Protocollo informatico, ecco il manuale studiato per l’Università

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Procedamus è un modello di manuale di gestione elaborato per le Università italiane e per gli Enti di ricerca. Il focus principale è stato individuato nell’aspetto propedeutico e trasversale volto a elaborare una strategia metodologico-operativa condivisa tra parte politica, dirigenza, funzionari e titolari di incarichi nuovi o meno

4 Luglio 2016

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Laura Flora, Istituto nazionale di astrofisica (INAF), Osservatorio astronomico di Trieste e Donatella Mazzetto, Università degli Studi di Padova, archivio generale di Ateneo

Uno degli strumenti strategici per il corretto ciclo di vita dei documenti amministrativi di una PA e per una efficace organizzazione del lavoro, quanto a flusso della corrispondenza, è il manuale di gestione del protocollo informatico. L’idea di riuscire a disciplinare e, nel contempo, a coadiuvare gli addetti al lavoro di una delle principali e più antiche (ancorché delicate) funzioni di un ente pubblico, descrivendo “workflow” e alfabetizzando il personale al digital first, risulta oggi ancor più ambiziosa.

A FORUM PA 2016 è stato presentato, nell’ambito del progetto Procedamus il modello di manuale di gestione elaborato per le Università italiane e per gli Enti di ricerca. Il focus principale è stato, tuttavia, individuato nell’aspetto propedeutico e trasversale volto a elaborare una strategia metodologico-operativa condivisa tra parte politica, dirigenza, funzionari e titolari di incarichi nuovi o meno (si pensi al responsabile/coordinatore della gestione documentale o al responsabile del trattamento dei dati solo per fare due esempi recenti).

Redigere il manuale di gestione è in realtà solo una parte, probabilmente la meno complessa, del lavoro imponente che ogni organizzazione pubblica è chiamata a svolgere per rispettare gli adempimenti e le tempistiche imposte dalla normativa. In tale ambito, dunque, il manuale di gestione è solo la descrizione di comportamenti che devono essere preliminarmente studiati: quale sia la migliore organizzazione di un ente (su una o più AOO), quali siano gli atti da sottoscrivere digitalmente, chi sia legittimamente in grado di poter firmare digitalmente, sono solo alcune delle domande che ci si deve porre prima di elaborare il Manuale.

Se razionalità e strategia organizzativa sono efficaci, va da sé che ciò non impatta sull’applicativo utilizzato per la gestione documentale essendo lo stesso solo funzionale all’obiettivo da perseguire. È chiaro che la personalizzazione del modello va elaborata conoscendo profondamente la propria realtà operativa e il proprio software, ma ciò assume la funzione di corollario a quanto ora accennato.

Ulteriormente, il modello di manuale di gestione proposto è stata anche l’occasione di cercare di fare una “summa”, pur composita di tutte le più recenti normative e indirizzi operativi. Si è cercato di fare il punto controllando i riferimenti delle regole tecniche, la descrizione delle nozioni desunte dal glossario, le linee guida proposte contenute nel modello, aggiornato ai provvedimenti normativi più recenti.

Per calarsi nel concreto, rilevante attenzione è stata data a peculiare casistica e a comportamenti anche in casi che, senza pretesa di assoluta risposta, sono stati esaminati e dei quali sono state fornite molteplici possibilità di scelta.

Il mondo digitale ha creato una serie di problematiche concrete che, partendo dall’esperienza dell’analogico, si sono dovute affrontare senza condizionamenti. Perché il rischio è la banalizzazione (nella eccessiva/veloce rincorsa alla digitalizzazione) e il travisamento della filosofia digitale.

Pertanto, l’approccio è stato del “digital first”: pensare in digitale per accompagnare l’utente del MdG a pensare e ad agire in digitale; imponendo, in sostanza, un cambiamento culturale. Il modello è stato organizzato in due parti: una statica e una dinamica.

Nella parte statica si è definito un linguaggio comune, si sono espressi i concetti in modo chiaro definendo il documento informatico e l’archivio corrente.

Nella parte dinamica è stata valutata nel concreto la gestione del flusso documentale e descritta pedissequamente nella consapevolezza che il MdG è una opportunità di semplificazione delle procedure e di snellimento dei processi interni inducendo la PA ad un reengineering dei propri workflow. Si è voluto seguire il documento informatico dalla sua produzione/ricezione alla sua fascicolatura, descrivendo le singole azioni, step by step, pensando agli utenti e volendo offrire una guida pratica. Nell’analisi dei workflow inevitabile è stata la presa d‘atto dell’esistenza del fascicolo ibrido, non contemplata dal legislatore.

Inevitabile la discovery di un nuovo modo di concepire il “documento”.

Al fine di rendere il MdG duraturo nel tempo, si è optato per lo strumento degli allegati per inserire strumenti archivistici (titolario di classificazione e massimario di selezione, in primis) e organizzativi (tabella dei procedimenti, organigramma, etc).

Le PP.AA., nel perseguire gli scopi devoluti per legge, ai fini di una azione che risponda ai criteri di efficienza, efficacia “deburocratizzata”, nonché trasparenza, nella policy organizzativa debbono assegnare al MdG un ruolo cardine di riferimento, middle manager tra la governance e gli operatori coinvolti. A valle di tutto questo la premialità è il gradimento dell’utenza e il miglioramento dell’immagine della PA stessa. In estrema sintesi il rapporto costi/benefici diventa molto evidente: più efficienza, meno costi, più gradimento, maggiore semplificazione e uniformità di comportamenti organizzativi.

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