3 miliardi di investimenti nell’e-Government, troppi o troppo pochi?
Ieri è stato presentato il rapporto 2008 dell’Assinform che, tradizionalmente, fa il punto sullo stato di salute del settore ICT in Italia. Bisogna dire che, come ahimè spesso succede in questo periodo, i dati non sono gran che confortanti.
2 Luglio 2008
Carlo Mochi Sismondi
Ieri è stato presentato il rapporto 2008 dell’Assinform che, tradizionalmente, fa il punto sullo stato di salute del settore ICT in Italia. Bisogna dire che, come ahimè spesso succede in questo periodo, i dati non sono gran che confortanti. Riepiloghiamoli: l’Italia con il suo 1,7% del PIL in investimenti IT è tra gli ultimi Paesi d’Europa (che in media investe il 2,7% con punte del 3,1% in Francia e del 3,5% in UK); gli investimenti della PA in IT scendono per la PA centrale del 3,2%, solo in parte compensati dal piccolo aumento del 2,4% per la PA locale. Ma i dati più preoccupanti riguardano proprio l’e-Government e i servizi in rete: l’Italia infatti è ancora lontana dal top della classifica per percentuale d’accesso della popolazione alla connessione a banda larga. Il suo 17,1% va, infatti, confrontato con il 20% medio dell’Europa, e con il 31% della Svezia, il 25,8% del Regno Unito, il 23,8% della Germania, il 23,3% della Francia e il 18,3% della Spagna. Se risulta, poi, ben piazzata sul fronte dell’offerta di servizi di e-Government ai cittadini (58% di enti attivi, contro il 51% medio in Europa) e alle imprese (88% di enti attivi, contro il 75% medio in Europa), è molto indietro per la sua capacità di farli utilizzare dal grosso della cittadinanza. Infatti, mentre nel caso delle imprese l’utilizzo è ragguardevole (84% delle imprese), nel caso dei cittadini la fruizione non supera il 17% dei potenziali interessati (contro il 30% medio europeo).
Insomma i servizi, bene o male, ci sono, ma i cittadini li usano molto poco, quasi la metà della media europea. Questo dato, che mi sembra di tutti il più preoccupante, va messo in stretta correlazione con gli investimenti effettuati. Il Dipartimento Innovazione e Tecnologie, nella persona del suo nuovo Capo Dipartimento Stefano Torda, stima in 3 miliardi di Euro l’investimento pubblico effettuato in e-Government dal lancio del primo piano Bassanini (era esattamente otto anni fa, alla fine di giugno del 2000). Spesi bene? Spesi male? Difficile stilare una sentenza, certo spesi in modo che, per quasi nulla, cambiasse la vita dei cittadini, né il loro rapporto con la burocrazia.
E allora?
Il Ministro di riferimento Renato Brunetta preannuncia la divulgazione delle linee strategiche del settore tra breve, ma intanto qualche indicazione ci viene proprio dalle parole di Torda che ha partecipato alla presentazione del rapporto. Tre sembrano essere le direttrici:
1. Rafforzare la committenza che ha sofferto in questi anni di una certa confusione di obiettivi, di un proliferare indiscriminato di progetti tutti piccoli e spesso sovrapposti, di uno scollamento tra l’assegnazione delle risorse e un effettivo controllo dei risultati raggiunti. Si pensa, quindi, ad una “due diligence” che investighi e metta in fila tutte le centinaia di progetti che sono presso il Dipartimento Innovazione e Tecnologie, presso il CNIPA, presso il Formez ecc. e ne valuti lo stato di salute, la loro effettiva importanza relativa e la loro capacità di essere efficaci.
2. Migliorare la professionalità del management dei progetti, cosa che mi pare molto opportuna, ma che mi sembra, a primo acchito, difficile nella prospettata situazione di blocco del turn over (mi sa un po’ di nozze coi fichi secchi).
3. Riallocare le risorse non spese o allocate su progetti fermi o improduttivi. C’è certamente molto da fare in questo campo, la manovra Brunetta/Tremonti già sposta un’ingente quantità di fondi dal FAS (Fondi per le Aree Sottosviluppate) a progetti di reti strategiche.
Basterà per far ripartire l’e-Government in Italia? Non lo so. Mi permetto un ulteriore suggerimento: individuare pochi progetti strategici, tra questi avere il coraggio politico di decidere quelli prioritari e investire soldi veri per raggiungere gli obiettivi minimi almeno in questi.