Rorato: “Digitale ancora lontano dalla parte processuale vera e propria”

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20 Dicembre 2016

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Claudio Rorato, Politecnico di Milano

A che punto siamo con la Giustizia Digitale e cosa c’è in sospeso?

Ogni valutazione, lo sappiamo, ha in sé un grado di discrezionalità che spinge a vedere un bicchiere o mezzo pieno o mezzo vuoto. Il tema della Giustizia, legato soprattutto alla lentezza dei procedimenti, che intasano ‘il magazzino’ delle cause aperte, è un problema spinoso, che contribuisce a rendere poco attrattivo il nostro Paese per gli investitori esteri e ad abbassare la qualità della nostra vita di cittadini. Tutto ciò, quindi, che può aiutare a ‘dare la stura’ a un percorso di ammodernamento, è benvenuto. Certamente, nell’ottica dell’efficienza e dell’efficacia delle singole azioni non possiamo trascurare che più la programmazione è fatta bene fin dall’inizio, meno denaro pubblico si spreca e prima si può arrivare alla meta. Proviamo, allora, a fare un sintetico e schematico riassunto di alcuni dei principali temi che riguardano la Giustizia che, grazie al digitale, si sta incamminando sulla strada della rimozione di alcune farraginosità. È, però, vero che finora si è cercato di snellire più la parte di ‘avviamento’ della parte legale, mentre c’è ancora molto da fare per accelerare la parte processuale vera e propria.


Processo civile telematico (PCT): possiamo ritenerlo a regime anche se con alcune spigolosità che lo rendono parzialmente inefficiente. L’impianto delle PEC e delle relative ricevute riproduce più un’idea analogica che non digitale. La logica è più di trasmissione dell’atto che non di deposito. L’imperativo? Semplificare ancora.

Giudice di Pace online: è attivo il servizio tramite la piattaforma SIGP, ma non è ancora diffuso ovunque. Se viene superata la prassi dei depositi via PEC, sostituita da interazioni tramite portale, si fa bingo.

Processo penale telematico (PPT): siamo all’anno ‘zero’ o giù di lì. L’attivazione di SICIP, il sistema che ha uniformato i registri informatici delle Procure della Repubblica, ha permesso di abbandonare le singole versioni ‘territoriali’. Il 70% circa delle Procure può ricevere le notizie di reato dal relativo portale nazionale.

Processo amministrativo telematico: ancora sperimentale. Da gennaio 2017 iniziano le notifiche via PEC.

Processo tributario telematico (PTT): è ancora una facoltà e non un obbligo. Si sta lentamente diffondendo sul territorio nazionale. Se esercitato dal primo grado di giudizio diventa un obbligo anche per i successivi. Unica eccezione: la sostituzione del difensore. Attraverso il portale dedicato si potranno depositare telematicamente gli atti e i documenti processuali e, previa registrazione, consultarli ovunque.

Per quanto riguarda i ‘sospesi’, si possono segnalare l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), che avrebbe bisogno di un’accelerata, per azzerare almeno le certificazioni comunali di residenza e il FOIA, che fa riferimento al Dlgs 97/2016. Quest’ultimo necessita delle linee guida ANAC, in mancanza delle quali parliamo di un bell’involucro ma vuoto di contenuti. La spinta innovativa viene dall’Europa con eIDAS, con il regolamento privacy, con le sentenze della Corte di Giustizia UE per l’interpretazione delle norme.


Cosa si può fare ora nel campo dell’innovazione digitale che non ha bisogno della politica, ma solo dell’azione fattiva dell’amministrazione?

In chiave complessiva dobbiamo ritrovare un’unità operativa e recuperare un disegno complessivo e realmente semplificato e digitale. La parte amministrativa deve procedere anche senza la politica, anche perché in circa 70 anni di Repubblica contiamo quasi altrettanti governi. Se aspettiamo la stabilità per poter procedere, non ce la caviamo più. Perciò la parte amministrativa va responsabilizzata, indipendentemente dai governi e dai colori politici. Ci dev’essere più dialogo tra le diverse componenti del sistema, non solo la Giustizia, ma l’intera PA. Occorre il demiurgo che plasma e che ha una visione d’insieme. Gli specialisti devono dialogare tra loro e avere un coordinamento generale. Oggi il sistema Giustizia, per esempio, non parla con il Catasto, con il MEF o con il conservatore dei registri immobiliari. L’interoperabilità tra i sistemi informatici e informativi diventa strategica. E non vanno trascurate la formazione e l’alfabetizzazione informatica. Anche qui ci vuole un disegno complessivo e un controllo sui contenuti, sulle procedure e sui tempi di attuazione. Non esiste che un Paese, a seconda dei territori o delle giurisdizioni, riceva risposte diverse. Un’entità superiore deve governare e controllare che tutto si muova con uniformità, altrimenti torniamo all’epoca dei Comuni.

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