Servizi digitali. Non sarà futuro se non passerà per la co-progettazione

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In attesa di verificare come sarà la situazione post-emergenziale, possiamo fare già alcune considerazioni su come ci aspettiamo il futuro degli strumenti digitali che le amministrazioni dovranno mettere a disposizione per garantire un accesso smart. Soprattutto, come dovranno essere creati i servizi digitali del futuro?

23 Aprile 2020

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Marina Bassi

Project Officer Area Ricerca, Advisory e Formazione FPA

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In questo momento appare evidente – come forse non era mai stato fino ad oggi – che accedere ai servizi digitali delle amministrazioni in maniera immediata ed efficace è una priorità per i cittadini, i quali invece si trovano spesso a dover interagire con interfacce poco usabili e tecnologie non responsive.

Co-progettazione: alcuni spunti da questo momento di emergenza

In attesa di discuterne il 6 maggio nell’ambito del webinar Servizi Digitali in emergenza e nel post emergenza. Esigenze dei Comuni e soluzioni per soddisfarle, alcune considerazioni possono essere fatte attraverso il confronto con esperienze internazionali come quella di David Osimo, del Think Thank Lisbon Council, che in una recente intervista rilasciata a FPA ha sottolineato come la co-progettazione sarà la leva su cui agire per rivedere i servizi pubblici digitali mettendo al centro l’interazione tra cittadini e amministrazioni. 

“C’è oggi un problema pratico che prima non c’era – ha sottolineato Osimo -. I servizi pubblici online, non solo quelli italiani, non erano mai stati fino ad oggi l’unica alternativa possibile. Il fatto che ci fosse sempre comunque uno sportello fisico a cui rivolgersi per eventuali difficoltà ha tenuto basso il livello di attenzione sull’efficacia dei servizi rispetto all’utenza”. Adesso il cittadino riesce, diversamente rispetto a quanto accadeva fino a qualche settimana fa, a percepire il livello di usabilità di un servizio online, e ad accorgersi quando qualcosa non va o non è immediatamente comprensibile.

Questo prova, da un lato, che siamo ancora troppo legati alla progettazione di servizi top-down, che non mettono al centro l’interazione con gli utenti; dall’altro (molto sorprendentemente) che questi ultimi si aggiornano in fretta, imparando in tempi brevi ad utilizzare piattaforme e punti di accessi digitali. La sfida sarà, nel prossimo futuro, intercettare questa opportunità per avvicinare sempre di più le distanze tra amministrazioni e utenti, intesi non solo come cittadini, ma anche come fornitori ed erogatori di servizi.

Using technology to co-create EU policies

Questo auspicio non è nuovo, ne abbiamo parlato spesso quando abbiamo affrontato il tema dei servizi digitali. Soprattutto, se n’è occupato lo European Parliamentary Research Service nel briefing Using technology to co-create EU policies a cura di Gianluca Sgueo dello scorso gennaio. In un’analisi puntuale delle tre fasi[1] che hanno interessato nel tempo il rapporto tra tecnologia e politiche pubbliche, Sgueo individua nel periodo attuale proprio la fase di impegno civico e design-thinking collaborativo tra amministrazioni e utenti. Oggi, infatti, guardiamo alla tecnologia non più come uno strumento per un’élite digitale, e dedichiamo parte delle nostre energie a costruire servizi digitali dal design immediato, e che metta l’utente nella posizione di collaborare attivamente.

Questo interesse all’usabilità, maturato trasversalmente in tutte le istituzioni dell’Unione, è la conseguenza di una volontà precisa di co-creare politiche pubbliche insieme agli utenti che dovranno esserne destinatati. Il flusso continuo di scambio di idee e informazioni tra cittadini e istituzioni dovrebbe, nel prossimo futuro, facilitare un engagement sempre maggiore. Basti pensare alle buone pratiche nazionali e internazionali di cui sentiamo parlare sempre più spesso, come Futurium (piattaforma di eParticipation di iniziativa della DG Connect); o l’App IO rilasciata pochi giorni fa per accedere a tutti i servizi digitali della PA italiana.

Le quattro sfide per il prossimo futuro

La strada è quella giusta, e a più velocità tutti gli Stati membri stanno propendendo verso questa direzione. Tuttavia, riprendendo il documento di briefing, quattro saranno le sfide che nel prossimo futuro dovremo affrontare per rendere ordinario il processo di evoluzione e co-progettazione dei servizi digitali.

Costi e rischi dell’innovazione

Come spesso accade nel campo della collaborazione tra soggetti, l’innovazione del processo decisionale può avere esiti paradossali se non si è ben ponderata la gradualità dell’azione nel breve e lungo periodo, procedendo per trials and errors e sperimentando quanti più campionamenti possibili. Ovviamente, un approccio di questo tipo con l’impiego della tecnologia, richiede costi ingenti in termini di tempo ed economicità. Per questo motivo, sarà fondamentale non reinventare la ruota, e affidarsi a sperimentazioni già in uso, trovando il giusto adattamento di contesto.

La sfida della regolamentazione

Il tema della regolazione normativa torna sistematicamente quando parliamo di interpretazione e diffusione della tecnologia per servizi che implicano un’interazione diretta con il cittadino-utente. Come regolare l’uso di tecnologie come Intelligenza Artificiale o sentiment analysis? Su questo punto, sebbene sia ancora lunga la strada delle sperimentazioni e delle conseguenze regolatorie, un buon punto di partenza è la recente pronuncia della Commissione Europea Shaping Europe’s Digital Future, che punta a linee di azione concrete in seno agli Stati membri in termini di equilibrio tra innovazione e sicurezza.

Rischi etici ed esclusione

Secondo alcuni studi della Global Trends Unit, alcuni utilizzi della tecnologia nella produzione e co-creazione dei servizi digitali potrebbero evidenziare e lasciare indietro porzioni di comunità meno qualificate o addestrate in campo digitale. Nel campo di democrazia digitale, poi, l’esclusione può subentrare anche in un secondo livello, che è quello del carattere dominante sulla rete, che può far tendere a un’azione piuttosto che un’altra, non sempre a buona ragione. Sul primo punto, il riferimento è sicuramente al potenziamento delle competenze digitali, oggi argomento cruciale per la crescita delle istituzioni e comunità europee; in merito al punto sulla dominanza digitale, un buon modo per procedere potrebbe consistere nelle pratiche di intermediazione istituzionali che ponderano, valutano, e (se del caso) attenuano gli interventi dal basso.

Minacce alla privacy

Il tema non è banale. Ne abbiamo parlato nel caso del cosiddetto data tracing, e una cosa è certa: anche quando i dati vengono raccolti ed elaborati esclusivamente da strutture pubbliche, la privacy rimane una preoccupazione latente. In questo caso, sarà dei governi centrali la responsabilità della scelta di misure di sicurezza informatica robuste, per evitare violazioni e perdite di dati e per mantenere un livello elevato di protezione della sfera privata del cittadino.


[1] 1. Redressing criticism of an EU democratic deficit; 2. Furthering digital opportunities for civic engagement; Design-thinking and civic engagement.

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