Riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche e modifica al Codice dei Beni culturali: quali le sorti della PA digitale?
Nel disegno di legge del Governo per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche si prevedono diverse norme in materia di digitalizzazione che portano alla luce l’esigenza di individuare, nelle PA centrali, una figura professionale specifica per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti amministrativi, ossia un professionista della digitalizzazione documentale dotato di competenze trasversali. Inoltre queste esigenze di semplificazione e coordinamento dovranno conciliarsi con quanto previsto dalla riforma del Codice dei Beni Culturali.
30 Luglio 2014
Andrea Lisi e Sarah Ungaro*
Nel disegno di legge del Governo per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche si prevedono diverse norme in materia di digitalizzazione che portano alla luce l’esigenza di individuare, nelle PA centrali, una figura professionale specifica per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti amministrativi, ossia un professionista della digitalizzazione documentale dotato di competenze trasversali. Inoltre queste esigenze di semplificazione e coordinamento dovranno conciliarsi con quanto previsto dalla riforma del Codice dei Beni Culturali.
Negli ultimi giorni, si discute del testo – non ancora ufficiale e oggetto di numerose critiche – del disegno di legge del Governo per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, che tra l’altro ha l’ambizioso obiettivo di riformare l’organizzazione dell’amministrazione dello Stato, la disciplina della dirigenza pubblica e del personale alle dipendenze della PA, prevedendo nuove disposizioni in tema di semplificazione amministrativa e deleghe per la semplificazione normativa.
Nella bozza del documento che circola attualmente, licenziata il 10 luglio 2014, all’art.1 si prevedono diverse norme in tema di digitalizzazione, alcune già in vigore da tempo e ampiamente previste dal Codice dell’Amministrazione digitale (CAD – D.Lgs. 82/2005)[1], tra le quali:
il superamento dell’uso della carta nel normale funzionamento delle amministrazioni, assicurando la trasmissione dei dati e, ove sia necessario trasmettere documenti, garantendone la trasmissione in forma telematica (in linea con quanto già contemplato agli artt. 40, 45 e ss. del CAD);
la garanzia della totale accessibilità on line alle informazioni e ai documenti in possesso delle amministrazioni pubbliche e ai pagamenti on line nei loro confronti, nonché dell’erogazione di servizi, con invio dei documenti al domicilio fisico ove la natura degli stessi non consenta l’invio in modalità telematiche (in conformità agli artt. 3, 3-bis, 5 e 5-bis del CAD);
l’uso di software con standard aperti e non dipendenti da specifiche tecnologie proprietarie (ai sensi di quanto già previsto dall’art. 68 del Codice dell’Amministrazione digitale);
il ricorso alla cooperazione applicativa e all’interoperabilità dei sistemi informativi (si vedano le disposizioni degli artt. 12, 17, 41, 47, 53, 62, 68, 72 e ss. del CAD).
Di particolare rilievo risultano, poi, le norme che si intendono introdurre alla lettera f) dell’articolo 1 del disegno di legge in commento, le quali prevedono “l’attribuzione al dirigente di cui all’articolo 17, comma 1 del decreto legislativo n. 82 del 2005 della responsabilità dell’identificazione degli insiemi omogenei di dati prodotti dall’amministrazione di appartenenza, nonché della pubblicazione in formato aperto e delle qualità dei dati; uso gratuito dei dati da parte delle pubbliche amministrazioni e divieto di porre limiti o richiedere pagamenti alle stesse, salvi i casi di segreto d’ufficio”.
Da tali disposizioni, dunque – qualora il testo del disegno di legge dovesse davvero essere approvato senza particolari modifiche dal Parlamento – emergerebbe per le PA centrali l’esigenza di individuare una figura professionale specifica per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti amministrativi, ossia un professionista (o manager) della digitalizzazione documentale dotato di competenze trasversali, il quale assorbirebbe anche le competenze di coordinamento e gestione in materia di sistemi informativi, accessibilità, servizi ai cittadini e PEC, già attribuite al relativo ufficio previsto dall’art. 17 del CAD[2].
Tuttavia, le esigenze di semplificazione e coordinamento sottese a tale disegno di legge dovranno essere conciliate non solo con quanto già previsto dal Codice dell’Amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005), ma anche con la ratio della proposta di riforma del Codice dei Beni culturali, così come licenziata dalla Commissione del Senato[3]. Sul punto, è utile ricordare, infatti, che l’art. 10, comma 2, lett. b), del D. Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) include tra i beni culturali anche “gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico”. Il complesso dei documenti prodotti da ogni PA o, comunque, dalla stessa acquisiti a seguito dell’espletamento dell’attività amministrativa costituisce, dunque, “Archivio” dell’ente, soggetto anche alle norme del Codice dei Beni culturali.
Con specifico riferimento alla riforma dello stesso, dal testo disponibile sul sito del Senato si evince che, nella prima parte del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, si intende introdurre l’art. 9-bis, dedicato ai “Professionisti competenti ad eseguire interventi sui beni culturali”. In base a tale disposizione, a questi professionisti (secondo le rispettive competenze, “archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori di beni culturali, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell’arte, in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale”) dovranno essere affidati “gli interventi operativi di tutela, protezione e conservazione dei beni culturali, nonché quelli relativi alla valorizzazione e alla fruizione degli stessi”.
In tal senso, dunque, occorre sforzarsi di delineare correttamente i ruoli e le competenze che il legislatore sta tracciando, nelle norme appena emanate o che si accingono a essere approvate, nell’ottica di una più efficace digitalizzazione della pubblica amministrazione.
Qualora, dunque, tale riforma del Codice dei Beni culturali dovesse essere approvata, il ruolo dell’Archivista nella pubblica amministrazione, peraltro già contemplato nel Codice dell’Amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005), dovrebbe essere quello di presidiare la corretta archiviazione dei documenti nel sistema di gestione documentale dell’ente e di coadiuvare il Responsabile della conservazione (al quale sia l’art. 44 del CAD, sia il DPCM 3 dicembre 2013 affidano espressamente la responsabilità della conservazione[4]), affinché gli stessi documenti facenti parte dell’archivio siano correttamente conservati, anche nel rispetto dei vincoli archivistici.
In effetti, è proprio l’art. 44 del Codice dell’Amministrazione digitale che, al comma 1-bis, chiarisce inequivocabilmente che “il sistema di conservazione dei documenti informatici è gestito da un responsabile che opera d’intesa con il responsabile del trattamento dei dati personali […] e, ove previsto, con il responsabile del servizio per la tenuta del protocollo informatico, della gestione dei flussi documentali e degli archivi”, ossia con un Archivista.
In questa prospettiva sembra rientrare anche quanto previsto dal documento relativo ai profili professionali allegato alla Circolare AgID n. 65/2014[5], in cui si prescrive ai Conservatori che intendano conseguire l’accreditamento (ai sensi dell’art. 44-bis del CAD) – e a cui le pubbliche amministrazioni possono affidare i loro sistemi di conservazione in outsourcing (in base a quanto stabilito dal comma 3 dell’art. 5 del DPCM 3 dicembre 2013) – di avere all’interno del proprio organico, oltre ovviamente al Responsabile della conservazione (che offre delle competenze soprattutto di natura tecnico-informatica, oltre che giuridiche), anche la figura del Responsabile della funzione archivistica di conservazione. Pertanto, appare chiaro come nelle norme i ruoli ricoperti da queste due figure professionali risultino complementari tra loro.
Da ultimo, però, non si può non sottacere come il testo di riforma del Codice dei Beni culturali sembri ridimensionare e snaturare il ruolo dell’Archivista, a cui compete la gestione dei flussi documentali e degli archivi dell’ente, così come delineato già all’art. 61 del DPR 445/2000 (TUDA) ed espressamente richiamato all’art. 44, comma 1-ter del Codice dell’Amministrazione digitale per quanto attiene alla conservazione dei documenti informatici che fanno parte dell’archivio dell’ente.
In effetti, in base alla citata proposta di modifica, sarebbero attribuiti all’Archivista esclusivamente “gli interventi operativi di tutela, protezione e conservazione” sugli archivi delle pubbliche amministrazioni; interventi operativi che nel caso della conservazione dei documenti informatici a norma non sono, peraltro, affatto connaturati alle competenze degli Archivisti, in quanto richiedono specifiche competenze informatiche che sono proprie, invece, del Responsabile della conservazione, tra l’altro indirettamente richiamato dalla stessa norma allorquando elenca tra le figure professionali preposte anche gli “esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali”.
Insomma a leggere la norma nel suo significato letterale, la figura professionale dell’Archivista sembrerebbe oggi sminuita e relegata a un ruolo essenzialmente operativo e non più strategico-manageriale, come sarebbe peraltro opportuno che fosse nelle complesse dinamiche della gestione e conservazione dei documenti informatici delle amministrazioni pubbliche.
In ogni caso, a nostro avviso, sarebbe importante definire nel dettaglio e con particolare attenzione i diversi profili professionali preposti alla gestione elettronica dei documenti e alla loro corretta conservazione digitale, partendo dal corretto presupposto che, considerata l’estrema delicatezza della materia, nessuno oggi può ritenersi autosufficiente, mentre è essenziale il confronto fattivo e metodico tra tutti coloro che con esperienza e bagaglio culturale diversi si sono occupati di questi temi.
*avv. Andrea Lisi – Presidente ANORC e Coordinatore del Digital&Law Department e avv. Sarah Ungaro – Digital&Law Department
[1] Ci sembra utile ricordare al legislatore che continuare a ripetere gli stessi concetti con parole diverse non serve a concretizzare i principi generali, ma anzi suscita perplessità e disorientamento nel giurista (e in verità in qualsiasi utente).
[2] Art. 17. Strutture per l’organizzazione, l’innovazione e le tecnologie
“1. Le pubbliche amministrazioni centrali garantiscono l’attuazione delle linee strategiche per la riorganizzazione e digitalizzazione dell’amministrazione definite dal Governo. A tale fine, le predette amministrazioni individuano un unico ufficio dirigenziale generale, fermo restando il numero complessivo di tali uffici, responsabile del coordinamento funzionale. Al predetto ufficio afferiscono i compiti relativi a:
a) coordinamento strategico dello sviluppo dei sistemi informativi, di telecomunicazione e fonia, in modo da assicurare anche la coerenza con gli standard tecnici e organizzativi comuni;
b) indirizzo e coordinamento dello sviluppo dei servizi, sia interni che esterni, forniti dai sistemi informativi di telecomunicazione e fonia dell’amministrazione;
c) indirizzo, pianificazione, coordinamento e monitoraggio della sicurezza informatica relativamente ai dati, ai sistemi e alle infrastrutture anche in relazione al sistema pubblico di connettività, nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 51, comma 1;
d) accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici e promozione dell’accessibilità anche in attuazione di quanto previsto dalla legge 9 gennaio 2004, n. 4;
e) analisi della coerenza tra l’organizzazione dell’amministrazione e l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, al fine di migliorare la soddisfazione dell’utenza e la qualità dei servizi nonché di ridurre i tempi e i costi dell’azione amministrativa;
f) cooperazione alla revisione della riorganizzazione dell’amministrazione ai fini di cui alla lettera e);
g) indirizzo, coordinamento e monitoraggio della pianificazione prevista per lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi di telecomunicazione e fonia;
h) progettazione e coordinamento delle iniziative rilevanti ai fini di una più efficace erogazione di servizi in rete a cittadini e imprese mediante gli strumenti della cooperazione applicativa tra pubbliche amministrazioni, ivi inclusa la predisposizione e l’attuazione di accordi di servizio tra amministrazioni per la realizzazione e compartecipazione dei sistemi informativi cooperativi;
i) promozione delle iniziative attinenti l’attuazione delle direttive impartite dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie;
j) pianificazione e coordinamento del processo di diffusione, all’interno dell’amministrazione, dei sistemi di posta elettronica, protocollo informatico, firma digitale e mandato informatico, e delle norme in materia di accessibilità e fruibilità.
1-bis. Per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 1, le Agenzie, le Forze armate, compresa l’Arma dei carabinieri e il Corpo delle capitanerie di porto, nonché i Corpi di polizia hanno facoltà di individuare propri uffici senza incrementare il numero complessivo di quelli già previsti nei rispettivi assetti organizzativi.
1-ter. DigitPA assicura il coordinamento delle iniziative di cui al comma 1, lettera c), con le modalità di cui all’articolo 51”.
[3] http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0022280.pdf
[4] Il DPCM 3 dicembre 2013 è stato peraltro sottoscritto dallo stesso Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.
[5] http://www.agid.gov.it/sites/default/files/documentazione/profili_professionali_per_la_conservazione.pdf