Riuso ed acquisto del software: le novità contenute nell’aggiornamento del Piano Triennale 2021-2023

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Di recente è stato reso disponibile l’aggiornamento del Piano Triennale AgID per l’ICT 2021-2023. Tra i principi guida, ribadito quello per cui la PA deve prediligere l’utilizzo di software con codice aperto e, nel caso di software sviluppato per conto proprio, rendere disponibile il codice sorgente per garantire il riuso ad altre amministrazioni. Un obbligo ma anche un’occasione che guarda allo “zero vendor lock-in” e a un nuovo modello di partnership pubblico-privato

28 Aprile 2022

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Redazione FPA

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È disponibile l’aggiornamento del Piano Triennale AgID per l’informatica nella Pubblica Amministrazione per il 2021-2023 (che di seguito chiameremo Piano Triennale 2021-2023). Vediamo insieme le novità e, in particolare, cosa prevede in materia di riuso ed acquisto del software.

Piano Triennale 2021-2023 e PNRR

Il recente aggiornamento del Piano Triennale 2021-2023 porta con sé diverse novità, legate al fatto che la roadmap della digitalizzazione della PA s’intreccia inestricabilmente con il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La Componente 1 Missione 1 del PNRR riserva 9,75 miliardi di euro alla “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA”. Per la sola “Digitalizzazione”, in particolare, sono disponibili 6,14 miliardi di euro, finanziamento indirizzato a progetti che non solo devono soddisfare tutti i requisiti richiesti dal PNRR, ma anche essere armonici con quanto dettato dalle disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) e da tutte le altre normative e linee guida pubblicate.

Nell’aggiornamento del Piano triennale, dunque, obiettivi e risultati attesi sono allineati all’attuazione del PNRR, al quale il Piano si collega attraverso specifici progetti come il Single Digital Gateway (SDG) e la Piattaforma Nazionale Dati (PDND). Il Piano costituisce dunque uno strumento a supporto delle amministrazioni centrali e locali nel conseguimento dei traguardi e degli obiettivi previsti dal PNRR. Proprio in relazione al mutato contesto, il documento è stato notificato alla Commissione Europea, passaggio aggiuntivo nell’iter di adozione del Piano rispetto alle precedenti edizioni.

Dati bene comune e codice aperto tra i principi guida del Piano triennale

La precedente edizione del Piano Triennale, riferita agli anni 2019-2021, aveva conferito ai dati il valore aggiunto di bene comune, come l’Open Government Directive richiedeva. Ebbene, a qualche anno di distanza, il Piano Triennale 2021-2023 torna con maggiore forza sulla cultura della condivisione, ponendo ancora una volta l’accento sulla necessità di mettere a fattore comune anche le soluzioni applicative adottate dalle diverse amministrazioni, in accordo con il Regolamento Europeo UE 2018/1724 (Single Digital Gateway).

I fini sono essenzialmente due:

  • ridurre la frammentazione che ritarda la maturità dei servizi digitali;
  • massimizzare il riuso del software sviluppato per conto della PA, riducendo i casi di sviluppo di applicativi utilizzati esclusivamente da una singola amministrazione, come chiede il CAD in materia di open source.

Se guardiamo infatti ai principi guida del Piano triennale per i servizi pubblici digitali troviamo – oltre a digital & mobile first (digitale e mobile come prima opzione), digital identity only (accesso esclusivo mediante identità digitale), cloud first (cloud come prima opzione), servizi inclusivi e accessibili, dati pubblici come bene comune, interoperabile by design, sicurezza e privacy by design, user-centric, data driven e agile, once only, transfrontaliero by design – il principio per cui le pubbliche amministrazioni devono prediligere l’utilizzo di software con codice aperto e, nel caso di software sviluppato per loro conto, rendere disponibile il codice sorgente per garantire il riuso anche ad altre amministrazioni.

Riuso: un obbligo, ma anche un’occasione che guarda allo “zero vendor lock-in”

Il tema del riuso del software da parte delle amministrazioni non è una novità. Quel che molte PA pare non avessero compreso, invece, è che non è affatto opzionale.

Oggi il principio di obbligatorietà è stato espresso con ancor più vigore: nel CAD è stato introdotto l’art. 18-bis (Violazione degli obblighi di transizione digitale), secondo quanto previsto dal Decreto Semplificazioni “bis” (D.L. 31 maggio 2021 n. 77 come convertito con la legge n. 108 del 29 luglio 2021). La norma chiede l’adempimento di tutte le indicazioni riportate nel Piano Triennale, con il supporto da parte dell’AgID nell’orientare l’approccio operativo. L’obiettivo è raggiungere gli obiettivi nei tempi previsti, evitando eventuali provvedimenti sanzionatori per mancata ottemperanza degli obblighi di transizione digitale.

Non si dovrebbe tuttavia guardare al tema del riuso e del software libero solo in ottica di obbligo normativo, ma anche come opportunità di risparmio economico e di minor rischio di lock-in, quel legame che rende difficile se non impossibile cambiare il fornitore di software.

Riuso ed acquisto del software: obiettivi e scadenze nel Piano Triennale 2021-2023

Il Piano Triennale 2021-2023 indica precisi obiettivi in materia di riuso e rilascio di software open source. In particolare, i prossimi target sono:

  • Target 2022 – Almeno 150 amministrazioni che rilasciano software open source in Developers Italia e almeno 2.000 soggetti che riusano software open source presente in Developers Italia.
  • Target 2023 – Almeno 200 amministrazioni che rilasciano software open source in Developers Italia e almeno 2.200 soggetti che riusano software open source presente in Developers Italia.

(nel Piano triennale “R.A.1.1a – Diffusione del modello di riuso di software tra le amministrazioni in attuazione delle Linee Guida AGID sull’acquisizione e il riuso del software per la Pubblica Amministrazione” all’interno dell’Obiettivo “OB.1.1 – Migliorare la capacità di generare ed erogare servizi digitali”).

Ricordiamo che le “Linee guida sull’acquisizione e riuso di software per la Pubblica amministrazione” di AgID e Team per la Trasformazione digitale (Gazzetta ufficiale, serie generale n.119 del 23 maggio 2019), che attuano gli articoli 68 e 69 del CAD, stabiliscono che le soluzioni sviluppate e rese riusabili dalla PA siano pubblicate con licenza open source in un repository pubblicamente accessibile e inserito nel Catalogo nazionale dei software open source della Pubblica amministrazione di Developers Italia. Il catalogo (che include le soluzioni messe a riuso dalla Pubblica Amministrazione ai sensi dell’art. 69 e il software open source di terze parti destinato alla PA stessa) consente alle amministrazioni di cercare facilmente tra software già esistenti, evitando così l’onere di doverne progettare e sviluppare di nuovi, ottimizzando così risorse in termini di tempo e di costi.

Attualmente le amministrazioni che riusano software presente in Developers Italia sono già 2.416. I software presenti nel Catalogo sono 282: lo scorso anno, e nello stesso periodo, erano 181. L’88% dei software presenti è messo a riuso e il 59% di questi è stato riutilizzato almeno una volta da un’amministrazione. Sono però solamente 68 le PA con almeno un software in catalogo (lo scorso anno erano 52)[1]. Occorre, quindi, continuare ad agire su più livelli, promuovendo ulteriormente la collaborazione e migliorando la capacità delle Pubbliche Amministrazioni di generare ed erogare servizi di qualità attraverso:

  • un utilizzo più consistente di soluzioni Software as a Service già esistenti;
  • il riuso e la condivisione di software e competenze tra le diverse amministrazioni;
  • l’adozione di modelli e strumenti validati e a disposizione di tutti;
  • il costante monitoraggio da parte delle PA dei propri servizi online;
  • l’incremento del livello di accessibilità dei servizi erogati tramite siti web e app mobile;
  • un uso ancora più intenso degli strumenti per la condivisione di conoscenza e di soluzioni a disposizione delle amministrazioni:
    Designer Italia;
    Developers Italia;
    Forum Italia.

Cosa deve fare AgID e cosa devono fare le PA

Nel Piano triennale per ogni Obiettivo, oltre ai risultati attesi e relativi target, viene indicato cosa devono fare da un lato AgID, Dipartimento per la Trasformazione Digitale e Consip per sostenere il raggiungimento degli obiettivi, dall’altro cosa devono fare le PA.

In particolare, in relazione all’Obiettivo “OB.1.1 – Migliorare la capacità di generare ed erogare servizi digitali”, AgID deve predisporre entro giugno 2022 un’area in Developers Italia finalizzata alla condivisione delle valutazioni comparative svolte dalle PA in merito all’acquisizione di software e di altro materiale utile alla cooperazione tra amministrazioni in materia di sviluppo e conduzione di servizi applicativi (Dipartimento per la Trasformazione Digitale). A questo proposito AgID ha messo a disposizione un Tool per la Valutazione Comparativa nell’Acquisizione e Riuso di Software, che consente: la raccolta dati sulle soluzioni software, il confronto delle soluzioni software e la produzione di un report di valutazione.

Ricordiamo che la valutazione comparativa è prevista all’articolo 68 del CAD e che le “Linee guida sull’acquisizione e riuso di software per la Pubblica amministrazione” prevedono che le PA effettuino una valutazione comparativa tecnico economica prima di acquistare software, motivando le proprie scelte e privilegiando le soluzioni open source, incluse quelle messe in riuso dalle altre amministrazioni. Lo sviluppo di nuovo software o l’acquisto di licenze di software proprietario deve essere motivato.

Per quanto riguarda le PA:

  • da ottobre 2020 devono dichiarare, all’interno del catalogo di Developers Italia, quali software di titolarità di un’altra PA hanno preso in riuso;
  • da settembre 2020 le PA che sono titolari di software devono apporre una licenza aperta sul software con le modalità indicate nelle Linee guida su acquisizione e riuso di software in ottemperanza degli articoli 68 e 69 del CAD;
  • entro ottobre 2022 devono adeguare le proprie procedure di procurement alle linee guida di AGID sull’acquisizione del software e al CAD (artt. 68 e 69).

Questo percorso, ancora in divenire, dovrebbe favorire in prospettiva anche un diverso rapporto tra pubblico e privato, un rapporto non più guidato da vincoli, ma dalla possibilità di trasferire competenze e di favorire la collaborazione e il supporto dei vendor alle amministrazioni. Insomma, un reale rapporto di partnership, invece che scambio acquirente-fornitore.

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18 Ottobre 2024


[1] La fonte dei dati è la dashboard di Developers Italia, che monitora quotidianamente il Catalogo nazionale dei software open source della Pubblica amministrazione e i suoi utilizzatori

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