Ripensare in digitale il workflow amministrativo: ecco la chiave per unire risparmio ed efficienza

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Per la PA è tempo di concentrarsi sulla capacità realizzativa, se si vogliono raggiungere gli obiettivi fissati dal PNRR: è quanto emerso da un incontro riservato dal titolo: “Digitalizzazione dei processi di back office per servizi moderni e resilienti”, organizzato il 1° marzo scorso da FPA in collaborazione con ServiceNow. Gli strumenti? Piattaforma tecnologica e skill-building

8 Marzo 2022

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La transizione al digitale della PA avviene su due fronti: l’erogazione dei servizi ai cittadini è il fronte manifesto, quello visibile, esplicito, sul quale l’amministrazione si gioca la propria credibilità e la fiducia degli utenti. I servizi rivolti all’utenza, però, rappresentano un punto di approdo. Nelle retrovie, invece, risiede la grande sfida della digitalizzazione dei processi di back office, substrato necessario e imprescindibile per qualunque servizio realmente efficiente.

Per creare servizi utili, efficaci e di semplice utilizzo è necessario affrontare prima alcuni nodi cruciali interni all’amministrazione:

  • l’organizzazione e la semplificazione dei processi;
  • l’interoperabilità dei dati;
  • la scarsità di competenze digitali interne all’amministrazione;
  • la necessità di ripensare ogni processo in ottica digitale.

Sono molte le realtà pubbliche che lavorano da anni sulla digitalizzazione dei processi di back office, sostenuta dal Piano Triennale AgID. Quelle che, se pur in fase sperimentale, avevano già affrontato il tema della digitalizzazione del back office e che, per esempio, avevano già in uso piattaforme no-code/low code hanno superato meglio l’impatto della pandemia a livello organizzativo, dimostrando che la strada intrapresa è quella da seguire.

Oggi, il PNRR assegna risorse economiche per il raggiungimento della piena Transizione digitale, ma introduce il tema (spinoso) del tempo, vale a dire delle scadenze. I tempi stringono e occorre fare delle scelte d’implementazione e di acquisto, tenendo conto del fatto che scarseggiano le figure professionali specializzate e che anche le infrastrutture necessarie sono in divenire. Ecco che la partnership con i player di mercato diviene sempre più preziosa.

Al fine di organizzare il miglior ecosistema di lavoro possibile e supportare la PA nel suo processo di procurement per la digitalizzazione, FPA è impegnata in una serie di Confronti tra rappresentanti delle pubbliche amministrazioni e le aziende tecnologiche fornitrici di soluzioni avanzare, molte delle quali sono già disponibili attraverso gli strumenti di acquisto predisposti da Consip.

Organizzato in collaborazione con ServiceNow, l’evento riservato del 1° marzo, svolto in modalità ibrida (online e in presenza), ha stimolato un proficuo dibattito proprio sul tema “Digitalizzazione dei processi di back office per servizi moderni e resilienti”.

A portare il proprio contributo: Claudio Russo, Department of Management, Economics and Industrial Engineering, Politecnico di Milano; Stefano Tomasini, Direttore Direzione Centrale per l’Organizzazione Digitale, INAIL; Luca Zuin Enterprise Account Executive ServiceNow.

L’esperienza “olistica” di INAIL

Tra gli enti pubblici che ai tempi del primo lockdown avevano già in corso la digitalizzazione dei processi di back office, c’è l’INAIL. Stefano Tomasini ha voluto portare la propria testimonianza, spiegando come un vero e proprio “tsunami” di richieste di validazione dei dispositivi medici provenienti dalla Cina, arrivato dalla sera alla mattina, abbia obbligato INAIL a impostare il più velocemente possibile un procedimento amministrativo digitale.

“All’inizio abbiamo gestito l’emergenza con un flusso destrutturato attraverso Pec. Lavoravamo in chiave di sopravvivenza – ha spiegato Tomasini – ma è emerso fin da subito un problema di time to market: di fronte a migliaia di richieste, eravamo in grado di gestirne solo 7 o 8 al giorno. Allora, abbiamo scelto di avere un approccio olistico e di lavorare in collaborazione con altri enti coinvolti nel flusso d’importazione. Grazie alla piattaforma low-code che avevamo a disposizione, siamo stati in grado di creare un processo amministrativo digitale veloce ed efficace, gestendo documentazione complessa e arrivando ad apporre la firma digitale sul nuovo provvedimento in sole due settimane. Parallelamente abbiamo ottimizzato anche i servizi di Contact Center e abbiamo gestito l’intera operatività in smart working, potendo misurare in ogni momento l’avanzamento dei processi”.

L’intervento di Tomasini ha messo in evidenza alcune parole chiave: time to market; collaborazione tra enti; misurazione dell’avanzamento dei processi.

Un approccio, quello dell’INAIL, che non si è fermato all’utilizzo della tecnologia, ma ha fondato il proprio successo anche sul coinvolgimento di tutti i dipendenti e sul superamento delle tradizionali barriere di comunicazione fra enti.

Oltre la tecnologia: l’importanza di “ingaggiare le persone”

Un soggetto abilitatore come ServiceNow può agevolare la digitalizzazione del back office attraverso una piattaforma tecnologica, un motore di work flow che gestisce i processi e la loro digitalizzazione. “Ciò che dobbiamo tenere in considerazione, però, è che è importante allinearsi agli obiettivi delle persone”, ha detto Luca Zuin. Ripensare i processi organizzativi in ottica digitale “non può prescindere da cosa le persone sanno e vogliono fare, quindi dobbiamo mettere insieme la capacità organizzativa dell’azienda pubblica e il coinvolgimento del personale”.

Sappiamo che in Italia, Paese al ventesimo posto dell’indice DESI, le competenze digitali sono un fattore critico. Parallelamente, l’esperienza dello smart working forzato ha fatto capire che si va verso un’organizzazione del lavoro più agile, delocalizzata e per obiettivi. Le persone usano volentieri la tecnologia se i servizi sono semplici, intuitivi, alla portata di tutti.

Le aziende, pubbliche e private, d’altro canto, hanno tutto l’interesse a digitalizzare il back office perché si riducono i tempi e i costi, mentre aumentano risparmi e ricavi.

Presentando i dati sullo stato di digitalizzazione dell’Italia e sulle prossime sfide, infatti, Claudio Russo ha messo in evidenza i risparmi e le maggiori entrate che la digitalizzazione porterebbe alle Casse dello Stato. Solo qualche esempio:

  • Digitalizzazione processi interni della PA – 15 mld/anno
  • Digitalizzazione interfaccia fra imprese e PA – 23 mld/anno
  • Recupero evasione fiscale imprese digitalizzazione documenti fiscali 10 mld/anno

Obiettivi di digitalizzazione al 2026: su cosa lavorare per raggiungerli

Nel quadro degli obiettivi europei per il 2030 indicati nel Digital Compass, l’Italia anche grazie all’impulso del PNRR (che alloca quasi 7 miliardi di euro sul tema della digitalizzazione della PA) si propone di raggiungere entro il 2026:

  • il 70% della popolazione in possesso di un’identità digitale;
  • almeno il 75% della PA che adottano il Cloud;
  • almeno l’80% dei servizi pubblici essenziali erogati online;
  • il 100% della popolazione raggiunta da connessione a Banda ultra-larga.

In antitesi, però, vi sono dati non confortanti riassunti nel DESI 2021. Anche se dal punto di vista della governance si sono fatti molti passi avanti, emerge una scarsa capacità di gestione dei progetti. In particolare, l’Italia è attualmente al 20esimo posto su 27 Paes e per capitale umano, connettività e servizi pubblici digitali siamo al di sotto della media europea.

“Applicando l’indice DESI su scala regionale – ha evidenziato Claudio Russo -, il Politecnico evidenzia ancora una volta che l’Italia procede a due velocità, con tutta l’area del Sud che viaggia in coda rispetto tutti i parametri misurati. Inoltre, il Paese è molto frammentato: solo i grandi Comuni italiani sono adeguatamente digitalizzati”. Gli indicatori, dunque, sottolineano la scarsa digitalizzazione, sia dalla parte di chi eroga i servizi sia dalla parte degli utenti. Pe questo è fondamentale lavorare principalmente sul tema della skill-building.

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