Rinvio sofferto per il Processo Amministrativo Telematico: manca la cultura manageriale nella Giustizia

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Quello che non vede oggi la classe politica, più rivolta alla ricerca del consenso che all’analisi dei problemi, è che il diritto amministrativo è in una fase di grande evoluzione e con esso è in grande evoluzione lo stesso processo amministrativo. In questi giorni si sono levati domande volte a chiedere uniche norme tecniche e applicativi comuni per tutti i tipi di processi telematici

4 Luglio 2016

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Michele Gorga, avvocato

Il Diritto amministrativo vive un momento storico difficile. Considerato il luogo del bizantinismo, delle complicazioni e della corruzione è molto criticato perché non funzionale alla “celerità” del processo economico. Si è giunti persino a teorizzare l’abolizione dei TAR e del Consiglio di Stato, che secondo alcuni Politici “legherebbero le gambe all’Italia” e che non è “possibile che i Tar decidano su tutto dall’iscrizione all’asilo alla chiusura di un’ambasciata”.

Quello che non vede oggi la classe politica, più rivolta alla ricerca del consenso che all’analisi dei problemi, e che dai sondaggi si fa dettare l’Agenda, è che il diritto amministrativo è in una fase di grande evoluzione e con esso è in grande evoluzione lo stesso processo amministrativo.

Nella genesi del diritto e della giurisdizione, il processo amministrativo aveva lo scopo di preservare gli atti del sovrano, dai giudici del diritto comune, ossia dal potere giurisdizionale, uno dei tre poteri fondamentali dello Stato. In un solo secolo il diritto amministrativo ha invertito la rotta è oggi si configura come ultimo momento di difesa del del cittadino, quindi della sovranità del popolo, nei confronti degli abusi da parte della pubblica amministrazione e dei pubblici poteri.

L’attuale metodo di selezione dell’ establishment, ossia dell’ insieme, largamente minoritario, dei detentori del potere economico, politico e burocratico tutto rivolto a mantenere lo Status-quo, la spinta all’innovazione può avvenire solo dall’interpretazione costituzionalmente orientata dei diritti individuali e collettivi da parte della giurisdizione ordinaria e amministrativa.

Nel settore giudiziario da più parti, in questi giorni, si sono levati domande volte a chiedere uniche norme tecniche e applicativi comuni per tutti i tipi di processi telematici: civile, amministrativo, tributario, contabile. Di contro la politica e l’amministrazione, per la specialità del diritto e del processo amministrativo, hanno imposto specifiche norme, anche per la modalità telematica, anche a sperimentazione conclusa, a seguito del DPCM 16 febbraio 2016, n. 40, i cui risultati sono ignoti ma che appaiono avere avuto tutti i vizi e le storture della fase di sperimentazione che si ebbero con il PCT.

Cosi non più dal 1 luglio 2016, ma dal 1 gennaio 2017, il Sistema Informativo della Giustizia Amministrativa, ossia l’insieme delle risorse hardware e software, mediante le quali la giustizia amministrativa tratta in via automatizzata attività, dati, servizi, comunicazioni e procedure riguardanti lo svolgimento dell’attività processuale, analogamente a quelle che sono i modi di funzionare del Sistema Informativo Contenzioso Civile Distrettuale, del Processo Civile Telematico, dovrebbe consentire agli avvocati amministrativisti di supportare, con le loro dotazioni tecniche, e spese, il PAT così come avvenne, ed è, per gli avvocati civilisti per il PCT.

A chi giova un processo telematico siffatto? Quali le cause e le ragioni delle scelte e perché?

Per rispondere al primo quesito, da più parti, è stato sostenuto che a differenza del suo gemello SICID, il SIGA beneficia di alcune peculiarità date dall’esperienza maturata nel campo del Diritto Amministrativo negli ultimi anni e che ha fatto tesoro dell’esperienza maturata per il PCT. Se è così, allora perché non è stata adottata l’architettura del PCT, con le poche varianti necessarie per il Processo amministrativo telematico, capitalizzando il relativo know-how.

Rispondere al secondo dei quesiti posti, è utile per capire anche le ragioni della non risposta del primo. Basta frequentare, con spirito critico e senza interesse specifico, se non quello di cittadino-contribuente, una Pubblica Amministrazione qualsiasi o anche un ufficio giudiziario. Nella prima, specie se amministrazione, azienda, ente, partecipata del governo, regna la “visione” del manager di turno miracolato dalla Politica costantemente smarrito nella necessità di capitalizzare qualcosa per la sua “carriera”, che dal fare qualcosa di utile per la collettività, perché consapevole che la giostra gira e potrebbe arrivare ben presto “il signore si scende”. Allo stesso si associa, di solito, il codazzo di una pletora di “dirigenti” stanchi e inconcludenti il cui far niente preserva da ogni responsabilità dal fare ”qualcosa”.

Negli uffici giudiziari, invece, la musica è diversa. Alla bravura tecnico-giuridica dei giudici-dirigenti, di solito si accompagna una triste iattura quella che la prima è troppo spesso inversamente proporzionale alla loro capacità di “condurre” organizzare e far funzionare un ufficio.

La soluzione prima che nell’ITC, nella giustizia e nell’amministrazione, è tutta nella mancanza di capacità manageriale. Ecco perché bisognerebbe attuare la previsione della riforma Madia del manager per la transizione al Digitale mettendo in cantiere procedure davvero trasparenti e non come quelle che fino ad oggi sono state utilizzate che non hanno prodotto buoni risultati.

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