle conoscenze e alle esperienze maturate nel PCT.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!