Riforma giustizia tributaria, le prossime sfide per il tavolo tecnico
Ad oggi si sa poco in merito ai contenuti di cui dovrà occuparsi il tavolo tecnico incaricato di lavorare ad una riforma del sistema tributario; ciononostante, si può intuire quali aree saranno in discussione, muovendo dalle questioni che appaiono oggi ancora non risolte
22 Aprile 2016
Antonio F. Martino, avvocato, LCA Studio Legale
A pochi mesi dall’entrata in vigore, il 1° gennaio 2016, delle nuove disposizioni sul processo tributario, introdotte con il D.Lgs. n. 156/2015, sono state rese note dapprima, agli inizi di aprile, la istituzione di un tavolo tecnico a composizione ministeriale per la riforma organica della materia, e, subito dopo, la presentazione di una proposta di legge di matrice parlamentare, recante significative novità.
Il D.Lgs. n. 156/2015 ha modificato le sole norme processuali; si è trattato di una riforma certamente non radicale, ma senza dubbio incisiva, che ha riscritto parte del D.Lgs. n. 546/1992 secondo due principali direttrici:
a) anzitutto, una maggiore effettività di tutela del contribuente nel corso del contenzioso: si pensi alla immediata esecutività delle sentenze di condanna dell’Amministrazione finanziaria, o alla possibilità che lo stesso contribuente promuova il giudizio di ottemperanza, senza a tal fine dover attendere il giudicato. Così come alla previsione di una tutela cautelare estesa (ora per legge) a tutti i gradi di giudizio, e non più solo limitata al primo;
b) in secondo luogo, il potenziamento degli strumenti di deflazione del contenzioso. Da questo punto di vista meritano un cenno l’estensione dell’istituto del reclamo-mediazione quale condizione di procedibilità per tutte le liti di valore inferiore a 20.000 euro (e per quelle in materia catastale), e l’esperibilità della conciliazione giudiziale anche in secondo grado.
In questo contesto di relativo restyling, si inserisce – lo abbiamo anticipato – l’istituzione di un tavolo tecnico, annunciata da una nota diramata lo scorso 6 aprile dai ministri della Giustizia e dell’Economia e delle Finanze.
Ad oggi poco ancora si sa sui suoi specifici contenuti, se non che esso sarà presieduto dai capi di gabinetto di entrambi i predetti ministeri, con l’obiettivo l’individuazione di soluzioni per una riforma della giustizia tributaria “ che si ispiri alle migliori pratiche internazionali ”; ciononostante, si può intuire quali aree saranno in discussione, muovendo dalle questioni che appaiono oggi ancora non risolte.
La prima: una (nuova) riduzione del contenzioso
I dati ufficiali pubblicati di recente evidenziano che nel solo 2015 sono stati incardinati circa 257.000 giudizi dinanzi alle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali (circa il 5,9% in più rispetto all’anno precedente). Eppure è ragionevole supporre che non sarà il contenzioso di merito a richiedere un ulteriore intervento normativo in senso deflativo. Anzitutto, l’arretrato delle Commissioni – proprio per effetto delle misure adottate negli ultimi anni – si è progressivamente ridotto (a fine 2015 i ricorsi pendenti erano il 7,2% in meno rispetto alla fine del 2014). E poi ben il 65% delle controversie tributarie avviate lo scorso anno sono di valore inferiore a 20.000 euro (il 40% del totale, addirittura, non supera i 2.600 euro): tutte cause cd. “minori”, che da quest’anno beneficeranno dell’estensione indiscriminata del reclamo-mediazione.
Pertanto, anziché alla deflazione dei giudizi di merito, il tavolo tecnico dovrà piuttosto dedicarsi alla ricerca di strumenti per ridurre i ricorsi per cassazione, e per accelerare lo smaltimento di quelli pendenti. Qui i dati sono maggiormente preoccupanti: ancora di recente il primo presidente della Suprema Corte ha ricordato che in sede di legittimità l’arretrato civile consta di 105.000 controversie, di cui ben la metà in materia tributaria. Con tutte le conseguenze del caso: l’elevata mole dei giudizi aumenta il rischio di decisioni contrastanti, mettendo a repentaglio la funzione nomofilattica della Corte (basti ricordare, ad esempio – e solo per restare al recente passato – gli opposti arresti delle Sezioni Unite in materia di contraddittorio procedimentale).
Nei mesi scorsi era pervenuta dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria la proposta di affidare alle Corti di secondo grado anche la competenza in sede di legittimità, come accade presso il Consiglio di Stato; quanto all’arretrato, il disegno di legge depositato alla Camera pochi giorni fa (di cui si dirà meglio tra poco) dovrebbe suggerire la nomina di giudici ausiliari scelti tra magistrati in pensione da meno di due anni, che abbiano svolto funzioni di legittimità per almeno cinque anni.
Al di là del nodo della Cassazione, veniamo alla seconda – e forse più delicata – questione su cui il tavolo tecnico sarà con buona probabilità chiamato a confrontarsi: la professionalità dei giudici.
Un tema ancor più “di sistema”, che porta con sé una vera e propria modifica dell’impianto della magistratura tributaria. Essa, infatti, nonostante la rilevantissima funzione che è chiamata a svolgere, è oggi affidata quasi integralmente a giudici onorari, il più delle volte senza una specifica formazione; e ciò desta tanto più stupore, quanto più si considera l’elevata complessità sia della materia oggetto della cognizione, sia delle regole processuali che gli stessi giudici sono chiamati ad applicare.
Per tali ragioni si discute da tempo sulla opportunità che i giudici tributari siano togati e a tempo pieno, e non selezionati, come è oggi, da mondo delle professioni; remunerati al pari dei magistrati delle altre giurisdizioni, anche al fine di scoraggiare quei fenomeni corruttivi denunciati negli ultimi tempi.
Proprio su questo terreno sembra voler intervenire in modo incisivo il progetto di legge di matrice parlamentare proposto nei giorni scorsi (atto Camera 3734), poco dopo l’annuncio del tavolo tecnico: nelle intenzioni dei firmatari, si tratterebbe di una delega, della quale iniziano a trapelare taluni criteri direttivi. Anzitutto, l’organizzazione della giustizia tributaria: dopo una fase transitoria che dovrebbe durare due anni, vi sarebbe lo smantellamento delle Commissioni Tributarie, e l’assegnazione della giurisdizione in materia fiscale a sezioni specializzate all’interno dei Tribunali ordinari, con la introduzione di un giudice monocratico per il primo grado, e il mantenimento della composizione collegiale solo in appello. In secondo luogo, il meccanismo di selezione: i membri delle sezioni specializzate sarebbero esclusivamente togati, e peraltro mai neovincitori di concorso, ma almeno alla seconda valutazione di professionalità, così da assicurare una competenza più elevata. Inoltre, la difesa tecnica: le numerose categorie professionali attualmente abilitate alla rappresentanza in entrambi i gradi di merito verrebbero mantenute solo per il primo grado, mentre la difesa in appello sarebbe riservata soltanto ad avvocati e commercialisti.
Siamo allo stadio delle proposte e delle ipotesi; certo occorrerà attendere gli sviluppi del tavolo tecnico e, ancor di più, l’ iter del disegno di legge. L’impressione, tuttavia, è che – nel rinnovato contesto di trasparenza e collaborazione tra Fisco e contribuente, cui le ultime riforme tendono – non sia più tempo di posticipare: la “buona fiscalità” passa naturalmente anche per una “buona giustizia”.