Professioni giuridiche, il codice appalti “dimentica” le competenze digitali
In tema di servizi legali nel nuovo Codice degli appalti manca il richiamo ai requisiti specifici per l’attività quali: la competenza; l’esperienza; i contenuti curriculari; il percorso formativo; la conoscenza e utilizzo delle nuove tecnologie applicate al processo; la presenza nel dibattito pubblico delle questioni di diritto e sui temi dell’innovazione tecnologica nel settore giustizia
20 Ottobre 2016
Michele Gorga, avvocato
Risparmio di spesa per il futuro nella P.A. dall’appalto dei servizi legali anche se nei criteri selettivi dei bandi è ancora completamente assente l’accertamento sulle competenze digitali degli avvocati da selezionati. Un passo avanti nel dinamismo immobile della riforma della P.A.?
In tema di servizi legali nella cui eccezioni più ampia Il nuovo Codice degli appalti elenca all’articolo 17 le fattispecie escluse e prevede al 1 co., lettere c, d, che le disposizioni non si applicano agli appalti e servizi di cui alla lett. c) “concernenti i servizi d’arbitrato e di conciliazione; lett. d) concernenti uno qualsiasi dei servizi legali nei quali elenca, poi di seguito, la rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato ai sensi dell’articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, e successive modificazioni: 1.1) in un arbitrato o in una conciliazione tenuti in uno Stato membro dell’Unione europea, un Paese terzo o dinanzi a un’istanza arbitrale o conciliativa internazionale; 1.2) in procedimenti giudiziari dinanzi a organi giurisdizionali o autorità pubbliche di uno Stato membro dell’Unione europea o un Paese terzo o dinanzi a organi giurisdizionali o istituzioni internazionali; 2) consulenza legale fornita in preparazione di uno dei procedimenti di cui al punto 1.1), o qualora vi sia un indizio concreto e una probabilità elevata che la questione su cui verte la consulenza divenga oggetto del procedimento, sempre che la consulenza sia fornita da un avvocato ai sensi dell’articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, e successive modificazioni; 4) servizi legali prestati da fiduciari o tutori designati o altri servizi legali i cui fornitori sono designati da un organo giurisdizionale dello Stato o sono designati per legge per svolgere specifici compiti sotto la vigilanza di detti organi giurisdizionali; 5) altri servizi legali che sono connessi, anche occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri;
Sul punto, importa premettere, in termini generali, che nella vigenza del precedente codice dei contratti abrogato, secondo un primo orientamento in giurisprudenza, le prestazioni rese dai professionisti in favore delle amministrazioni, ed in particolare quelle degli avvocati, venivano qualificato come attività riconducibili nel novero dei “servizi legali” quale settore cd. Escluso indicato al punto 21 dell’allegato II B del D. Lgs. n. 163/2006.
Questa impostazione accoglieva un significato molto ampio di servizi legali, riconducendo ad essi, senza alcuna eccezione, ogni attività svolta dagli avvocati in favore delle amministrazioni, secondo una linea di continuità con l’elencazione dei servizi contenuta nell’art. 50 del Trattato CE, che in tale categoria include pure le “attività delle libere professioni”. In tale ottica, costituivano affidamento di servizio legale anche l’affidamento di un singolo incarico professionale a un avvocato, dunque, non solo l’affidamento di rapporti più complessi, come attività di consulenza che si protraggono per un certo periodo di tempo e che presupponeva l’inserimento, per quanto provvisorio, del prestatore nella struttura burocratica dell’amministrazione. Tale orientamento, quindi, equiparava a livello normativo ogni attività professionale svolta dall’avvocato, non dando alcuna rilevanza al carattere fiduciario che caratterizzava il contratto di patrocinio in giudizio ed evidenziava come quel carattere non fosse valido a rappresentare una ragione di distinguo rispetto al caso di affidamento di attività di consulenza per un determinato periodo di tempo o di patrocinio per un numero predefinito di contenziosi.
Per un altro orientamento, invece soprattutto della giurisprudenza amministrativa, le prestazioni professionali degli avvocati, in favore delle amministrazioni, erano in tutti i casi da qualificarsi come prestazioni rese in esecuzione di contratti d’opera intellettuale, ex artt. 2229 c.c. ss., la cui disciplina risiedeva, non nelle disposizioni sull’affidamento dei contratti pubblici, ma nell’art. 7, commi 6 e 6 bis, del D.lgs. n. 165/2001, come modificato dall’ art. 32 del D.L. n. 223/2006, convertito in L. n. 248/2006 , regolante i rapporti di collaborazione autonoma tra amministrazione e privati. La conseguenza era che tanto di attività di consulenza per un determinato periodo di tempo o di patrocinio per un numero predefinito di contenziosi che per l’incarico fiduciario di rappresentanza in giudizio si era fuori dalle maglie del Codice dei Contratti.
Con la nuova normativa, invece, le amministrazioni pubbliche sono obbligate ad invertire la rotta, dato che non potranno, come sin ora hanno fatto, cooptare il giurista al quale affidare l’incarico se non nell’ambito del rispetto della nuova normativa. Quindi anche per quelli connessi alle attività di selezione senza gara ( ad es.: le attività di rappresentanza negli arbitrati o conciliazioni, e nei procedimenti giudiziari dinanzi a organi giurisdizionali o autorità pubbliche) quali i servizi di consulenza legale, il nuovo Codice li assoggetta alla procedura e mutatis mutandis, per le motivazioni espresse dalla giurisprudenza, ante riforma, in ambito nazionale, l’affidamento delle attività di gestione del contenzioso non può essere più configurato come una particolare forma di incarico e assoggettato alla procedura semplificata sulla base dell’urgenza. Sicché accanto l’attività di consulenza, tradotta in studi e in pareri pro veritate, la nuova disposizione, invece, che escludono a prescindere dell’urgenza o meno, fatta eccezione per le ipotesi degli incarichi tassativamente elencati, per tutti gli altri, anche per la rappresentanza in giudizio, il Codice prevede l’affidamento con l’applicazione delle regole del d. lgs. n. 50/2016.
Le amministrazioni saranno, quindi, tenute a definire procedure tali da consentire il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e pubblicità, criteri che se vanno bene per le imprese mal si attagliano alla selezione del giurista. Ed, infatti il principio di economicità è contraddetto dal vincolo delle tariffe previste e dal codice civile, quello dell’efficacia è in contraddizione strutturale con la natura della prestazione che è di mezzi e non di risultato. Mentre l’imparzialità, trasparenza e pubblicità e criterio che già, sempre dovrebbe adottare la P.A. Mancano, invece, nella previsione il richiamo ai requisiti specifici per l’attività quali: la competenza; l’esperienza; i contenuti curriculari; il percorso formativo; la conoscenza e utilizzo delle nuove tecnologie applicate al processo; la presenza nel dibattito pubblico delle questioni di diritto e sui temi dell’innovazione tecnologica nel settore giustizia.