SDGs e PA Digitale a FORUM PA 2017

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In che modo i cambiamenti organizzativi e tecnologici in atto nell’amministrazione italiana possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile? Come coniugare gli SDGs con i processi di trasformazione digitale della PA? Proponiamo alcune delle riflessioni che animeranno i diversi appuntamenti dedicati alla PA digitale in occasione della prossima edizione di FORUM PA

22 Febbraio 2017

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Andrea Baldassarre, Cantieri della PA digitale, FPA

In che modo i cambiamenti organizzativi e tecnologici in atto nell’amministrazione italiana possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile? Come coniugare gli SDGs con i processi di trasformazione digitale della PA? Sono queste alcune delle riflessioni che animeranno i diversi appuntamenti dedicati alla PA digitale in occasione della prossima edizione di FORUM PA (23-25 maggio), che dedicherà ampio spazio al rapporto tra innovazione tecnologica e sviluppo sostenibile.

Alcuni interessanti spunti di riflessione in tal senso sono offerti dal rapporto “ICT & SDGs: how Information and Communications Technology can Accelerate Action on the Sustainable Development Goals”, realizzato dall’Earth Institute della Columbia University, in collaborazione con Ericsson. Il rapporto – curato da un team di ricerca coordinato dal Prof. Jeffrey Sachs, ospite della prossima edizione del Forum PA – evidenzia come le tecnologie dell’informazione e della comunicazione costituiscano il più potente strumento di cui i governi, aziende e soggetti del terzo settore dispongono oggi per risolvere le grandi sfide mondiali delineate dall’Agenda 2030. Il digitale può infatti rappresentare un fondamentale acceleratore del processo di attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, che potranno essere realizzati sia avvalendosi delle tecnologie esistenti e già largamente diffuse a livello globale, sia sfruttando (e in alcuni casi orientando) gli sviluppi futuri dell’ICT, su tutti la banda larga mobile di nuova generazione e l’Internet of Things.

Queste considerazioni di carattere generale sono applicabili non soltanto ai Paesi in via di sviluppo – sui quali il report della Columbia University focalizza la sua analisi – ma anche a contesti socio-economici più avanzati, in cui l’apporto del digitale alle diverse strategie per lo sviluppo sostenibile potrà variare in base alle diverse priorità individuate, a seconda di come i 17 SDGs (e i 169 target in cui questi si articolano) verranno declinati nei diversi contesti nazionali. Non è un caso che nel collocare il goal n. 9 (Innovazione e Infrastrutture) nello scenario Italiano, particolare attenzione sia stata riservata ai temi delle infrastrutture digitali e dell’Industria 4.0, considerati come i principali pilastri in grado di accelerare la transizione a modelli produttivi più avanzati e sostenibili, e rispetto ai quali la PA svolge un ruolo abilitante.

Ma sono gli stessi processi di trasformazione interni alla pubblica amministrazione a poter offrire un contributo significativo in termini di sostenibilità, laddove le potenzialità dell’ICT vengano sfruttate per garantire maggiori possibilità di accesso a servizi di elevata qualità per cittadini e imprese, migliorando così l’efficacia dell’azione della PA in termini di tempi di risposta, costo delle prestazioni, accountability e trasparenza (goal 16: Pace e Giustizia, target 10.6: Istituzioni efficaci, responsabili e trasparenti a tutti i livelli) e concorrendo a molti degli altri 17 goal, così come questi sono stati declinati nel contesto italiano.

È il caso, ad esempio, della sanità (goal n. 3: Buona Salute), una delle aree “chiave” analizzate dalla ricerca per illustrare le potenzialità delle tecnologie ICT nell’accelerare il raggiungimento degli SDGs. Sebbene il report focalizzi la sua analisi sull’apporto che il digitale può fornire a target poco rilevanti o già completamente acquisiti nel nostro Paese, alcune riflessioni possono essere estese a tematiche particolarmente significative per il contesto italiano, come quelle connesse all’invecchiamento della popolazione. La trasformazione in chiave digitale della sanità italiana è in questo senso considerata uno dei principali strumenti per assicurare la sostenibilità del SSN nel lungo periodo, perché in grado di facilitare l’accesso a servizi sanitari di qualità (target 3.8) e abilitare soluzioni efficaci per la prevenzione e la gestione delle malattie croniche (target 3.4). L’aumento dell’incidenza della domanda di servizi sanitari connessi alle cronicità rappresenta infatti la principale sfida per il nostro SSN, e richiede una complessiva riorganizzazione della rete assistenziale abilitata dalle nuove tecnologie digitali.

Considerazioni analoghe possono essere fatte rispetto al tema dell’istruzione (goal n. 4: Istruzione di qualità per tutti), altra area chiave analizzata dal report. L‘integrazione dell’ICT nei processi educativi e formativi può infatti garantire lo sviluppo di sistemi scolastici più aperti, inclusivi e innovativi, non soltanto in termini di accesso e partecipazione (si pensi all’impatto del distance learning e dei MOOC sugli studenti residenti in zone rurali o remote), ma anche di miglioramento della qualità dei processi di insegnamento, degli ambienti di apprendimento e delle stesse competenze acquisite dagli studenti.

Ma le riflessioni sul rapporto tra ICT e Agenda 2030 possono essere estese anche a molti altri SDGs. È il caso dei temi connessi alla sostenibilità delle città, che oltre a confluire in uno specifico obiettivo (goal 11: Città e comunità sostenibili), finiscono per intersecare altri goal connotati da una forte dimensione urbana. Mobilità, trasporti, qualità dell’aria, gestione dei rifiuti: sono tutte sfide a cui le amministrazioni possono rispondere sfruttando le potenzialità offerta dalle tecnologie IoT, in grado di contribuire in maniera significativa allo sviluppo sostenibile delle comunità urbane.

Anche il tema dell’identità digitale, apparentemente lontano dagli SDGs, può essere analizzato nella prospettiva dello sviluppo sostenibile. La ricerca della Columbia University mette infatti in evidenza come i sistemi per la gestione delle I.D. dei cittadini possono accelerarne l’inclusione sociale ed economica, a patto che questi siano sviluppati tenendo conto delle reali esigenze degli utenti finali e siano in grado di apportare loro un reale valore aggiunto. Sebbene la ricerca si focalizzi anche in questo caso su contesti in ritardo di sviluppo (sono 1,5 miliardi le persone al mondo prive di identità giuridica), alcune considerazioni sull’impatto dell’identità digitale possono essere ritenute valide anche per contesti socio-economici più avanzati, dove ai miglioramenti in termini di efficienza derivanti dal passaggio a modalità digitali di gestione dell’identità, si aggiungerebbero quelle derivanti dalle maggiori possibilità di accesso e di partecipazione dei cittadini all’economia digitale. È in quest’ottica che va quindi inquadrata la portata innovativa di SPID, ovvero la possibilità di accedere attraverso un unico sistema di identificazione ai servizi offerti in modalità digitale sia dalla Pubblica Amministrazione che da service provider privati.

Ovviamente, nessuna tecnologia è esente da rischi, e in una società sempre più interconnessa le minacce informatiche tendono a moltiplicarsi esponenzialmente. È per questo motivo che il rapporto “ICT &SDGs” dedica particolare attenzione al tema della cybersecuirty, annoverandola tra i sette principali challenge di cui governi, aziende e altri stakeholder dovranno tener conto nell’utilizzo delle tecnologie digitali a supporto delle policy per il raggiungimento degli SDGs. Un tema particolarmente rilevante per la Pubblica Amministrazione, il cui enorme patrimonio informativo è quotidianamente messo a rischio da minacce cibernetiche sempre più complesse ed evolute.

La relazione tra ICT e SDGs rappresenterà quindi uno dei principali temi di discussione nei convegni dedicati a questi e ad altri temi della PA digitale – dai sistemi innovativi di pagamento agli strumenti per la data driven decision – prendendo le mosse da una considerazione di fondo richiamata dallo stesso Jeffrey Sachs nella prefazione della ricerca: la tecnologia non costituisce mai di per sé una soluzione, ma deve sempre essere orientata a fini sociali e utilizzata per perseguire il bene comune.


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